Quanti errori, opportunismi e sporcizie nascoste sotto il tappeto dei nostri sei morti in Afganistan. Mentre il capo del governo e alcuni ministri svalutano il Risorgimento e attentano all’unità d’Italia. E la Fiat si rimette a piangere per avere i nostri soldi quando la faida tra Agnelli mostra egoismi e lucri privati colossali

Mi inchino anch’io di fronte alla morte dei nostri sei soldati in Afganistan, sperando che il tragico bilancio non aumenti. Mi inchino anche di fronte ai 20 civili uccisi anche loro nello stesso attentato, ma di cui nessuno o quasi parla, come se non ci riguardasse e non fossero stati uccisi solo perché casualmente vicini alla nostra pattuglia. Il cordoglio e il dolore non mi impediscono però di far rilevare alcune cose spiacevoli e sostenere di conseguenza che per esempio è un errore il rinvio della manifestazione per la libertà di stampa indetta dalla Federazione nazionale della stampa italiana, vale a dire dal sindacato di noi giornalisti.
Dopo avere spiegato perché il rinvio è un errore passerò a spiegare come in quanto a logica e decenza dei politici di governo lo Strapaese è ormai messo molto male.

La prima cosa da rilevare riguardo l’Afganistan è che i nostri militari muoiono a molte migliaia di chilometri da casa in una guerra persa in partenza. Non dico che tutti debbano avere studiato e conoscere la Storia, ma almeno i politici e gli alti comandi militari dovrebbero dare un’occhiata alle carte geografiche prima di imbarcarsi in imprese tanto altisonanti quanto sballate. Per “vincere” in Afganistan servono non meno di 2 o 3 milioni di soldati, seguiti però da qualche milione di occidentali che vi si trasferiscano per viverci. Ovvero: l’Afganistan o lo si colonizza con una tabula rasa, come sono state colonizzate le Americhe, o è meglio lasciarlo stare e darsi alla politica anche con quel Paese anziché condurvi avventure militari. La colonizzazione però è ormai un relitto della Storia, e in ogni caso l’Afganistan, che non è la val Padana aperta all’invasione longobarda o la Palestina chiusa in una morsa e abbandonata al suo destino dal mondo, in fatto di colonizzazione si è già a suo tempo rivelato un osso più duro dell’India, della Cina e del Vietnam. Che avevano di fronte non gli italiani dell’Italia berluscona, ma i francesi della Francia, gli inglesi dell’impero di Sua Maestà e infine i marine, così come gli afgani avevano di fronte non l’eserito di re Sciaboletta, ma gli inglesi prima e i sovietici dopo: tutti finiti nella polvere.La seconda cosa è che, come ha fatto rilevare senza mezzi termini Sergio Romano sul Corsera di mercoledì 16, il nostro Berluscao Meravigliao s’è impelagato nell’avventura afgana, come si era impelagato anche in quella irachena, solo per accattivarsi le simpatie di Bush e rilucere così di riflesso anche della luce della Casa Bianca. E’ intollerabile crepare e veder crepare per gli interessi personali e per l’egolatria di un primo ministro che, pur sorvolando su tutto il resto, criminalizza chiunque non si pieghi davanti a lui, arrivando a dare dei farabutti e dei delinquenti a buona parte dei giornalisti e degradando ulteriormente la nostra professione con il varo dell’ultrafeltrismo. Farabutti e delinquenti sono comunque epiteti che ci onorano detti da uno come Berluscao Meravigliao, il megaimprenditore mediatico che, inseguito da anni dalla giustizia, vi si sottrae facendosi confezionare anche leggi su misura da una parlamento che ha contribuito massicciamente a ridurre come è (mal)ridotto.

La terza cosa è che proprio con i taliban che uccidono anche i nostri militari sta trattando il signor Kharzai. Se lui tratta pur di restare in sella o “unire il Paese”, non c’è motivo perché i nostri continuino a rischiare la pelle e a volta anche a lasciarcela.

La quarta cosa è che anche Kharzai vince con i brogli elettorali, esattamente come noi diciamo che ha fatto in Iran Ahmadinejad. Morire per un tizio che è anche truffatore elettorale?

La quinta cosa è che se noi reagiamo come stiamo reagendo, giustamente, per la morte di sei italiani, temo che gli afgani abbiano motivo di incazzarsi ancora di più per i qusi 900 civili ammazzati per errore dalle bombe della Nato, della quale facciamo parte e con la quale siamo schierati militarmente in Afganistan. O forse siamo anche noi convinti che i nostri morti siano da piangere come eroi e quelli altrui come spazzatura?

Tutto ciò rende evidente che il ruolo della stampa, che purtroppo sulle tragedie politico-militari all’estero è prevalentemente disinformata o a senso unico, è ancor più prezioso ed essenziale, anche per evitare derive pericolose per la nostra democrazia, già messa in grave pericolo dalla svendita della laicità e della scuola pubblica della Repubblica italiana. E poiché il tramite d’unione di tutte queste magagne e di tutti questi pericoli è l’attuale signor primo ministro, c’è un motivo in più per manifestare come previsto sabato 21 anziché dare tregua e respiro a chi criminalizza la libera stampa e attenta agli interessi collettivi per salvaguardare i propri.
Chiaramente non è compito di un sindacato dare spallate a un governo, ma questa tregua concessa unilateralmente dalla Fnsi rischia di trasformare i nostri caduti in Afganistan in una insperata e cinica zattera di salvataggio per l’attuale inquilino di palazzo Chigi nonché padrone di palazzo Grazioli e annesso anfitrione di belle di giorno e di notte.

Poi però ci sono da aggiungere un paio di altre cose.
La prima è che abbiamo poco da lamentarci noi italiani del terrorismo altrui. Il terrorismo in epoca moderna lo abbiamo infatti teorizzato proprio noi, con il famoso ma ormai un po’ dimenticato convegno del maggio 1965 a Roma all’hotel Parco dei Principi sul tema “la guerra rivoluzionaria moderna”. Convegno durato più giorni, mi pare tre, realizzato anche con soldi della Fiat, della Montedison e dei nostri servizi segreti militari, al’epoca chiamati Sifar. Gli atti del convegno furono pubblicati da Volpe Editore, sede in via Michele Mercati a Roma, appartamento poi acquistato, assieme alla casa editrice e ai suoi archivi (fatti sparire, I presume) dall’industriale Ciarrapico, fasciatore dichiarato e amico di Andreotti.
Tra i relatori del convegno c’erano il giornalista Pino Rauti, uscito dal Movimento sociale italiano, cioè dall’Msi dal quale provengono anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa e Gianfranco Fini, e il giornalista Guido Giannettini, collaboratore dei servizi segreti militari con il nome di copertura “agente Zeta” e finito nell’inchiesta sulla strage del 12 dicembre 1969 in quanto cerniera tra i terroristi veneti che mettevano le bombe e i servizi segreti militari che li utilizzavano. Guarda caso, Giannettini una volta scarcerato è stato assunto proprio da Ciarrapico per i suoi giornali laziali.

Il succo del convegno era semplice e chiaro: poiché oggi le guerre classiche sono diventate impossibili a causa delle bombe atomiche ed H, bisogna ricorrere al terrorismo contro i civili in modo da condizionare e spingere le masse in altro modo: pur sempre con le bombe, ma piazzate intelligentemente in numero limitato da ignoti anziché essere sparate a migliaia o a milioni da eserciti regolari e in divisa. La via era stata indicata dai terroristi algerini del Fronte di Liberazione Nazionale nella guerra di liberazione dal colonialismo della Francia, con bombe piazzate in luoghi affollati da civili francesi. E prima ancora era stata tracciata dai terroristi sionisti, come le bande Stern, Irgun e Haganà, che in Palestina avevano fatto saltare a Gerusalemme l’hotel King David, sede del comando inglese e di molti uffici, mietendo 92 vittime anche tra i civili, e l’hotel Semiramis, massacrando una ventina di palestinesi.

Gli atti furono pubblicati da Volpe editore e la teoria venne messa in pratica dai terroristi fascisti, variamente legati a Ordine Nuovo e ad altri gruppi di estrema destra oltre che a gruppi di ufficiali militari golpisti, soprattutto nel 1969: dopo il crescendo delle bombe estive sui treni e in altri luoghi, si arriva alla bombe del 12 dicembre a Roma e a Milano, dove ci scappa una grande strage.

Certo, quella strategia del terrore era diretta contro il “pericolo rosso”, tant’è che veniva alimentata in segreto dallo Stato al punto che la strage di Milano è passata alla storia come la “strage di Stato”. Ma il mondo gira e anche gli arabi, i musulmani e gli afgani sanno leggere. Come i talebani sono cresciuti con i soldi e le armi Usa per essere usati contro l‘Unione sovietica, ma finendo col ribellarsi proprio contro gli americani e oggi ne paghgiamo le spese, così la strategia che noi italiani abbiamo teorizzato nel ’65 e messo in pratica nel ’69 contro “il pericolo rosso” è stata adottata dai palestinesi prima e ora anche dai talebani, che nel frattempo hanno aggiornato la strategia del terrore contro i civili con la nuova orrenda arma dei kamikaze.

E’ illusorio oltre che demenziale pretendere che i nostri nemici combattano secondo le regole stabilite da noi. Ed è anche disonesto. Non abbiamo infatti combattuto gli indigeni d’America, i neri d’Africa, gli aborigeni australiani, i contadini indiani, quelli cinesi e indocinesi con le lance, gli archi e le frecce, ma con armi da fuoco enormemente più potenti. E s’è salvato solo chi ha imparato a usarcele contro, colpo su colpo. Gli Stati Uniti non hanno combattuto i giapponesi con le armi usate anche dai giapponesi, ma gli hanno sganciato sulla testa, dei civili, due bombe atomiche. Noi italiani non abbiamo combattuto gli etiopi, i somali e i libici con le loro frecce e zagaglie, ma con la nuova arma chiamata aviazione. I tedeschi non hanno combattuto gli inglesi solo con fucili, cannoni e aerei come gli inglesi combattevano i tedeschi, ma anche con i missili inventati a bella posta per essere usati contro le città.
Conclusione: la cosa migliore è lasciare l’Afganistan agli afgani e trovare con loro un equo modus vivendi. Se non sono gli afgani e le afgane a ribellarsi ai talebani, non saremo certo noi a liberarli e a liberarle (dal burqa, per esempio, ammesso che se ne vogliano davvero liberare). E i soldi bruciati nelle avventure militari è meglio investirli nella nostra scuola e ricerca scientifica. Il modo migliore per tener testa al “nemico” è infatti avere una società avanzata e ben sviluppata, sempre più moderna e sempre un po’ davanti agli altri.

Passiamo ora alla seconda parte del discorso.
Solo nello Strapaese può accadere, come è accaduto e continua ad accadere, che il capo del governo consigli pubblicamente la lettura di un libro che stravolge la storia del Risorgimento italiano in modo antinazionale, che il ministro delle Riforme urli e minacci in pubblico la secessione di un terzo del territorio nazionale e che un ministro dell’Interno gli faccia pubblicamente eco reggendogli il bordone. Berlusconi ha proprio consigliato una tale lettura, pur di farsi perdonare dal Vaticano l’imperdonabile, che comunque non è affare che riguardi lo Stato estero vaticano.  Con l’aggravante di avere fatto e continuare a fare spallucce, il Berluscao Meravigliao, quando il capo dello Stato chiede rassicurazioni e chiarezza per le celebrazioni del 150enario dell’unità d’Italia.

Umberto Bossi benché ministro per le Riforme ha proprio giurato che “la Padania sarà libera con le buone o con le meno buone”, cioè con le cattive, magari con le famose migliaia di fucili acquartierati in “Padania” di cui straparlava anni fa.
E se non ho letto male i giornali,  Roberto Maroni benché ministro dell’Interno, cioè del ministero che i tipi come Bossi dovrebbe mettere in condizione di non nuocere, ha anche lui avvalorato le promesse/minaccia del senatùr.
Poiché tutti questi signori hanno giurato fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione nella mani del presidente della Repubblica si direbbe che siano incappati in qualcosa che se non somiglia all’alto tradimento ha comunque un aspetto non onesto e non ammissibile.

Bene ha fatto Gianfranco Fini a mettere Vittorio Feltri con le spalle al muro querelandolo. Però è da Strapaese che l’avvocato incaricato da Fini per sporgere denuncia sia lo stesso avvocato Giulia Bongiorno che siede in parlamento come presidente della commissione Giustizia. Ma dove siamo arrivati? Non approvavamo i doppi servizi dell’avvocato Taormina, non approviamo neppure quelli di Bongiorno.

E’ ormai drammaticamente chiaro che s’è persa la tramontana, oltre alla decenza non solo morta, ma ormai anche putrefatta nell’indecenza della recente puntata di Porta a porta dopo le indecenze varie che s’erano date appuntamento alla Perdonanza-Mignottanza per un italianissimo e vaticinassimo “Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce ‘o passato”.
La Perdonanza-Mignottanza servita a tavola di Berlusconi e del segretario di Stato del Vaticano Tarcisio Bertone è saltata a causa del farla fuori dal vaso di Feltri, ma a metterla comunque in scena sia pure in sedicesimo nell’Abruzzo dei terremotati è accorso il vescovo de L’Aquila, Giuseppe Molinari, che senza arrossire dalla vergogna ha accolto a braccia aperte il Chiavaliere d’Italia con queste parole: “Carissimo presidente, il Vangelo condanna coloro che chiacchierano e non fanno i fatti. Invece loda chi alle chiacchiere sostituisce cose concrete”.

Siamo anche al festival dell’insensatezza, ovviamente spacciata per etica, morale, ecc., con la svendita al solito Vaticano dei nostri diritti del “testamento biologico”: la legge che si vuole anche peggiorare NON consente infatti NESSUN diritto! Regala alla Chiesa il decidere al posto nostro che cavolo fare quando l’accanimento terapeutico diventa un fatto di puro sadismo. Se i papi vogliono soffrire come Cristo in croce sono liberi di farlo, come la Binetti col suo malsano cilicio. Però si diventa disonesti, cialtroni, invadenti e prepotenti, oltre che bari, quando il lusso dello “staccare la spina” viene concesso a un papa come Wojtyla e negato a tutti noi, cittadini della Repubblica italiana.

Abbiamo un governo da Strapaese, un governo inconcepibile in qualunque altro Stato occidentale, abbiamo cioè un governo da Strapaese e non da Paese civile. Un governo che ha tradito e continua a tradire l’Italia trasformandola nella sagrestia d’Europa, ruolo che avevano prima l’Italia fascista e la Spagna fascista, poi però solo la Spagna franchista.

Solo nello Strapaese può accadere che il ministro degli Esteri, al secolo Franco Frattini, si sbracci a dire che gli scandali che assediano Berlusconi sono “manovre di grandi potenze”, ma senza saperne fare i nomi. Ma allora perché non si dimette un ministro degli Esteri che vbede le grandi manovre estere contro il nostro primo ministro ma non sa fare i nomi degli Stati manovrieri? Dilettanti allo sbaraglio anche al vertice della Farnesina?

Solo nello Strapaese può accadere che il signor Berluscao Meravigliao con annessa corte di servi strapagati prenda per il sedere per anni e anni gli italiani con la favola della mancanza di influenza poltica delle televisioni sulla pubblica opinione e poi impunemente dimostrare che è vero invece l’esatto contrario blindando la puntata di Porta a Porta con l’abolizione della concorrenza sugli altri canali e sulle altre tv. Fermo restando il fatto che la presa per il sedere era già stata ammessa qualchew settimana prima dallo stesso Berluscao Meravigliao in Libia, dove in un’un intervista televisiva ha spiegato proprio l’importanza fondamentale della televisione nell’influire politicamente sulla pubblica opinione.

E solo nello Strapaese può accadere che una industria come la Fiat, dopo avere declamato la sua conquista dell’America con la Crysler e avere tentato anche la conquista della Germania con il boccone mancato della Opel, si metta per l’ennesima volta a piangere per chiedere ancora ricche regalie di soldi dello Stato. Cioè di noi contribuenti, che però non siamo diventati suoi azionisti nonostante che dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi abbiamo regalato alla Fiat una cifra pari a quasi metà dell’intero debito pubblico italiano!

Vergogna nella vergogna, solo nello Strapaese può accadere che si parli di regalare palate di quattrini alla Fiat proprio mentre la faida giudiziaria scoppiata nella famiglia Agnelli tra madre Marella e figlia Margherita mette a nudo, oltre a probabili gigantesche evasioni fiscali del patriarca Gianni Agnelli, anche una lotta tra egoismi personali di livello piuttosto miserabile e assegni vitalizi da oltre 700 mila euro al mese versati dalla figlia alla madre per non ho capito bene quale compensazione. Oltre 700 mila euro al mese! Mentre Marchionne, fino a ieri Napoleone su ruote negli Usa e quasi anche in Germania, si rimette a pietire nostri quattrini.

Ditemi voi se questo è un Paese serio.

282 commenti
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