Un monsignore fermato a Valle Giulia, luogo di prostituzione
La vicenda risale al maggio del 2006. Un alto prelato del Vaticano era stato fermato nel corso di controlli contro la prostituzione minorile a Valle Giulia a Roma. Alla richiesta dei documenti, il monsignore, premette l’accelleratore della sua auto finendo per danneggiare due auto della polizia e tre poliziotti contusi. Finalmente fermato, dopo venti minuti di inseguimento, disse candidamente di essere stato impaurito da probabili rapinatori. Evidentemente, i poliziotti poco credettero a quella versione e, dopo quanto era accaduto cercarono di mettere alle strette il prete.
Forte della sua posizione, monsignore passò dalle probabili paure alle minacce contro i poliziotti, con la solita litania del “lei non sa chi sono io” o più perentoriamente: “Fate, fate, tanto poi vi faccio vedere”. Ora, un normale cittadino non si sarebbe azzardato di fronte all’evidenza e al disastro combinato, ma lui si sentiva forte e protetto. Monsignore, infatti, è funzionario della segreteria di Stato, dottore in diritto canonico e cerimoniere della basilica di San Pietro. Disse anche, a sua discolpa, che qualche giorno prima gli si erano avvicinati tre malintenzionati, ma non aveva fatto denuncia perché in possesso di delicati documenti vaticani. Ma, scusi, monsignore, con tutto l’affetto, lampeggianti e sirene non le ricordano nulla?
Intanto, la polizia nel rapporto scrive che la macchina, “nella maniera solita usata dai clienti dei giovani prostituti, si aggirava alla ricerca del tipico ‘abbordaggio'”. Per monsignore scatta la denuncia per lesioni, resistenza e danneggiamento. Ora i giudici dovranno decidere. Il Pm ha chiesto un anno e mezzo di reclusione, mentre gli avvocati della parte offesa hanno chiesto 20 mila euro di risarcimento per ogni poliziotto contuso.
Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, nelle pagine cittadine, per l’avvocato Gianni Lostia il prelato non era a caccia di trans, non aveva profilattici in auto né aveva ripiegato l’abito talare sul sedile, come sostiene la polizia. «Burgazzi – spiega il difensore – stava tornando nel suo alloggio dopo aver trascorso la serata in un ristorante con un sacerdote, che poi aveva riaccompagnato a casa». Probabilmente tutta la vicenda verrà ridimensionata dal ruolo del sacerdote e fors’anche dal fatto che potrebbe trattarsi di cittadino dello Stato vaticano. Chi si azzarda a chiedere l’estradizione a Benedetto XVI?
Intanto, questa è la difesa che – ancora – si ripropone: confondere pedofilia con omosessualità:
http://www.guardian.co.uk/world/2009/sep/28/sex-abuse-religion-vatican