La Lega chiama, Rosarno risponde. Con la stessa violenza e gli stessi discorsi contro gli immigrati che a suo tempo venivano fatti contro i nostri emigrati

Ciò che è avvenuto e sta avvenendo a Rosarno, nella Calabra lontana e da sempre programmaticamente abbandonata dallo Stato italiano ai poteri locali, in primis quello della malavita, non è il caso di commentarlo solo con la voce dello sdegno e della condanna. Così si farebbe il gioco dai razzisti, degli intolleranti, dei ministri dell’Interno che, come ha incredibilmente fatto Roberto Maroni, dichiarano che “c’è stata troppa tolleranza”. Il bilancio è pesante, certo: due immigrati di colore sono stati feriti alle gambe da fucilate sparate dai calabresi brava gente, altri cinque sono stati investiti con auto da altri calabresi “brava gente” e ce ne sono infine due che versano in gravi condizioni all’ospedale perché un gruppazzo di “calabresi brava gente” li ha presi a sprangate e bastonate. La distinzione tra sprangate e bastonate si riferisce al fatto che le bastonate si danno con bastoni di legno mentre invece le sprangate si danno con spranghe di metallo. Sì, avete letto bene: di metallo. Di quelle cioè che possono fracassare un cranio e spedire qualcuno all’altro mondo, come è avvenuto mesi or sono a Milano per mano di due baristi che hanno linciato immigrato reo di non avere pagato un pacchetto di biscotti. E infatti a Rosarno due uomini “extracomunitari” sono sulla soglia dell’altro mondo.

Ma per capire in quale barbarie siamo precipitati con questa vicenda, e verso quale precipizio ci stiamo avviando a passo di carica, bisogna avere sotto mano il libro appena edito in Francia con il titolo “Le massacre des Italiens”, che nella nostra lingua si traduce con “Il massacro degli Italiani”. Sì, avete letto bene: Il massacro degli Italiani. Con la I maiuscola perché non si tratta né di albanesi, né di rom e sinti, né di rumeni né dei “marocchini di merda” cari all’onorevole Sporkezio. Il libro si occupa di uno dei tanti capitoli che pur riguardando un massacro di nostri connazionali sono stati da noi “italiani brava gente” censurati e cestinati al pari delle centinaia di dossier e processi murati nel famoso “armadio della vergogna”. Meglio e più facile piangerci sempre e solo addosso, ora con gli alpini scomparsi in Russia e ora con le vittime delle foibe, dando però preferibilmente la colpa a chi non c’entra niente. Ma non divaghiamo.

Come ci ricorda l’autore del libro, Gérard Noiriel, il maggiore specialista francese di storia dell’immigrazione, il 17 agosto 1893 i nostri emigrati in terra francese per guadagnarsi il pane come lavoratori stagionali nelle saline d’Aigues-Mortes, in Provenza, sono presi d’assalto da una folla inferocita prima di lavoratori giornalieri francesi e poi anche di abitanti d’Aigues-Mortes. Il motivo della caccia all’italiano, durata una intera giornata è conclusa con 9 italiani uccisi, 15 pure uccisi ma fatti sparire e più di 50 feriti è lo stesso che ha innescato il dramma di Rosarno: la massa di lavoratori francesi pagati a giornata non ce la faceva a reggere il ritmo di lavoro degli stagionali italiani, quasi tutti torinesi, e perciò la molla della “concorrenza degli immigrati” ha fatto scattare la caccia e il massacro scatenando la xenofobia sempre in agguato: dalli allo straniero…..  Anche se a Rosarno hanno cominciato a protestare gli immigrati, contro le paghe da fame e la durezza dello sfruttamento, mentre ad Aigues Mortes hanno cominciato i lavoratori francesi, la sostanza non cambia: si tratta pur sempre di una rivolta contro gli immigrati, contro gli stranieri, contro “gli altri”, col solito ritornello caro ai nostri leghisti che “ci rubano il lavoro”. Poi, come sempre, si aggiunge la violenza che un po’ tutti i perbenisti, nazionalisti e tradizionalisti covano e che non vedono l’ora di poter sfogare con la scusa di una “causa giusta”.

Tempo fa il collega del Corriere della Sera Gianantonio Stella ha voluto ricordarci, con il libro “Quando gli albanesi eravamo noi”, quali calvari hanno dovuto sopportare spesso gli emigrati italiani in vari Paesi, compresi gli Usa. Fatica sprecata, almeno in parte, quella di Stella, visto cosa hanno covato e vomitato nel frattempo le viscere leghiste del profondo Nord anche nella Milano della “bela Madunina che te brili de luntàn”. Il libro di Noiriel casca quindi a fagiolo, è il miglior commento a quanto la pancia del profondo Sud ha vomitato ora a Rosarno. Con l’aggravante che mentre in Francia la malavita non c’entrava nulla, a Rosarno invece  c’entra eccome con la solita ‘Ndrangheta che sfrutta come bestie soprattutto gli immigrati spingendoli così alla protesta e che poi incita i “paesani” a reagire a fucilate, investimenti con auto, sprangate, bastonate
e altri begli atti di moderna civiltà e globalizzazione.

Direi che non c’è bisogno di commenti. Per capire. E per arrossire. E’ però utile riportare alcune frasi di interviste a Noiriel. E’ utile a futura memoria non solo per i drammi che si profilano nel Belpaese, ma anche per quelli in atto in Medio Oriente e altrove e per rinfrescarci la memoria su tragedie passate. “Per chi non possiede niente il richiamo all’identità nazionale diventa l’unico bene di cui andare fieri. Allora come oggi, chi si sente ai margini della società trova nella nazionalità un modo per valorizzarsi. Di qui il sentimento di superiorità nei confronti degli immigrati”. Il rischio è quindi che dagli arruolamenti facili e dalle violenze di “camicie brune” e “camicie nere” si passi a quelle delle “camice verdi” e annesse “ronde”… Pericolo più grave di quanto pensiamo se è vero che “per i più deboli, la violenza contro gli immigrati  il discorso xenofobo sono speso un modo per contestare l’ordine dello Stato. Ancora oggi affermare la propria xenofobia è un modo per sfidare i benpensanti e le istituzioni”. Sembra quasi il ritratto dei blablablà e dei rutti bossiani contro i “signoroni”.

Noiriel non la manda a dire. Spiega infatti: “Naturalmente sono le élite, vale a dire i politici e i giornalisti, che fabbricano le rappresentazioni collettive relative agli stranieri, che poi vengono adottate e interpretate in vario modo nei diversi ambiti della società”.

Noi italiani ci vantiamo di avere ben 100 milioni di nostri emigrati ai quattro angoli del mondo. Tralasciamo che se volessero applicare anche loro il “diritto al ritorno” applicato altrove con molta disinvoltura ne verremmo allagati e lo Stivale sprofonderebbe assieme alle sue isole. Il fatto è che l’emigrazione italiana nel mondo, di cui una volta ci vergognavamo anche perché quasi ovunque i nostri poveri emigranti erano disprezzati, oggi è idealizzata non solo in Italia, ma anche in Francia, Germania, ecc. Mica però perché ci vogliono bene. Il perché lo spiega Noiriel: “In realtà, tale visione idealizzata dell’immigrazione italiana viene spesso utilizzata per stigmatizzare la nuova immigrazione proveniente dall’Africa e dal mondo arabo. All’epoca agli italiani venivano fatti gli stessi rimproveri mossi oggi agli immigrati extracomunitari”.

Noiriel così conclude: “I tempi cambiano, ma la diffidenza nei confronti degli stranieri riprende sempre gli stessi discorsi”. La Lega e Rosarno dimostrano che ha pienamente ragione.

704 commenti
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  1. Rodolfo
    Rodolfo says:

    Haiti, leggo , sprofonda nel caos e nell´anarchia. 6000 delinguenti sono fuggiti dalle prigioni, sono armati di machete ma anche di armi. Rubano tutto, perfino le bare, sull´altro fronte i mercanti di schiavi, tra loro i diseredati.
    Tragedie su tragedie. Sara´dura.

  2. Anita
    Anita says:

    x Faust

    Il popolo Americano sta rispondendo all’appello per Haiti in gran forza.

    Hanno gia’ raccolto oltre $40’000’000’000 in meno di 3 giorni.
    Solo da piccoli e medi doni privati.

    Io ho fatto il mio dovere attraverso:

    http://clintonbushhaitifund.org.

    Ho tutti gli indirizzi, ma sono in inglese.

    I nostri politici locali ce li hanno provveduti via e-mail.
    Inoltre sono sui giornali ed in TV.

    Anita

    Fanno vedere gli strazianti videos nelle scuole elementari, impressionanti i commenti dei bambini, parlano e commentano come adulti.

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