Quanti lupi che si dicono minacciati dall’Iran, da troppo tempo preso a calci dall’Occidente. Seconda parte del diario di un mio compagno di viaggio in Palestina
Ridere o piangere? A minacciare l’Iran per i suoi programmi nucleari, peraltro a soli scopi pacifici checché ne dicano Paesi che già hanno mentito e contribuito a mentire sulle (mai esistite) bombe atomiche irachene per scatenare una guerra ancora in corso, sono in particolare gli Usa, Israele, la Francia e l’Inghilterra. Vale a dire, i Paesi responsabili in toto dei disastri e delle paure iraniane nonché della conseguente scarsa simpatia dei governi di Teheran per noi. La Francia ha foraggiato il programma di armamento atomico clandestino di Israele, e ad agitare i sonni iraniani sono proprio le atomiche prodotte a Dimona, nel deserto del Negev. L’Inghilterra ha enormi responsabilità storiche riguardo la travagliata vita dell’Iran da vari decenni, da quando cioè gli inglesi issarono sul trono “del Pavone” un Pahlavi convinti di poter fare così il bis del golpe filo occidentale di Ataturk in Turchia, di installare cioè anche a Teheran un regime filo occidentale. Il filo occidentalismo ci fu, soprattutto grazie all’imbelle e corrotto scià Mohammad Reza Palahvi, che venne talmente incoraggiato dagli americani a costruire almeno cinque centrali nucleari e a varare l’annesso programma di costruzione di ordigni atomici, in funzione anti Urss, da accordargli la vendita del prestigioso Dipartimento di ingegneria nucleare del famoso Massachusset Institute of Technology, vendita che non andò in porto solo per la ribellione degli studenti, dei docenti e degli scienziati del Dipartimento.
Per tenere in sella lo scià marionetta e salvaguardare i propri interessi petroliferi in Iran, gli Usa e l’Inghilterra uccisero la nascente democrazia iraniana organizzando un golpe contro il democraticamente eletto capo del governo Mossadeq e installando un regime talmente feroce, fucilazioni e torture di “comunisti” come se niente fosse, da avere direttamente provocato per reazione la sciagurata teocrazia portata da Parigi dal trionfante ayahtollah Khomeiny. La politica scellerata dell’Occidente è arrivata al punto di spingere Saddam alla guerra contro l’Iran, costata qualche milione di morti, sacrificati peraltro a un nulla di fatto che non sia il controllo del petrolio iracheno a favore degli Usa e dell’Occidente. Strana pretesa quella degli Usa di “esportare la democrazia” quando l’hanno uccisa in varie parti del mondo: Iran, Indonesia, Congo, Cile, Argentina, ecc. A parte le chiacchiere, l’Iran NON ha mai fatto guerra a nessuno, da qualche secolo, ed è invece stato variamente angariato dall’Occidente. L’Inghilterra e la Francia ancora oggi ne parlano come se vivessimo sempre all’epoca in cui possedevano e sfruttavano mezzo mondo. Qualcuno dovrebbe avvertire anche loro, da Sua Maestà al marito di Carlà, che il colonialismo è finito da un bel pezzo.
Il lato comico è che a strillare di più contro il “pericolo atomico” iraniano è proprio quell’Israele che nella più totale clandestinità si è costruito un armamento nucleare non solo formidabile, ma anche più pericoloso degli altri perché mirato a produrre ordigni di potenza meno devastante di quella degli ordigni americani e russi, inglesi e francesi, come fors’anche di quelli cinesi, indiani e pachistani, ma di potenza limitata per poter essere utilizzati anche con artiglieria campale. Una strada, quella dei “piccoli” ordigni nucleari, aperta a suo tempo dai francesi per il proprio arsenale. Domanda: cos’è più pericoloso, l’eventuale e finora mai dimostrata ipotetica volontà dell’Iran di dotarsi di armi atomiche o il già esistente arsenale di almeno 200-400 bombe atomiche israeliane? La domanda è perfino ridicola, tanto è scontata la risposta a meno di voler essere sfacciatamente disonesti e razzisti, come in effetti siamo. E’ la solita storia del lupo che accusa l’agnello di minacciarlo….
Questa volta la scusa è la “scoperta” di un secondo impianto iraniano di arricchimento dell’uranio. Uranio arricchito necessario per produrre energia elettrica senza bruciare petrolio, e potere così esportare di più l’oro nero e incassare di più valuta estera per finanziare il decollo industriale dopo la disastrosa guerra imposta dall’Iraq di Saddam, cioè dall’Occidente per interposta persona. Ma noi occidentali, pressati da Israele con il ricatto morale delle nostre colpe per la Shoà, “sospettiamo” che sia uranio destinato ad essere utilizzato per costruire ordigni atomici da lanciare assurdamente contro lo Stato sionista. Insomma, noi ci siamo fissati a pensare che l’Iran voglia tagliarsi da solo i testicoli e agiamo di conseguenza, cioè assurdamente, razzisticamente e molto ipocritamente.
Siamo arrivati al punto che El Baradei, responsabile dell’Aiea, cioè dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, compresi i controlli sulle centrali atomiche “sospette”, ha detto chiaro e tondo che non intende avallare sospetti contro l’Iran campati per aria come a suo tempo quelli contro l’Iraq: “Non voglio avvalorare un’altra guerra con un mare di morti e distruzioni sulla base di prove che non ci sono”. Prima di gridare per la “scoperta” della costruzione di un secondo impianto iraniano di arricchimento dell’uranio in Occidente abbiamo gridato per la “scoperta” di un documento, passato all’Aiea si sa da chi, ma scritto NON si sa da chi, che descriveva i piani segreti di Teheran per una atomica vera e propria, non solo presunta. El Baradei si è rifiutato di basarsi su un documento del quale si ignora l’origine. Ho letto su Repubblica che si tratta di un documento scritto da qualcuno che se ne intende di fisica e che conosce bene la situazione interna iraniana, ma che è scritto con una abbondanza strana, ovvero molto sospetta, di vocaboli in lingua farsi antica, vocaboli oggi in disuso. Ho letto su Repubblica che quel tipo di farsi è noto e in uso a ebrei iraniani cultori delle loro tradizioni. In Iran infatti c’è una comunità di varie decine di migliaia di ebrei cittadini iraniani , che hanno anche due loro deputati in parlamento.
Anche se Repubblica evita di scriverlo, non trattandosi di Berlusconi, il sospetto non solo nell’Aiea è che il documento fatto graziosamente arrivare a El Baradei sia una polpetta avvelenata cucinata dai servizi segreti israeliani o da qualche volenteroso simile. Né più e né meno come la polpetta avvelenata dell'”uranio sudanese venduto a Saddam per le atomiche irachene” è stata confezionata in Italia e avvalorata dall’allora direttore di Panorama Carlo Rossella. Avvalorata cioè dal settimanale proprietà di quello stesso Berlusconi che, ricattato o no per la propria vita sessuale, stava appiccicato ai pantaloni del George Bush ansioso di trovare la scusa buona per scatenare l’inferno sull’Iraq e mettere così il proprio cappello sul petrolio di quel disgraziato Paese. Bush cercava la scusa buona, l’Italia di Berlusconi gliel’ha scodellata nel piatto.
Come che sia, per quel che mi risulta il rullo di tamburi di guerra o “solo” di bombardamenti – ovviamente “chirurgici” (!), che altrettanto ovviamente la stampa ci tiene a far sapere che Israele ha già pianificati nei minimi dettagli da anni – è solo fuffa per far contenti i vari fronti interni, cioè gli elettori alla base dei rispettivi governi, quella gran massa di imbecilli che sui due fronti tifano per la “guerra di (in)civilità”. A meno di impazzimenti generali o altri colpi di testa israeliani, l’Iran non verrà attaccato. E Israele dovrà bloccare il proprio colonialismo ai danni dei palestinesi lasciando anche che nasca almeno la parvenza di uno staterello palestinese, un bantustan o riserva indiana del terzo millennio nel quale permettere che i palestinesi sopravvivano arrabattandosi, ma senza nessuna reale autorità e potere statale.
Tutto ciò premesso – ed evitando accuratamente di occuparci sia delle nuove banalità e arie fritte uscite di bocca dal “fine teologo” e “fine intellettuale” tedesco Joseph Ratzinger in tema di figli di divorziati e di dirigenza politica ceka, e sia dei soliti ricatti del Vaticano per bocca di Tarcisio Bertone al governo Berlusconi – eccovi la seconda parte del diario di un mio compagno di viaggio in Palestina. Solo dei ciechi o dei disonesti possono far finta di non vedere il mare di soprusi che Israele infligge ogni giorno ai palestinesi. Il tutto mentre continua, nel disinteresse generale, il lento strangolamento di Gaza. Colpevole soprattutto di avere nel suo sottosuolo e nel suo mare un grande giacimento di gas che fa gola a Israele e al suo colonialismo. E che ovviamente non dispiace neppure a noi, pii cristiani dell’Occidente.
—————————————————————————–
COMBATTENTI PER LA PACE
di Lorenzo Bernini
[SEGUE] A Ramallah ci ha ricevuti il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese Salam Fayyad (http://it.wikipedia.org/wiki/Salam_Fayyad), appartenente non a Fatah ma al partito centrista “La terza via”. A suo avviso dal 2007 la West Bank, o almeno i territori della West Bank che per gli accordi di Oslo sono amministrati dall’ANP, sta gradualmente rifiorendo: “Negli ultimi mesi abbiamo portato l’elettricità in alcuni villaggi tra Betlemme ed Hebron. A Nablus sono stati aperti un cinema e un centro ricreativo. Sono piccoli passi verso la fine dell’occupazione militare. Nei prossimi due anni il governo intende consolidare le istituzioni dell’ANP e progettare lo Stato palestinese: uno Stato progressista, culturalmente aperto al mondo, ispirato ai valori dell’uguaglianza e della tolleranza”.
Anche Fayyad non fa cenno ad Hamas e ai palestinesi della Striscia di Gaza. Fino a quando non gli rivolgiamo una domanda diretta, a cui risponde: “L’occupazione israeliana deve finire, a Gaza come in West Bank. A Gaza 1.400.000 persone vivono in uno stato di prigionia. In seguito agli accordi di Oslo, l’ANP deve dimostrare la propria capacità di autogoverno e di costruzione di istituzioni, ed è quello che sta facendo. Israele invece non rispetta i propri impegni, in particolare quello di fermare gli insediamenti in West Bank. Occorre sperare nel processo diplomatico internazionale che sembra essersi aperto negli ultimi tempi, ma prima ancora è necessario che siano fermati gli insediamenti. Per quanto riguarda Hamas: il prossimo gennaio dovremmo avere nuove elezioni: è un diritto costituzionale che deve essere esercitato. Almeno su questo punto, spero, dovremo trovare un accordo”.
Parole di speranza, quindi. Che però non tutti condividono. Il giudizio di Mustafa Barghouti (http://it.wikipedia.org/wiki/Mustafa_Barghouti), Segretario Generale del partito di sinistra Al Mubadara – Palestinian National Initiative (http://www.almubadara.org/new/english.php), è ad esempio molto pessimista: “Vi assicuro che non mi sarei espresso con queste stesse parole venti anni fa: oggi il popolo palestinese – tanto in Israele, quanto in West Bank, quanto ancora nella Striscia di Gaza – vive sotto un feroce regime di apartheid e subisce violente pratiche di pulizia etnica a opera dello Stato di Israele, con la complicità di fatto della comunità internazionale. E oggi è complice di Israele anche l’ANP, che contribuisce a reprimere la resistenza palestinese. È una situazione paragonabile a quella del regime collaborazionista di Vichy, instauratosi nel 1940 in Francia sotto l’occupazione nazista”.
Anche la popolazione israeliana, del resto, è segnata da fratture e contraddizioni. All’atavica contrapposizione tra ebrei aschenaziti e sefartidi e alla tradizionale subordinazione sociale della minoranza degli ebrei etiopi, si aggiungono oggi nuovi problemi di integrazione conseguenti alla nuova massiccia ondata di immigrazione dalla Russia e nuove tensioni sociali causate dall’integralismo religioso (il 2 agosto, mentre a Gaza Hamas celebrava un matrimonio collettivo costringendo le giovani vedove dell’operazione Piombo fuso a riprendere marito, a Tel Aviv un uomo con il volto coperto, armato di una mitraglietta, ha fatto irruzione nella sede dell’associazione lesbica-gay-trans Agudah: ha ferito 18 persone e ucciso una ragazza di 17 anni e un ragazzo di 26. Già durante il gay-lesbian-transgender pride di Tel Aviv del 2005, del resto, tre manifestanti erano stati pugnalati da estremisti ebrei ultraortodossi). Dominata dalla paura del lancio dei razzi Qassam e degli attentati suicidi (l’ultimo dei quali è avvenuto nel 2005), secondo il giudizio di Paola Caridi, “la società israeliana ha oggi perso i propri cardini morali. Ma non dovremmo essere noi a stupirci dell’ampio consenso ricevuto dall’operazione Piombo fuso (approvata dal 91% dei cittadini israeliani).
Gli israeliani hanno votato Netanyahu e Lieberman e sostengono le loro imprese militari, gli italiani hanno votato Berlusconi e Bossi e gradiscono le loro politiche sull’immigrazione. Ma in Israele come in Italia non si può costruire la democrazia sulla sicurezza”. Dello stesso avviso è Zvi Shuldiner, intellettuale ebreo noto in Italia come corrispondente del manifesto: “Per analizzare il voto del popolo israeliano non si può prescindere dal sentimento della paura: il voto è determinato esclusivamente dalla questione palestinese, non dalle politiche economiche dei diversi partiti. L’attuale governo non è in realtà molto diverso dai precedenti, se non per il suo radicalismo anti-arabo, per il suo dichiarato razzismo. Come in Italia, in Israele è in corso una legittimazione culturale del fascismo. L’opinione pubblica è più avanzata della leadership politica, ma al tempo stesso è segnata da un’evidente schizofrenia: secondo i sondaggi un’ampia maggioranza di israeliani è favorevole alla soluzione ‘due Stati per due popoli’, ma al tempo stesso vorrebbe ‘allontanare’ il popolo palestinese dalla terra di Israele.
La verità è che a nessuno è simpatico il proprio nemico, ma se si è in guerra e si vuole la pace è con il nemico che si deve trattare. Questo vale oggi anche per Hamas, che rappresenta una parte importante della società palestinese: non è pensabile una pace con Fatah che non coinvolga anche Hamas”. Al conflitto arabo-israeliano sono state applicate molte differenti letture in differenti momenti storici: negli anni della guerra fredda la Palestina/Israele è diventata anche una posta in gioco del tentativo di controllo del mondo arabo da parte del blocco liberale e del blocco socialista, dopo l’11 settembre 2001 ha acquisito un’importanza geopolitica centrale nel cosidetto “scontro di civiltà”. Tuttavia, come ci ha spiegato Morgantini, il conflitto arabo-israeliano resta innanzitutto un conflitto “locale”: “Il problema fondamentale è la mancanza di un reciproco riconoscimento. Palestinesi e Israeliani non si incontrano, non si conoscono. Ad esempio – a parte rare eccezioni, come Shuldiner – sono pochi gli accademici e gli intellettuali israeliani che studiano seriamente il mondo arabo. In generale sono pochi gli israeliani che dialogano con i palestinesi e i palestinesi che dialogano con gli israeliani. Sono pochi e rappresentano un punto di vista minoritario, ma esistono: e questo basta perché meritino tutta la nostra attenzione e il nostro sostegno”.
Lo stesso Shuldiner, ad esempio, appartiene all’associazione Taarabut (“Insieme”: http://rete-eco.it/it/home/archivio/1085-israele-palestina-un-po-dottimismo.html), in cui arabi israeliani ed ebrei comunisti militano uniti contro le politiche economiche liberiste dello Stato di Israele, nella convinzione che “Netanyahu ha già realizzato in Israele uno Stato per due popoli: i ricchi e i poveri”. Esistono poi gruppi giovanili non violenti, associazioni di avvocati democratici, persino un gruppo di rabbini pacifisti, Rabbis for Peace, che dialoga con gli Imam moderati per favorire la pace (http://www.imamsrabbis.org/), sfidando l’interpretazione delle Scritture data dai coloni ebrei ortodossi. Ebreo ortodosso, con barba e kippah, è però anche Yehuda Shaul, fondatore di Breaking the Silence, l’organizzazione di veterani israeliani che da cinque anni denuncia le violazioni dei diritti umani operate dal proprio esercito.
Di recente Breaking the Silence ha pubblicato un opuscolo di testimonianze sull’operazione Piombo fuso (reperibile anche sul sito http://www.shovrimshtika.org/index_e.asp) in cui 54 soldati, per buona parte di leva e spesso tuttora impegnati nei territori palestinesi occupati, hanno rivelato le regole d’ingaggio ricevute durante l’offensiva condotta da Israele nella Striscia di Gaza: non fare differenza tra combattenti e civili, bombardare anche aree densamente popolate, utilizzare munizioni al fosforo bianco (bandite dalle convenzioni internazionali sulle armi chimiche), demolire abitazioni civili anche prive di importanza strategica. Denunce come queste, pur venendo screditate da una certa stampa israeliana per il carattere anonimo delle testimonianze, hanno una grande importanza per il consolidarsi del movimento dei refusnik, riservisti ma anche soldati di professione israeliani che scelgono il carcere piuttosto che il servizio nei territori occupati. Particolarmente significativa è poi l’esperienza di Combatants for Peace (http://www.combatantsforpeace.org/), associazione nata nel 2004 anche grazie all’iniziativa di Morgantini. Attualmente è composta da 600 persone, in maggior parte refusnik israeliani ed ex combattenti palestinesi che hanno abbandonato le armi e ora lottano assieme per la pace, organizzando veglie di solidarietà per le vittime del conflitto, manifestazioni non violente, conferenze nelle scuole e nelle università. Due di loro, Bassam Aramin, uno dei fondatori palestinesi, e Avner Wishnitzer, attuale coordinatore della sezione israeliana, ci hanno raccontato le loro storie.
Per aver tentato di aggredire un soldato israeliano, per 7 anni, dal 1985 al 1992, Aramin è stato in carcere: “È lì che ho maturato una posizione pacifista. Prima non conoscevo nulla del popolo ebraico. Ad esempio non sapevo nulla della Shoah: me ne hanno parlato i miei carcerieri israeliani. La prima volta che ho visto un film sui campi di concentramento nazisti ho provato un senso di rivalsa. Oggi invece comprendo il dolore degli ebrei, ma so anche che i palestinesi non ne hanno alcuna colpa. I palestinesi sono vittime di un popolo di vittime, ma il messaggio che voglio dare al mio popolo è che dobbiamo essere forti abbastanza per non essere più vittime di nessuno. L’8 febbraio 2007 mia figlia Abir è stata uccisa da un proiettile israeliano mentre usciva da scuola ad Anata (Gerusalemme Est). Aveva 11 anni. Mia moglie mi disse che per lei la politica della pace era morta assieme a nostra figlia. Non avrei potuto continuare a militare in Combatants for Peace senza il sostegno di mia moglie… Le ho chiesto, allora: ‘Che cosa devo dire ai nostri fratelli israeliani in veglia fuori dall’ospedale?’. La sua risposta è stata: ‘Hai ragione: loro sono nostri fratelli. Ma gli altri israeliani no’. Io so che quel soldato non voleva uccidere mia figlia: voleva uccidere un palestinese qualunque. Non voglio vendetta, perché so che se anche il colpevole fosse ucciso, la sua morte non avrebbe nulla a che vedere con il mio dolore. Non voglio vendetta: voglio giustizia”.
Prosegue Wishnitzer: “Io ero lì, a vegliare per Abir. La sua morte è stata la nostra più grande sconfitta. Ma coltivare la sua memoria ora significa continuare a difendere le ragioni della pace. Sono cresciuto in un kibbutz, non avevo mai conosciuto persone palestinesi prima di aver compiuto 18 anni, quando ho fatto il servizio militare. Se allora avessi incontrato Bassam, avrei sparato. A lui, come a qualsiasi altro combattente palestinese. Semplicemente allora non pensavo, come la maggior parte degli israeliani non pensano e lasciano che la propaganda pensi per loro. Ma nel 2004, assieme a due mie amici, ho rifiutato di servire di nuovo nell’esercito nei Territori occupati. Mi sono reso conto allora che non si tratta di una situazione alla pari: i palestinesi sono vittime dell’occupazione israeliana, e gli israeliani sono incommensurabilmente più forti. Ma anche se sono vittime, non per questo i palestinesi non hanno responsabilità. So che molti israeliani mi considerano un traditore, ma io al contrario mi considero un patriota. Se milito in Combatants for Peace non è solo per altruismo o generosità: lo faccio per la mia società. Combatants for peace non è un gioco a somma zero”. Gli fa eco Aramin: “Non schieratevi con un popolo o con l’altro. Non prendete parte per gli israeliani o per i palestinesi. Prendete parte per l’umanità. E per la Palestina libera”.
IMMAGINE 8
A sinistra: Yehuda Shaul, fondatore di Breaking the Silence. A destra: Bassaam Aramin, tra i fondatori di Combatants for Peace.
L’appello a un comune senso di umanità ci è stato rivolto più e più volte dai pacifisti palestinesi e israeliani e dai volontari internazionali che abbiamo incontrato. “Restiamo umani” è anche il titolo di una raccolta di articoli di Vittorio Arrigoni, volontario dell’International Solidarity Movement e corrispondente da Gaza per il manifesto durante l’operazione Piombo fuso (http://guerrillaradio.iobloggo.com/1789/restiamo-umani-di-vittorio-arrigoni), che molti di noi avevano letto per prepararsi alla missione. “Prendiamo parte per l’umanità”, dunque, “restiamo umani”: questi sono stati gli imperativi che hanno accompagnato il nostro viaggio. Imperativi di cui mi è chiaro il significato, ma sulla cui forma ho qualche dubbio. Che cosa significa infatti essere umani? È sufficiente preservare la propria umanità per operare una scelta pacifista? La storia dell’umanità, di cui il conflitto israelo-palestinese è uno dei tanti dolorosi capitoli, non è forse da sempre una storia di guerre? E in fondo quale carattere è specifico dell’umano, se confrontato agli altri animali, più della capacità di organizzare lo sterminio sistematico dei propri simili? La vendetta, la volontà di sopraffazione, il sadismo perfino, non sono forse sentimenti propri dell’umano?
Al tempo stesso l’umano è anche quell’essere dotato di senso morale che, di fronte ai propri simili, si pone la domanda “che cosa è giusto che io faccia?”. Umana è quindi anche la possibilità della giustizia: non solo della giustizia intesa coma “riparazione di un torto” – quella a cui pensavano i teorici cristiani della guerra giusta – ma anche di quella giustizia che mai potrebbe prendere la forma della guerra, perché consiste nell’astenersi dalla violenza sull’altro, e addirittura nel dedicarsi alla cura dell’altro. L’umano è un essere fragile e vulnerabile, esposto alla ferita dell’altro e assieme capace di ferire l’altro, potenzialmente soggetto e oggetto di omicidio. Proprio per questa ragione ogni essere umano è chiamato a una scelta tra violenza, indifferenza o cura ogni volta che incontra la vulnerabilità dell’altro. Ad esempio quando è in corso una guerra ogni singolo deve scegliere se negare l’umanità del suo nemico e godere delle sue sofferenze, oppure compiangere la perdita di ogni vita umana, superando la distinzione tra amici e nemici, come è stato capace di fare Avner vegliando Abir e portando conforto a Bassam e a sua moglie.
Operare una scelta radicalmente pacifista (come Avner, come Bassaam, come Luisa e Barbara e molti altri e altre che abbiamo incontrato nel nostro viaggio) significa attribuire valore all’esistenza di ogni essere umano, ritenerlo meritevole della nostra cura non solo e non tanto quando ci è facile riconoscerlo uguale a noi, ma soprattutto quando lo riconosciamo diverso da noi, non solo e non tanto quando proviamo per lui un’istintiva simpatia, ma soprattutto quando suscita in noi un’istintiva diffidenza (l’antipatia verso il nemico di cui ci ha parlato Shuldiner). A caratterizzare l’umano sono, quindi, tanto la violenza, quanto l’indifferenza, quanto ancora la cura. La domanda sulla giustizia (“che cosa è giusto che io faccia”?) si pone a ogni essere umano ogni volta che incontra un suo simile, ma la storia insegna che la scelta della giustizia, soprattutto nelle situazioni estreme di conflitto, non è affatto comune tra gli umani. Optare per un’etica pacifista, fare della non violenza e della cura delle regole di condotta non equivale quindi semplicemente a “restare umani”, ma significa al contrario rinunciare a parte della propria umanità, attribuendo un valore aggiunto a ciò che ne resta.
Nel XVI secolo, quando gli ebrei furono perseguitati dall’Inquisizione cattolica e cacciati dalla Spagna, il rabbino Isaac Luria, rileggendo le Scritture, sostenne che la creazione del mondo fu un evento traumatico che turbò l’ordine dell’infinito. Esito del trauma fu l’avvento del male. Secondo la tradizione (cabala) inaugurata da Luria, il popolo ebraico sarebbe stato scelto da Dio appunto per riparare l’ordine dell’infinito: non nel senso di riparare i torti subiti dal popolo ebraico nella storia, ma nel senso di riparare tutto il male della storia umana, di cogliere nella persecuzione del popolo ebraico l’occasione per superare il male nella direzione di un’evoluzione spirituale. Nel XX secolo, dopo la Shoah, il filosofo ebreo Emmanuel Lévinas affermò che ogni essere umano è massimamente responsabile non solo del male che compie, ma anche e soprattutto di quello che subisce: la vittima è sempre responsabile della scelta tra vendetta e giustizia. Il messaggio universale contenuto in quell’eresia dell’ebraismo che è il cristianesimo non mi sembra poi molto diverso: il cristianesimo invita l’intero genere umano a “porgere l’altra guancia”, a seguire l’esempio di Gesù, morto per riparare il male, “in remissione dei peccati”. Analogamente l’islam prescrive a ogni fedele nel mondo lo sforzo (il jihad, nel suo significato originario: http://it.wikipedia.org/wiki/Jihad) verso la perfezione morale: entrambe le religioni hanno quindi esteso a ogni essere umano uno degli insegnamenti che la tradizione ebraica riservava ai soli appartenenti al popolo eletto. Come sa ogni fedele, le tre grandi religioni monoteiste, che hanno offerto e continuano a offrire mille pretesti per la guerra, contengono in verità un comune imperativo di pace.
Per chi crede in Dio, si tratta di riconoscere l’elemento divino presente nella propria umanità, di assecondarlo nel tentativo di divenire “giusti” o “santi”. Ma io non credo in Dio. E tuttavia ritengo che a chi voglia comprendere lo scenario politico contemporaneo, soprattutto se è uno studioso di filosofia, occorra prendere le ragioni della fede molto sul serio. Con serietà posso allora dire che da sempre, e ancora di più in seguito all’11 settembre 2001, anche se non credo in Dio, quell’imperativo di pace ha risuonato in me nella sua immediatezza e universalità ogni volta che ho incontrato un volto umano. Astenersi dal male, fare il bene. Di fronte alla vulnerabilità dell’altro, non assecondare la propria umanissima pulsione al sadismo o all’indifferenza, ma adoperarsi piuttosto per la cura. Di fronte alla violenza subita, non assecondare la propria umanissima pulsione alla vendetta, ma trasformare l’indignazione in desiderio di giustizia. Riconoscere l’altro anche a costo di mettere in discussione parti importanti di sé – l’appartenenza a un popolo, l’adesione all’educazione ricevuta, l’obbedienza a quelle che si riconoscono come le proprie autorità.
Agli albori della filosofia occidentale, Aristotele definì l’umano come “animale politico”: a partire dalla nascita, infatti, gli esseri umani hanno bisogno della cura dei propri simili, sono coinvolti in relazioni di potere, dipendono per la loro sopravvivenza da una comunità politica che li protegga dalle altre comunità politiche. Per Aristotele non gli esseri umani, ma solo le bestie brute, oppure gli dei, possono fare a meno di un’appartenenza politica. Per Aristotele non gli esseri umani, ma soltanto gli esseri impolitici – in questo caso, gli dei – possono fare a meno della logica di guerra che sembra essere iscritta come un destino nella storia dell’umanità. Su questo punto filosofia e religioni possono quindi trovare un accordo: ai fini della pace non è sufficiente restare umani, ma occorre essere disposti a sacrificare parte della propria umanità: sforzarsi, ogni volta, di diventare “altro-che-umani” pur sapendo di non essere altro che umani. È un compito arduo, e tuttavia possibile: questo mi ha insegnato chi, in Palestina, nonostante tutto, con coraggio e determinazione “combatte” per la pace. E questo, cara lettrice, caro lettore, è il messaggio che sentivo l’urgenza di portare anche a tutti voi. [FINE]
…adesso lo so… cara Anita… Oggi lavvocato mi ha fatto vedere dove “i maniaci” vituali e delinquenti, hanno trovato dati personali precisi su di me, in vari siti del web… forum accui partecipo ed altri link… Non ho niente da nascondero, oggi ancor di ppiu so che sono pubblici e tutto quel che trovano possono ripubblicarlo, citando la fonte (altrimenti è furto etc..) e su di questi dati estrapolati dal contesto ed inseriti truffaldinamente (truffa) su falsi post e inventarsi storie false x diffamare, truffare con il furto di identita… etc… questo reato è penalmente grave… avvolte ci si limita alla causa civile, nei confronti dellEditore… Nel caso di furto didentita virtuale e falsificazione didentita etc… è penale… seguito da una lista di reati commessi allo stesso tempo, in maniera reiterata nel tempo… in Media dove la mia identita, anche attraverso nikname è conosciuta… e da qui… ci sono gli estremi x il reato di Stalking, oltre agli altri ggia citati… la cosa, non ho detto la rosa… ma la cosa, è pesante e prevede larresto… e domani andro dai carabinieri x una denuncia scritta… cchi vivra vedra… cchi finisce in galera… se fifi O fofo!! buonnannotte… stannotte… addomani!!
Faust
X Sylvi
Il mio per Anita non è sarcasmo, al massimo un po’ di ironia. Ansi le faccio quasi la spalla ai comici, gli fornisco lo spunto per esternare il suo patriottismo USA di marca repubblicana.
“.. resta il 60% non scelto, che viene suddiviso fra tutte le Chiese( non ricordo se sei o otto) resta perciò, al di là delle varie proporzioni, impossibile che alla C.C vada il 90%!
Per onorare la matematica!
Sempre e solo per onorare la matematica, (prima che finisca la riserva fosforica da cacciucco) ….. Se una prende 40 % e (per semplificare ) cinque prendono 1% = 45% il restante 55% viene suddiviso in proporzione e siccome 40 è 88,9 % di 45 alla C.C. oltre al 40 % va un ulteriore 48,9 % mentre a quelle del 1% va un ulteriore 1,2%.
Che lo preveda la legge è pacifico, ci mancherebbe!!, ma questo non toglie che il sistema, concepito da Craxi o chi per lui, è una “furbata” perché molti di quelli che non operano una scelta credono che il loro 8/1000 resti allo stato. Infatti da un po’ di tempo scelgo quello che, per me ateo, valuto il “meno peggio”, la chiesa valdese.
Antonio – – – antonio.zaimbri@tiscali.it
P.s. X Faust – se la foto che vuoi mandare ad Anita è una di quelle che ti ho inviato, dimmi quale è e la invio io.
Anita
Manda anche a me le foto di Riccardo, io ne invierò qualcuna dei miei nipoti.
I neonati sono bellissimi anche se raramente sono esteticamente belli, ai parenti ed amici che si sbilanciano nel trovare somiglianze dico sempre che assomigliano solo agli altri neonati.
Antonio – – – antonio.zaimbri@tiscali.it
x Faust
Uno dei peggiori siti sono Facebook e Myspace.
Figurati che sono venuta a sapere che mia nipote era fidanzata due mesi prima che me lo annunciasse.
Proprio da qualcuno che l’ha letto su Facebook.
Se ti ricordi Andrea di Montecarlo, quando chiese il mio indirizzo, feci una breve ricerca e trovai un mucchio di informazioni….niente di male, cosi’ mi fidai a corrispondere.
Ho perfino trovato, senza volere, piccoli segreti di mio marito, come contributi politici di sostanza usando il mio nome…….
Si’, l’internet e’ aperto al mondo intero.
Se riescono ad entrare nella e-mail personale, anche quella puo’ diventare dominio pubblico.
Per questo bisogna essere attivi con i sistemi di sicurezza ed anche con tutta l’attenzione ci possono essere hackers piu’ furbi.
Io odio che la maggioranza dei miei amici mi mandano e-mails con blocchi di indirizzi a non finire, alcuni possono essere spammers, viruses, e peggio.
Molte volte mando questo messaggio:
Please show your email savvy by respecting and protecting the privacy of all parties. When Forwarding, use “Bcc” and press “Send” only AFTER you have deleted all extraneous.
Mi chiedono cosa vuol dire eppoi continuano come prima…….
Una causa persa.
Anita
In Italia c’è libertà di stampa più che in qualunque altro Paese.
La manifestazione di sabato è una farsa assoluta.
Credo che questa anti italianità faccia davvero male al Paese.
Silvio Berlusconi,
Sky Tg24, 30 settembre
caro AZ,
Avrai pratica di Testimoni di Geova. Non perdono un contributo, manco morti!|
I Valdesi non sono quattro gatti…di solito hanno robuste dichiarazioni!!!e poi sono numerosissimi quelli come te e me che mettono la crocetta sulla loro casella!!!…
Quindi non è un 1% sicuramente!!!
La mia crocetta non è contro la C.C. ma per il pluralismo religioso;
conosco alcuni valdesi, ho grande rispetto per loro!
Ps:Ho mandato ad Anita anche la cicogna che mio figlio ha fatto per appendere fuori.
Appassionato di aerei, ha prima disegnato al computer e poi tagliato su compensato una specie di cicogna Barone rosso che arriva col fagotto!
Lo trovo molto carino e originale, fattelo mandare da Anita.
Io avrei bisogno d’aiuto.
Ciao Sylvi
..grazie Antonio, la foto è quella dove ci sono io a torso nudo in jeans e affianco Maurizio il pescatore di Vada ed un vecchietto venuto da Milano… ecco, quella e Solo quella… mi raccomando non sbagliare e gli mandi la foto dove siamo tutti nudi circondati da sirene con pinne ed occhiali…
Faust
Una semplice ricetta venessiana per la cara Sjlvi, visto che ha apprezzato quella della Emma.
Cara Sjlvi questa pietanza a Venezia la mangiano tutti, miscredenti, credenti, comunisti, democristiani, i foresti i deventa matti, si mangia sempre accompagnata da fette de poenta xaea e un bon goto de vin.
Figà àea venessiana (fegato alla veneziana)
Ingredienti per 4 persone:
500 di fegato di vitello
2 grosse cipolle bianche
30 g di burro
mezzo bicchiere d’olio d’oliva
sale, pepe
Tagliare il fegato a fette sottili dopo averlo privato della pellicina che lo ricopre. Tagliare la cipolla ad anelli sottili.
In una padella scaldare l’olio e il burro, aggiungere la cipolla senza che frigga a pentola coperta e a fuoco basso mescolando di tanto in tanto.
Dopo una quindicina di minuti chiudere il fuoco e lasciar riposare un pò. Aggiungere il fegato e riaccendere il fuoco questa volta alzando la fiamma e cuocere per 4, 5 minuti. Spegnere e salate.
Volendo si può aggiungere a fine cottura del vino bianco secco o brodo o latte e un pò di prezzemolo. Accompagnare con polenta.
Vi leggo sempre, vorrei partecipare ma ho poco tempo.
un saeudo àea Sjlvi e a tuti quanti del blog.
xe vedemo
La volta scorsa da Santoro c’era l’Antonella Nonino quella della grappa!
La grappa non è facile da vendere come il caffè; oltrettutto si portava dietro una nomea da alcolizzati (furlani e veneti soprattutto) che faceva storcere il naso ai raffinati ” tu vuò fa l’americano…”consumatori di wihskey e burbon o di cognac ed armagnac!
I Nonino hanno recuperato i vitigni storici del Friuli, hanno distillato monovitigni con uno studio attento delle varie fasi, hanno istituito un premio ” il risit d’aur” a livello più alto della cultura mondiale.
Hanno fatto una politica dell’eccellenza!
E’ un’azienda con 40 addetti fissi, alcuni stagionali, tutti rigorosamente tutelati.
Mai rogne sindacali, i sindacati servono per i rinnovi dei contratti!!!
Come diceva l’Antonella, non vogliono sovvenzioni a fondo perduto, vorrebbero uno Stato che legifera, una burocrazia che funziona e magari… un sindacato che tutela il lavoro sicuro e ben fatto…anche per poter poi più agevolmente “mungere” l’odiato padrone…
In Italia ci sono ovunque possibilità di raggiungere questi traguardi e una varietà impressionante di “eccellenze”…e sicuramente molte intelligenze imprenditoriali e creative…
Non sono valorizzate, , sono là misconosciute, perchè …perchè non c’è una forza riformista che pungola lo Stato, perchè governano miopi che non vedono il domani, perchè…gli imprenditori disonesti non vengono puniti e quelli onesti premiati!!!
caro CC, hai ragione, sono monotona…ma sai i vecchietti…
dicono quella e sempre quella!!!!
buonagiornata
Sylvi
Copia in bronzo di Berlusconi: il Consiglio di Stato dice sì
Vi piacerebbe il Berlusconi in copia?
Potrà essere riprodotto: secondo il Consiglio di Stato duplicato (non clonato, il termine è improprio) verrà protetto nel malaugurato caso succeda qualcosa di devastante all’uomo della moderna Italia, diventato l’emblema della bellezza maschile ideale per il genere femminile alla escort ford.
Lo «tutela». Lo ha stabilito una sentenza del Consiglio del 30 luglio scorso dopo che il Tar della Brianza nel 2003 aveva bocciato l’idea della copia.
Il Berlusconi in bronzo, ve lo ricordiamo, lo voleva Berlusconi Silvio per il G8 alla Maddalena fintanto che non arrivò il terremoto abruzzese e la sede del gran consesso fu trasferita a L’Aquila.
caro el venessian,
questo piatto non manca mai nella mia tavola, quando trovo un buon fegato di vitello nostrano!
Mia nonna per cuocere la cipolla metteva la padella di ferro nell’angolo del fogoler, adasin adasieto…
Vino, sempre vino, alla fine, e polentina morbida tipo purè di mais, cotta a lungo fino a quando il profumo si sparge in tutta la casa.
Pussa via la polenta pronta!!!
buon lavoro, caro el me venessian.
sylvi
Mia cara Silvy,
ma non avevamo il minimo dubbio che lei fosse totalmente allineata con il più fiero integralismo cattolico, ci mancherebbe altro!….. Come sempre però faccio fatica a vedere in lei anche la più piccola parvenza di una cultura e di una sensibilità di sinistra, ma questo è un vecchio tema.
Vede cara, lo stato chiede l’esposizione della foto del Presidente della Repubblica (cosa che io trovo per altro ridondante) in quanto simbolo di tutto il Paese. Un simbolo religioso invece NON PUO’ essere il simbolo di tutto il paese, perché nel paese ci sono anche quelli come me che non hanno alcuna religione e che avendo, purtuttavia, pagato le tasse non sono cittadini di serie B.
Ora, per quale ragione lo stato, che è di tutti e quindi anche mio, espone dei simboli religiosi che io aborro e che sono un’espressione di parte e quindi la negazione del mio diritto di avere uno stato che sia uguale per tutti i suoi componenti, siano essi religiosi oppure no?
Il problema è questo, mia cara.
Quanto alle sue leggi (del kaiser), che per altro conosco benissimo, le ricordo che i crucchi hanno legalmente dato al Follefuehrer un potere assoluto. Costui, legalmente, ha pensato di togliere dalla circolazione un po’ di ebrei (ed anche di rom, omosessuali, portatori di handicap e matti, cosa che per lei avrebbe potuto rappresentare un qualche rischio …..). Tutto legalmente….. secondo le leggi….. Presumo che questo plachi la sua coscienza, ma non molto la mia. Capisce perché io e lei siamo schierati proprio sui due lati opposti della barricata? ….. Io sto con i diritti dei cittadini e lei invece sta con i diritti dello stato, anche quello di Auschwitz. Complimenti!….
Il resto della risposta lo manderò a Peter, più tardi.
Un caro saluto Uroburo
PS. La mostarda la può mangiare anche dopo una settimana. Ma la conservi al buio e magari anche in frigo, se possibile.
caro alex,
solo ora trovo il tempo di risponderti .
Chiedo scusa per la dimenticanza..in effetti I Sindacati hanno le loro colpe per i fatti della fabbrica avvelenatrice.
Sai viviamo in un mondo strano, direi capovolto.
Ne fanno fede i 47 suicidi in France Telecom per via della ristrutturazione.
Gente perdente, che si è fatta vincere dalla depressione.
Secondo me la depressione la si dovrebbe far venire ai Manager, che ristrutturano, pieni “coca”.
Razza strana , il genere umano individualista.
Sai oggi siamo di fronte alla solita solfa, ci sarà ripresa senza occupazione, legge divina ,che garantisce sempre che in tempi di “vacche magre” a prenderla in quel posto siano sempre i soliti.
Ci sono tantissimi fedeli a gratis della nuova religione.
AH a proposito di religioni e simboli…che fede meschina e debole, quella che “si attacca” a delle vili leggi terrene per appendere IDOLA a tutte le pareti..!!
ciao
cc
Caro Peter,
in effetti il fatto di pagare le tasse non c’entra con i crocifissi, almeno di per sé. Solo che chi paga le tasse dovrebbe essere un cittadino di pieno diritto, e quindi dovrebbe poter vivere – almeno nelle sedi delle istituzioni statali, cioè pubbliche, quindi di tutti, pertanto anche sue – senza essere ammorbato da simboli detestabili in quanto rimembranti di un passato vergognoso per l’intera storia dell’umanità. Quello nel quale si poteva essere condannati a morte, nei modi più orrendi, non già per reati commessi ma solo per avere idee differenti da quelle di una Chiesa che si è sempre proposta come rappresentante (nota bene: non portavoce, ma rappresentante; il Pope infatti è il rappresentante di Dio sulla terra) di un Dio che si è sempre presentato come un Dio d’amore.
Che il Dio di Gesù Cristo, sulla cui esistenza storica è legittimo avere moltissimi dubbi, potesse essere un Dio d’amore potrebbe anche essere vero. Ma cosa c’entri mai il Dio di Gesù Cristo con il sadico psicopatico della Bibbia degli Ebrei non l’ho mai capito. Purtuttavia anche la Bibbia (degli ebrei) fa parte dei testi cristiani (e non solo cattolici) con tutto quel che si porta dentro a cominciare dalle stragi genocide messe in atto dagli antichi israeliti (proprio come i moderni, per altro) su ordine proprio di quel Dio, successivamente diventato un Dio d’amore. Come il tempo cambia le persone!!!!
La sto prendendo un po’ larga per dire che io non mi riconosco affatto nel simbolo del cristianesimo che mi sembra un simbolo di barbarie. Ma la sostanza è quella che ho esposto sopra: che diritto hanno gli altri, fossero anche tutti tranne me, di impormi in un luogo di tutti (sottolineo: DI TUTTI) come un’istituzione statale, che quindi è anche mia, simboli che urtano la mia coscienza?
Il confronto con il pagamento delle scuole private è un altro dei giochi delle tre carte della pregevole Silvy (oppure l’ennesima dimostrazione di una logica assai personale). Lo stato mette a disposizione delle scuole pubbliche, come anche una polizia, degli ospedali, dei tribunali. Se poi due o più cittadini vogliono una scuola privata, una clinica privata, una polizia privata, un legale
che faccia da arbitro privato in una contesa tra privati, ebbene costoro si paghino le loro scelte. Chiedere che debba essere la collettività a pagare queste scelte individuali è solo una truffa intellettuale.
Lo stato ha da essere di tutti, nessuno escluso, e quindi non può avere ideologie di parte che non siano quelle di leggi uguali per tutti. Lo stato non può imporre a NESSUNO dei suoi membri (neanche ad uno solo) simboli, credi, opinioni, o punti di vista di nessun genere. Lo stato deve essere neutrale e laico, deve limitarsi a creare leggi uguali ugualmente per tutti e deve rispettare il credo di ognuno, senza imporre nulla. Non condividere questi punti di vista, patrimonio di tutti gli stati civili (il che esclude automaticamente tutti i paesi cattolici e l’Usaegetta) significa avere una cultura medievale. Giustappunto quella della pregevole Silvy, ovviamente rimasta ai tempi della Santa Inquisizione.
Quanto agli Usaegetta, quel paese ha abbracciato toto corde l’integralismo cristiano di quello scemo di Giorgetto; Sarà mica un caso?…. Certo non tutti sono così e ci sono anche pregevolissimi movimenti di rispetto (autentico) per le minoranze. Ma la cultura istituzionale in quanto tale rimane rigidamente religiosa. Almeno secondo me.
Un caro saluto U.
Caro Alex,
lungi da me l’idea di non accettare i torti (numerosi e a volte anche stupidi) della sinistra i tutto il mondo.
Ma che i mali del genere umano possano dipendere principalmente dalla sinistra lo possono affermare solo gente come la Silvy ed il Pantegana (eventualmente con l’appoggio morale dell’Anita).
Tutti gli altri non hanno le fette di salame sugli occhi.
Un saluto U.
x Uroburo
Noto che il “pantegana” ha lasciato un ricordo indelebile nella sua mente.
Non possiamo essere tutti di sinistra, un bilancio ci vuole, allora chi terrebbe la sinistra in riga?
Tanto chi non e’ in sintonia con lei sono tutti di destra e con gli epiteti che seguono.
Ottobre si fa sentire, fa freddo, le puzzole sono attive, questa notte la mia casa era permeata dalla loro nota puzzetta.
Saluti, Anita
Cara Anita,
c’è destra e destra, almeno per quello che io mi ricordi, nel paleolitico esisteva una destra liberalconservatrice laica.
Nel paleolitico, o nei romanzi filosofici di buoni intenzionati e validissimi autori.
cc
caro Uroburo,
mi risulta molto difficile capire che tipo è!
Di tutti gli altri che scrivono sul blog mi sono fatta un’idea…
di lei no, perchè alla faccia della logica, sì logica, nelle varie definizioni date, lei dice tutto e il contrario di tutto, la volta e la rivolta , (altro che tre carte), come le fa più comodo,che sia nella storia, nella politica e nella economia …poi sguscia via bruscamente dando del matto, della gallina, e …chi più ne ha più ne mette all’universo mondo!
Non posso capirla, perchè lei è uno nessuno centomila, nel più perfetto individualismo che parla a se stesso, nell’intolleranza più assoluta del mondo che la circonda!
Io ho idee che difendo, disposta però a metterle in discussione , lei è un’anguilla che scivola e glissa …
Farina di polenta, sale e aceto, la ricetta di mia nonna per bloccare le anguille!!!
Peccato non abbia conosciuto il cosidetto Pantegana, se è tanto bistrattato da lei, deve essere persona notevole.
Se mi legge lo saluto con solidarietà e simpatia!!!!
x AZ Durante la cacciuccata avete ricordato i bloggers al suono del flauto, hai detto!!
Uroburo suonava il trombone???
mandi mandi Sylvi
X Uroburo
Gli USA sono una nazione Cristiana, non necessariamente Cattolica.
Cosa poi c’entri “Georgetto” con la religione non l’ho mai capito.
Anita
PS: Con l’avvento della forte immigrazione dal Sud America, la religione Cattolica e’ in crescita.
La percezione negli US e’ che l’Italia sia un paese bigotto, rimangono molto sorpresi quando io confermo il contrario.
x TUTTI
E’ IN RETE IL NUOVO ARGOMENTO.
BUONA LETTURA.
pino nicotri