La Chiesa della vergogna

Contro i nazisti e lo sterminio su scala industriale degli ebrei, dei rom, dei prigionieri e di altri  ancora non ha speso neppure una parola. Contro la sentenza di Bruxelles contraria all’imposizione del crocifisso sui muri delle scuole pubbliche la Chiesa ha invece scatenato una tempesta di parole e non solo di parole. Una vera e propria fiera del ridicolo e delle falsità, con la più reazionaria e integralista gerarchia del clero impegnata a blaterare lezioni di “sana laicità”.  Forse l’idiozia più grossa l’ha sparata il segretario di Stato del Vaticano Tarcisio Bertone quando col suo sorriso a 48 denti ha tuonato che “L’Europa ci regala le zucche vuote di Halloween”, peraltro preferibili di molto alle devastazioni, guerre, roghi di esseri umani, di libri e di intere biblioteche, a partire da quella di Alessandria, e alle troppe persecuzioni e stragi regalateci dalla Chiesa nel corso dei secoli.

Bertone sorride a 48 denti felice della subalternità dei politici e mass media italiani, che non hanno il coraggio di rinfacciargli l’avere firmato nel 2001, assieme all’attuale papa, anche lui chissà perché sempre molto sorridente, l’ordine a tutti i vescovi del mondo di nascondere alle autorità civili dei rispettivi Paesi tutti i casi di pedofilia nel clero. Ordine che non è mai stato rinnegato. Un bel campione della Chiesa e della carità cristiana questo Bertone, per non dire di Ratzinger, a suo volontario della gioventù hitleriana.In questa gara a chi la spara più grossa contro la sentenza di Bruxelles, ispirata peraltro a un banale ed ovvio principio di civiltà disatteso solo nello Strapaese, si sono distinti anche il cardinale Giovanbattista Re, il capo dei vescovi italiani Raffaele Bertone e se non vado errato anche monsignor Camillo Ruini, lo stratega dell’assalto vaticano alle molto grasse elemosine dello Stato italiano. Peccato solo che Re, pezzo grosso della solita segreteria di Stato, è lo stesso Re che rispose più o meno “non ce ne frega niente” a monsignor Francesco Salerno quando nel 1983 gli propose il proprio aiuto per cercare di capire che fine avesse fatto la giovane e bella sedicenne Emanuela Orlandi, cittadina vaticana pericolosamente vicina di casa a gangli sensibili della “santa sede”, noto covo di allupati più o meno repressi ma sicuramente ipocriti. Da notare che mentre Re rifiutava l’offerta di Salerno lui e la stessa Segreteria di Stato tenevano bordone a papa Wojtyla che chissà perché lanciò per primo e pubblicamente l’ingiustificato sospetto che la ragazza fosse stata rapita, innescando così la montatura che dura tuttora. Un vero campione della Chiesa e della carità cristiana monsignor Re, non c’è che dire.

Il disgusto mi ha impedito di capire se a lanciare l’invito a uscire dal partito a “tutti i cattolici che  non sono rispettati nel Partito Democratico” sia stato Bagnasco, il capo dei vescovi che remano contro la laicità e quindi la libertà della Repubblica italiana, o Ruini, lo stratega della questua miliardaria a spese del contribuente italiano.

Vedere le foto del Chiavaliere a L’Aquila con in mano un enorme crocifisso mi ha fatto letteralmente schifo. Povero Cristo in croce! Mio Dio, come è ridotta male la Chiesa…. che peraltro in quanto a pulizia morale e salute dell’anima non è mai stata messa bene. La Mignottanza prosegue senza sosta, anzi, più il Chiavaliere è in difficoltà e più la Mignottanza incalza. Do ut des: io do una assoluzione e un bel pacco di voti elettorali a te, tu dai un’altra fetta di libertà e laicità dello Stato italiano e una mano contro l’Europa a me. Un bel mercimonio, putrido quanto si conviene, ovviamente spacciato per religione, libertà religiosa, identità italiana, e via mentendo al gran galoppo.

La gara ha visto scendere in pista anche Umberto Bossi, il cui viso storpiato descrive bene il suo pensiero politico. Il senatùr che ce l’aveva duro, con un debole per miss Padania Luisa Corna, una vera bellezza da coccolone o ictus per chi di duro ha anche le arterie, ha lanciato l’idea di andare in massa a Bruxelles tutti con il crocifisso in mano. Non so se mi spiego: il grande “padano” si picca di essere erede e campione dei lumbàrd, vale a dire dei nipotini dei longobardi. E i longobardi sono coloro che a suo tempo hanno regalato alla Chiesa il primo nucleo territoriale diventato poi Stato pontificio per venire in cambio fottuti da papa Stefano II, accorso in Francia a chiedere – e ottenere – al re dei franchi l’invasione militare della Padania e dell’Italia contro “i foetentissimi longobardi”. Come se niente fosse, Bossi vuole andare con il Carroccio non con lo spadone di Alberto di Giussano, bensì con un carico di croci per protestare contro l’Europa!

L’ignoranza non perdona. Il povero Bossi evidentemente ignora che a Monza c’è la Corona di Ferro da re d’Italia e che la regina Teodolinda, cattolicissima, avrebbe potuto essere la prima regina dell’Europa intera, se la Chiesa non avesse sabotato – per ben mille anni – sia l’unità d’Italia che dell’Europa. Il povero Bossi non lo sa, e certo non può essergli d’aiuto il figlio pluribocciato alla maturità scientifica, più volte vanamente inseguita in una scuola privata di preti cattolici. L’ignoranza infatti non perdona.

Lo Strapaese ha la stampa che si merita: tutti a titolare che Bruxelles non vuole “i crocifissi a scuola”, dimenticando il non trascurabile particolare che non della scuola si tratta, bensì della scuola pubblica. Nelle scuole private il crocifisso possono tranquillamente continuare a metterselo dove meglio credono.

Lo Strapaese ha i Chiavalieri, i papi, i senatùr e i vari sicofanti che si merita. La Chiesa anche. Siamo ancora una volta alla Chiesa della vergogna. E del business as usual.

421 commenti
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  1. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Rita

    Sono appena rientrato, ho visto il tuo post bloccato – chissà perché! – e l’ha sbloccato.
    Un salutone (non a Otello).
    pino

  2. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Una domanda ai marpioni del blog:
    il cosidetto “processo breve” lo si vuole per snellire la Giustizia oppure per salvare il kuletto di un imputato “breve”?
    màh..
    C.G.

  3. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Komare!!
    Ah, Ravenna.. San Apollinare in Classe con i suoi mosaici.
    Già da ragazzotto (scapestrato e capellone) li osservai per la prima volta e mi uscirono le le lacrime agli occhi.
    C.G.

  4. sylvi
    sylvi says:

    11 novembre
    San Martino che tagliò il suo mantello per dividerlo con il povero, seminudo.
    Un tempo era il giorno della divisione del raccolto fra mezzadri e padroni della terra.
    Per i piccoli proprietari conti che quasi sempre tornavano.

    Immagini: il mosto che bolle, i cachi, i melograni, e…per sant’Andrea , alla fine del mese, il maiale pronto al macello…
    le minuscole salsicce che venivano fatte soltanto per i bambini, infinitamente felici….
    feste, fisarmoniche, canti e balli sull’aia…

    Aria di festa!

    San Martino

    La nebbia agli irti colli
    Piovigginando sale,
    E sotto il maestrale
    urla e biancheggia il mare;
    Ma per le vie del borgo
    Dal ribollir dè tini
    Va l’aspro odor de i vini
    L’anime a rallegrar.
    Gira sù ceppi accesi
    Lo spiedo scoppiettando:
    Sta il cacciator fischiando
    Su l’uscio a rimirar
    Tra le rossastre nubi
    Stormi d’uccelli neri,
    Com’esuli pensieri,
    Nel vespero migrar.

    G.Carducci

    Sylvi

  5. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    Da parte di Uroburo, pure lui col commento “desaparecido”.
    ———
    Caro Peter,
    leggo solo ora il suo 309.
    Il nostro è un paese che è sempre stato tenuto insieme dalla forza dei plotoni di esecuzione,o se preferisce dalla repressione poliziesca o militare. La mancanza di un collante esterno, come è stata la necessità di avere dei governi DC imposti dall’Usaegetta con le buone o con le cattiva (vedi Portella delle Ginestre e omicidio Moro), ha tolto ogni puntello ad un’unità nazionale. Nella profonda realtà dei fatti ed al di là della retorica patriottarda che è sempre stata una caratteristica di questo paese, il senso di unità nazionale non era realmente vissuto da nessuno, o quasi, come determinante per la propria vita. Ci siamo fatti illudere dalle letture delle scuole elementari e delle medie ma già al liceo quelli che hanno incominciato a ragionare con la loro testa si sono resi conto che il Risorgimento era stato un fenomeno ultra-elitario, per di più imposto manu militari ad un paese che non era in nulla preparato a realizzarlo; che la classe dirigente del’Ottocento aveva governato con una spietatezza rara, senza mai dare alcuna soluzione ai problemi del paese (problemi profondi e spesso millenari); che avevamo sprecato somme enormi in avventure di conquista che non servivano a nessuno e che avrebbero potuto tranquillamente essere investiti nelle nostre colonie interne. Eccetera, eccetera, eccetera.
    Perché mai rimpiangere un’unità nazionale che non ha mai funzionato? Senza la conquista militare del Meridione saremmo arrivati comunque ad una confederazione italiana, ma impostata su basi condivise e certo più rispettosa delle culture assai variegate del nostro paese.
    Alla lunga i nodi sono venuti al pettine. Certo all’italiana, con il Crassi, Bassi ed il Banana …. Ed il nostro paese continua a temere la conquista del potere da parte dei kommunisti, che nazionalizzeranno il sesso delle nostre donne, a loro specifico uso e consumo (si sa che in Ittaglia va sempre tutto a finire in fixa o in mexda …).
    Una democrazia in Ittaglia non l’ha voluta mai nessuno, né noi, né, men che meno, i nostri padroni stranieri (gli inglesi prima l’Usaegetta dopo). Quindi temiamoci quel che c’è. Francamente penso che questo paese non sia più salvabile e penso cha sia inutile provarci. La cosa migliore per i giovani è quella di andarsene da questo ambiente mefitico, ma ce la fanno in pochi; siamo gente malata fin da piccoli.
    Poi certo anche la sinistra ha fatto degli errori, ma avevamo contro il mondo intero, dentro e fuori di noi. Il paese non ce l’ha fatta.
    Non solo le persone ma anche le società e gli stati hanno pulsioni suicide.
    Un saluto U.

  6. Anita
    Anita says:

    x Cerutti Gino

    Caro Kompare,
    purtroppo non ho visto niente di Ravenna, eccetto la grande pasticceria dei nonni, grande di allora s’intende.

    Con mia mamma ci fermavamo per un paio di giorni in via per Rimini o Cervia.

    Ricordo di non aver simpatia per la nonna, era troppo coccolosa e mi pizzicava le guance, mi faceva saltare sulle ginocchia come se fossi un bebe’, il bello e’ che era alta come un granatiere.

    Ricordi da bambina, ma anche adesso non mi vanno troppe effusioni espansive.

    Buona sera,
    Anita

  7. Mario Lettieri e Paolo Raimondi
    Mario Lettieri e Paolo Raimondi says:

    Difendere il ruolo strategico delle PMI

    Mario Lettieri, sottosegretario all’economia nel governo Prodi
    Paolo Raimondi, economista

    Da tempo le nostre piccole e medie industrie (PMI) lamentano di essere state tagliate fuori dai circuiti del credito e abbandonate in balia dei flutti della crisi finanziaria ed economica. E’ un problema molto serio, anche per gli imprenditori della Francia e della Germania.

    Sembra proprio che l’Europa preferisca ammirare le cicale della finanza piuttosto che proteggere le formiche che lavorano e producono.

    Secondo il quotidiano economico Les Echos, in Francia le PMI rappresentano due terzi dell’economia nazionale ma la crisi le sta mettendo duramente alla prova: 40.000 hanno già depositato i bilanci in tribunale portando il tasso di disoccupazione al 10%. Il deficit commerciale è aumentato a fronte di una caduta di investimenti di 40 miliardi di euro.

    Anche in Francia gli aiuti statali pari a 120 miliardi di euro sono stati indirizzati al sostegno delle banche e delle grandi industrie in crisi. La Francia, come per fortuna anche l’Italia, vanta un grande risparmio, circa 1.500 miliardi di euro, di cui però l’80% in obbligazioni del Tesoro per coprire il crescente debito pubblico. Invece soltanto lo 0,4% dei bilanci delle PMI è andato ad aumentare il loro capitale di base.

    Eppure negli ultimi 15 anni esse hanno generato 1,8 milioni di posti di lavoro, mentre le grandi industrie nazionali ne hanno soppresso 270.000.

    In Germania le PMI, la Mittelstand, rappresentano il 99% del fatturato degli imprenditori privati ed il 70% dell’occupazione. Le analisi di centri di studi economici, come quelle dell’istituto di credito publico Kreditanstalt fuer Wiederaubau, prevedono il fallimento di 35.000 PMI (circa il 15% del totale). Ben 37% degli imprenditori lamentano problemi di liquidità e di accesso al credito, mentre all’inizio dell’anno erano il 14%. Se la riduzione del commercio internazionale aveva colpito prima chi lavorava con l’estero, adesso sembra essere la volta anche dei piccoli che operano per il mercato interno.

    La crisi delle PMI in Francia e Germania, se si considera che questi due paesi sono i nostri principali partner commerciali, riversa non poco i suoi effetti negativi sulle nostre attività imprenditoriali. Si ricordi che il 35% del Pil dell’Europa dei 27 è dato da Germania e Francia insieme.

    I problemi delle nostre PMI sono infatti molto simili. Ma a paragone con il resto dell’Europa, l’Italia dimostra una più scarsa capitalizzazione e un’alta incidenza dell’indebitamento finanziario a breve. Per i prestiti a scadenza inferiori ad un anno la percentuale in Germania e in Francia è del 29% sul totale, per l’Italia invece si sale al 51%. La media europea è del 41%.

    Evidentemente le PMI italiane sono più deboli anche per le scarse disponibilità di capitale proprio, che sarebbe del 25% sull’attivo netto, mentre a livello europeo il tasso oscilla tra il 30 e il 48%.

    Risulta chiaro che la ripresa economica dell’Italia e dell’Europa dipenderà non poco dalla capacità di innovazione e di crescita della piccola e media industria. Anche l’Unione Europea ha approvato la “Carta delle piccole imprese” nel 2000 a Feira in Portogallo ponendo le stesse al centro dell’economia produttiva. Gli studi dimostrano che, nonostante tutto, sono proprio le piccole e medie imprese a “tenere” meglio nelle fasi recessive.

    Ma l’attenzione è tutta per le cicale della finanza. Si è parlato molto degli 800 miliardi di dollari di aiuti pubblici che il governo americano e la Fed hanno versato alle banche e alle grandi corporation a rischio di bancarotta.

    L’Unione Europea, secondo il suo ufficio di statistica “Eurostat”, nel 2008 ha da parte sua versato ben 814 miliardi di euro alle banche europee in crisi!

    Sono dati che dovrebbero far riflettere e che giustificano le pressioni delle PMI e del mondo del lavoro per avere i necessari sostegni.

    E’ tempo che il risparmio delle famiglie ritorni ad essere finalizzato al sostegno degli investimenti delle imprese e della crescita occupazionale e non a rimpinguare i forzieri delle banche che purtroppo continuano a tenere stretti i cordoni della borsa.

    La crisi sembra aver rallentato la sua corsa, è il leitmotiv di molti, ma non si è fermata. Si potrà parlare di uscita dalla crisi soltanto quando si avrà un aumento stabile dell’occupazione.

  8. Giovanni Vaschi
    Giovanni Vaschi says:

    Crocefissi in classe? almeno non dite di essere liberali
    di Francesca Rigottitutti gli articoli dell’autore

    Vorrei intervenire con le parole della filosofia politica sulla questione riguardante la presenza del crocifisso nelle aule della scuola pubblica italiana. Ma prima ancora desidero far notare che la risposta della Corte europea dei diritti dell’uomo alla richiesta della signora Lautsi è assolutamente in linea con la legislazione che abbiamo sottoscritto. La Corte ha infatti risposto con le parole dell’art. 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 1952, sottoscritta anche dallo stato italiano, che stabilisce che «Lo Stato nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento in modo conforme alle loro convinzioni religiose e filosofiche». Evidentemente nel Bel Paese si è preferito fare orecchie da mercante e ignorare tale diritto genitoriale, oltre a ironizzare sul fatto che la signora sia di origine straniera e quindi non abbia da interferire con le faccende italiane, ignorando probabilmente il fatto che qui si tratta di diritti dell’uomo, che per definizione non hanno confini nazionali né abbisognano di cittadinanze particolari. Oltre a ciò, una precedente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (del 1976) prescrive che le conoscenze religiose siano dispensate dalla scuola in modo «oggettivo, critico e pluralistico».
    Leggo questi dati e riconosco la lodevole applicazione del principio di «ragionevole neutralità» nell’articolo di Marcello Ostinelli, «Etica pratica e cultura religiosa nella scuola pubblica ticinese» uscito su «Verifiche» (giugno 2007, no. 3, pp. 4-7). L’articolo contiene informazioni interessanti e proposte più che condivisibili. Le istituzioni liberali devono risultare neutrali rispetto alle visioni del mondo e alle concezioni del bene individuali che caratterizzano le società contemporanee. Questo atteggiamento è visibile particolarmente nella posizione che il liberalismo assume nei confronti della religione. Lo stato liberale è agnostico (indifferente) rispetto al problema religioso. Lo stato liberale è neutro rispetto ai valori. Tipica dello stato liberale è quindi la separazione tra stato e chiesa, nel rispetto dell’idea che la religione è qualcosa che interessa gli individui nella sfera privata ma non dovrebbe interessare lo stato. Lo stato liberale non ha una chiesa ufficiale ma rispetta le varie chiese presenti. Lo stato liberale è laico perché ragiona fuori dall’ipotesi di Dio, etsi deus non daretur, come se Dio non esistesse, il che non significa che non esiste – ricorda Ostinelli – ma vuol dire che bisogna sgomberare il campo da asserzioni dogmatiche. Se alcuni settori del paese Italia non si riconoscono in uno stato laico e liberale, che lo facciano, ma abbiano almeno, se non il coraggio, la banale coerenza di dichiararlo e e di rinunciare all’uso e all’abuso di termini quali libertà e liberalismo.

  9. Uroburo
    Uroburo says:

    Quand la merxa la munta in scagn
    o la spuzza o la fa dagn
    [Quando la merxa (una persona di nessun valore) monta in cattedra (acquisisce potere)
    o puzza o fa danni]

  10. Anita
    Anita says:

    x Uroburo

    Mi dispiace ma devo contradirla, spusa non spuzza.

    «Quand la mxxxa la munta el scagn o la spusa o la fa dagn»

    Ricerchi in internet.

    I milanesi non pronunciano la zeta bene.

    Io ho ricevuta la Cresima in: Piasa del Dom.

    Ma e’ sicuro di essere Milanese? 8)

    Buona notte,
    Anita

  11. Peter
    Peter says:

    polemicamente, sarei tentato di rispondere (al suo post per me) con un detto barese: caxata fatta capo ha. L’unita’ italiana sara’ cominciata male e poi venuta peggio, ma e’ troppo tardi, e per alcuni troppo comodo, disfarla. Cosi’ almeno la vedo io.
    E’ curioso poi che lei parli sempre dell’annessione manu militari del Sud, come se il Centro fosse stato annesso con le margherite.
    In ogni caso il garibaldismo, giusto o sbagliato che fosse, non era un fenomeno elitario. L’Italia ebbe anche il suo Bismarck, Cavour, che anzi venne prima del tedesco, e purtroppo se ne ando’ decisamente troppo presto.
    Non mi risulta che gli inglesi siano mai stati nostri padroni. Ci furono delle interferenze solo nel Sud ed in Sicilia nel periodo napoleonico e dopo, per quel che ne so, essenzialmente perche’ si tutelavano la rotta per le Indie (Gibilterra, Malta, Egitto, anni dopo venne Suez, Aden, etc). Non si opposero mai all’unificazione dell’Italia, che anzi vedevano di buon occhio per dar fastidio allo strapotere francese nel Mediterraneo. Ne’ vedo perche’ un autentico regime democratico in Italia avesse dovuto dargli fastidio nel XX secolo. Non mi risulta che favorirono l’avvento del fascismo in Italia, mentre Mussolini in seguito finanzio’ Mosley ed altri movimenti fascisti in Europa.
    Sulla schiacciante influenza e condizionamento USA sul nostro paese dopo la fine della II GM siamo ovviamente d’accordo. Venne tutto deciso a Yalta, ovviamente. Banalmente, osservo pero’ che siamo stati un paese sconfitto, ed anche profondamente disprezzato da tutti (alleati e tedeschi) durante quella guerra prima per la totale incompetenza e fallimento dei militari, poi per aver cambiato campo vista la malaparata, un voltafaccia senza precedenti nella storia d’Europa. E continuiamo a pagarne le conseguenze.

    un saluto

    Peter

    ps
    Anni fa mi trovavo a Roma con un mio amico, diplomatico US, ed altri di varie nazionalita’. Davanti a Palazzo Venezia, dissi scherzando: da quel balcone un capo di governo dichiaro’ guerra agli USA, un caso quasi unico al mondo.’ Gia’, e vedi che fine fece’, ribatte’ lui. Ma intendeva dire, vedi che fine avete fatto tutti voi…

  12. Uroburo
    Uroburo says:

    Cara Anita,
    lei ha ragione, nel senso però che il milanese viene parlato in modi diversi addirittura nei vari quartieri di Milano; basta poi uscire dalla città di qualche chilometro per avere accenti ancora più differenti.
    Nella mia versione, ad esempio, si dice “Quand la m. la munta IN scagn ( non EL scagn)….
    E nell mio dialetto non si diceva spusa (con la u francese) ma spuzza (sempre con la u francese e con una doppia zeta appena, appena accennata).
    Un saluto U.

  13. Anita
    Anita says:

    x Uroburo

    Si, e’ scritto in diverse maniere, in scagn, el scagn, ma non credo che il milanese cambi tanto da Rho a Viale Piave.
    Non parlo il milanese, a fatica lo capisco, e non bene.
    Ma ricordo solo di certe battute di mia nonna e di mio papa’.

    Io ero “un scatulin del luster” per mio papa’…….

    Anita

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