S’è votato in Italia e in Europa, si sta per votare in Libano e in Iran. E a proposito del viaggio in Iran….

Si è votato in Italia, dove comunque la tanto strombazzata marea berluscona, vero e proprio “giudizio di Dio” in salsa postmoderna,  non c’è stata, anche se il tandem BB, detto anche BeBo o BerBos, ha trionfato in sede amministrativa locale. Si è votato in Europa, dove soffia un venticello di destra. Si è votato in Libano, dove è stato confermato il filo occidentale o forse più correttamente il laico non islamista Hariri. E si sta per votare in Iran, alle urne il 12 giugno. Speriamo che la vittoria di Hariri in Libano sia seguita dalla vittoria in Iran di Mousavi, riformista coraggioso e deciso, così da dare spazio reale in quella martoriata parte del pianeta al discorso molto interessante di Obama al Cairo.
Mir Hossein Mousavi, il principale concorrente di Mahmoud Ahmadinejad alla carica di decimo presidente della Repubblica Islamica d’Iran, è stato lontano dalla politica per 20 anni e s’è candidato nonostante si fosse candidato anche Khatami, presidente prima di Ahmadinejad con un grande programma di riforme sabotate dal clero, a partire dall’ayatollah Alì Khamenei, la Guida Suprema succeduta a Komeini. Sapendo di essere inviso a Khamenei, che ha il potere legale di cassare candidature e leggi approvate dal parlamento nonché lo stesso presidente della Repubblica, Khatami ha preferito ritirarsi e lasciare campo libero a Mousavi.

Chi è e perché suscita tante speranze? Architetto e pittore, presidente dell’Accademia dell’Arte iraniana, Mousavi è stato primo ministro, l’ultimo prima della abolizione della carica di premier, dal 1980 al 1989 sotto la presidenza di Khamenei, l’attuale Guida Suprema decisamente conservatore. I sondaggi non concedono troppo alla speranza di battere Ahmadinejad il prossimo 12 giugno, ma Mousavi ci crede caparbiamente e Khatami era al suo fianco al comizio ufficiale di apertura della campagna elettorale, organizzato nello stadio Azadi di Teheran: «Giovani iraniani, votate per lui!», è stato il forte appello di Khatami, e in effetti proprio i giovani, con in testa le donne, che danno l’impressione di una pentola a pressione che ormai non si può più gelare,   potrebbero essere la leva del cambiamento. E a proposito di giovani, Mousavi ha un grande sogno: porre fine all’emigrazione dei più promettenti. Nel comizio allo stadio, dopo avere attaccato Ahmadinejad e il suo governo affermando  che «il prestigio del nostro Paese non deriva da una persona sola, ma vi contribuiscono tutti gli iraniani, che però hanno contro l’attuale amministrazione, colpevole di minare questo grande prestigio», Mousavi ha proseguito acussando ancora: «Quando all’orizzonte non c’è speranza per lo sviluppo, la ricerca e la realizzazione della creatività, è naturale che i migliori studenti vengano attratti dalle proposte che li allontanano dal nostro meraviglioso Paese».Mousavi dirige il giornale Salame-ye Sabz, ma affronta Ahmadinejad con le armi spuntate dall’enorme sproporzione dei mezzi a disposizione, con le radio e le televisioni sfacciatamente megafoni governativi e con le decine di giornali chiusi d’autorità negli ultimi anni. Il social network Facebook, utilizzato dai sostenitori di Mousavi, è stato bloccato sino al giorno delle elezioni. Il candidato riformista ha però avuto una idea geniale: in un Paese a grande maggioranza femminile e con il 70 per cento della popolazione sotto i 30 anni di età, ha fatto scendere in campo una donna, cosa mai vista e impensabile in un Paese musulmano che per giunta ci tiene a definirsi tale fin dal nome della propria Repubblica. La donna in questione è Zahra Rahnavard, nota scultrice, ex rettore di Università nonché moglie di Mousavi e madre dei loro tre figli. Zahra è sempre presente ai comizi del marito ed è diventata sempre più la protagonista della sua campagna elettorale, proprio come e anzi più di una aspirante first lady americana: galvanizza le folle, specie le giovani, che fanno un tifo da stadio e impazziscono per lei.

La novità, vera e propria forte sfida in un Paese musulmano, funziona e ormai Mousavi presenta agli iraniani Zahra come la loro potenziale first lady dandole anche ruoli e visibilità crescente nella corsa presidenziale. E lei non si sottrae: facendo sicuramente schiumare di rabbia il clero “duro e puro” e la destra, Zahra mena fendenti contro l’era di Ahmadinejad, per chiuderla e aprire invece “una nuova era in cui la libertà di parola, scrittura e pensiero non vengano più oscurate”. Lui promette “un Iran progressista con leggi, giustizia e libertà!”. Lei pretende  che “la fine delle discriminazioni contro le donne non resti una semplice speranza” e senza nessuna timidezza promette a gran voce un’epoca “senza più prigionieri politici e senza più studenti in prigione”, il che quindi significa ammettere che i prigionieri politici e gli studenti in galera ci sono, cosa pessima e disdoro per il governo. Come se fosse una campagna elettorale in un Paese occidentale, i coniugi Mousavi si lasciano fotografare mano nella mano. E per galvanizzare i giovani, specie la “pentola a pressione” delle giovani, lui sorride compiaciuto e complice quando lei osa fare intravedere sotto il velo islamico obbligatorio il foulard firmato e incita le masse giovanili a scatenarsi nel ballo come i loro coetanei nel resto del mondo. Un incoraggiamento chiaramente alla faccia dei divieti governativi.

Mousavi è un nuclearista convinto, nel senso di uso pacifico e controllabile dell’atomo, vuole una economia più rispettosa dell’etica e meno da assalto, è deciso a stimolare il settore privato più di quanto lo sia oggi, e ha ben chiaro che per rimettere bene in moto un Iran ancora abbastanza allo sbando anche per il dopo guerra con l’Iraq, per la repressione e per gli scontri politici imposti dal clero “duro e puro”, deve ricostruire le relazioni con il resto del mondo, Usa e Israele compresi.  Per far presa sui giovani – ricordiamo che il 70% della popolazione ha meno di 30 anni di età – può permettersi una campagna elettorale fino a ieri impensabile e qualche licenza perché ha alle spalle una storia solida, ben presente anche ai non più giovani: stimato da Khomeini, negli anni tremendi della guerra scatenata dall’Iraq, e sostenuta dagli Usa e dall’Europa, l’attuale candidato riformista alla presidenza della Repubblica è stato il primo ministro di un governo che riuscì a evitare il tracollo dell’economia e l’ecatombe da fame per i molti poveri dell’epoca. Nel ventennio in cui ha preferito stare fuori dall’arena politica, Mussavi ha progettato – tra l’altro – la bellissima cupola “Imam Khomeini” ammirata nel santuario di Qom, l’Università dei Martiri di Teheran e il cimitero di Isfahan. Il personaggio quindi è ben radicato e niente affatto improvvisato o estemporaneo, alla modernità esibita provocatoriamente dalla consorte unisce un curriculum di fronte al quale anche un conservatore deve inchinarsi.

La grave crisi economica e finanziaria in atto, ben lungi dall’essere conclusa, può spingere il mondo verso la catastrofe, secondo lo schema classico sempre usato dagli Stati per uscire dalle crisi versando il sangue dei deboli per mantenere il potere dei forti, o può spingerlo a più miti e saggi consigli: a volte è nei momenti più bui che si esprimono le energie migliori e più lungimiranti, e il discorso di Obama pare la conferma di questa speranza. Vedremo.
Intanto, a proposito di Iran, riprendo – e concludo – il filo del discorso sul viaggio cui ho partecipato, viaggio organizzato dal Gruppo cronisti lombardi e che vorrei ripetere magari per conto mio e su un percorso più lungo scelto da me. Chiaro come il sole che la prossima eventuale volta voglio vedere Shush, vale a dire l’antica Susa capitale di quell’Elam che con la vicina Uruk mesopotamica ha dato vita alla scrittura…..

Dopo la giornata di stordimento negli affascinati musei della piuttosto brutta e disadorna Teheran, i cui hotel accolgono gli stranieri con un gentile invito alle turiste di indossare anche loro il tipico velo locale  che copre la capigliatura e il collo, eccoci in volo per la più meridionale Shiraz, parola che significa “Città dei misteri”. Quali misteri? Quelli dei suoi giardini, come per esempio il Giardino di Eram, quelli del suo clima mite, che stimola sogni, speranze, progetti e desideri, quelli delle sue moschee, come la moschea Atiq e il mausoleo sciita, i misteri dei suoi poeti, con i grandi Sa’adi e Hafez, “l’Usignolo di Shiraz”, del quale non manca mai almeno un libro di poesie in tutte le case iraniane così come non vi manca una copia del corano. I mausolei dei due poeti sono una incessante meta di visitatori, che amano sostare nei giardini e passeggiare lungo i loro viali. Sul cancello di accesso alla tomba di Sa’adi si leggono questi versi: “La tomba di Sa’di di Shiraz emanerà amore anche migliaia di anni dopo la sua morte”. Bello, vero? Bello e umano.
E i misteri delle donne di Shiraz, che dicono siano le più aperte, curiose, allegre e disponibili dell’Iran. Ovviamente l’aggettivo “disponibili” ci solletica la curiosità, ma nessuno si sogna di mettersi in caccia per assodare di che tipo di disponibilità si tratti, anche se è sorprendente come le ragazze sorridano a noi turisti e, specie le studentesse, a volte ci fermano a frotte per parlare e farsi fotografare. Non c’è ombra di Guardiani della Morale pronti a intervenire a frustate e le ragazze sono tutte molto sorridenti anche con i non turisti. Forse è per questo che qualche iraniano che viene a Shiraz per lavoro ci dice che non appena vi mette piede il telefono da casa comincia a squillare più spesso del solito: “E’ mia moglie che sta in campana…”.
La prima sveglia a Shiraz è però non per andare a zonzo per i “misteri” della città, ma per partire di buon’ora per Persepolis, distante poco più di 50 chilometri, percorrendo un tratto di autostrada dove nessuno si sogna di superare i limiti di velocità. Il motivo è semplice: chi viene beccato in fallo si ritrova con l’auto sequestrata per una settimana e gli autisti di camion e pullman, compreso il nostro guidato dall’ottimo e imperturbabile Magid, ogni tot chilometri devono fermarsi e andare a mostrare a un apposito ufficio della polizia – stradale, credo – lo strumento che registra la velocità durante tutto il viaggio. Chi sgarra paga pegno pesante, perciò è raro che qualcuno faccia il furbo.
A Persepolis il sole e il caldo sono grandi, ma il fascino e la malia del luogo sono ancora più grandi: immensi. Le rovine sono imponenti e parlano di una storia eternamente presente. Questa era la capitale primaverile dell’impero della dinastia di Ciro il Grande, che per ogni stagione aveva una capitale, da quella invernale a Susa a quella estiva a Ectabana, oggi Hamadan, e, se ho ben capito, all’autunnale Pasargade, altra grande e bellissima città ridotta a poche vestigia, meno di quelle di Persepolis ma con la semplice e disadorna tomba di Ciro che suscita grande emozione soprattutto se ci si ricorda la scritta citata da Erodoto che suonava più o meno così: “Io sono il grande Ciro, ho fatto grande l’impero e tante altre cose. Ma ora sono polvere e tu, viandante, non invidiarmi”. A Persepolis lo straniamento si rifà acuto, la “sindrome fiorentina” al confronto è nulla: mi accorgo anche qui che poco è cambiato in oltre 25 secoli…. La primavera veniva festeggiata il 21 marzo ed era simboleggiata dal bassorilievo, ripetuto più volte, di un leone che azzanna un toro facendolo stramazzare: ancora oggi il Leone è il segno della bella stagione (non a caso ci sono nato io…) e il Toro di quella meno dolce. Non solo erano già nate l’astronomia, la suddivisione dell’anno in 12 mesi e 365 giorni, periodicamente corretti con festività di fine anno, ma già erano stati individuati sette pianeti e, dal rumore di ogni singolo moto delle sette sfere celesti in cui si credeva che i pianeti fossero incardinati, erano nate le  corrispondenti sette note musicali…. Meraviglioso, vero? E come allora non si poteva vivere senza miti, e anzi senza la protezione celeste dei miti con lo Zodiaco, così oggi non sappiamo vivere – di fatto – senza fare riferimento stagionale e “oroscopale” ai segni zodiacali nel cielo sopra le nostre teste. Sì, non è cambiato poi molto, delle cose sostanziali. E farne l’elenco sarebbe lungo. Però ci sarebbe utile per un maggiore realismo e una maggiore modestia.
I bassorilievi e le sculture di Persepolis turbano quasi quanto quelle egizie. I persiani e gli egizi hanno lavorato e scolpito la pietra, i marmi, le rocce, in modo che nessun altro popolo ha mai più eguagliato: se Dio ha creato l’uomo modellandolo con la creta, quei nostri lontani antenati pare lo abbiano creato estraendolo dal marmo e dalle rocce, plasmate a misura d’uomo si direbbe fin nei sospiri, oltre che nei sorrisi più reconditi, nel mistero delle espressioni dei volti e, incredibile a dirsi, nello splendore degli sguardi, nella luce degli occhi. La processione dei dignitari dei 23 popoli tributari di Ciro scolpiti nel marmo pare siano in eterno movimento, da oltre 25 secoli, e mi aspetto che da un momento all’altro ci vengano incontro… Sono sgomento. Trattengo a fatica la commozione. Smetto di fare foto e mi allontano in silenzio dal gruppo. Ho bisogno di silenzio. Anche per meglio capire il senso di ciò che vedo e in qualche modo sento.
Sapere che da qui oltre a Ciro il Grande ed altri dei personaggi epici di cui abbiamo letto a scuola è passato anche Alessandro Magno, che anzi vi è fermato fino a incendiare
in una notte forse di bagordi estremi le meraviglie racchiuse in un’area di 400 metri per ogni lato, crea una certa tensione. A Roma ho visto di tutto, ma in nessun punto c’è la presenza certa e precisa di un Giulio Cesare o di un Augusto, di Mario o di Silla o di Pompeo. La Storia qui a Persepolis si fa presenza non solo di miti e storia, ma anche di uomini e della loro aura.
A Noqsh E Rostam le gigantesche scultura nella roccia attorno alle tombe dei vari Artaserse, Serse I, Dario I e Dario II raccontano anche di come i romani abbiano tentato per secoli di impadronirsi di queste terre di raccordo con il misterioso Oriente, vale a dire l’India e la Cina, che tramite la Via della Seta ha nutrito l’Occidente di ogni ben di Dio e di molti saperi. Si vede l’imperatore romano Valeriano disastrosamente sconfitto e fatto schiavo a Edessa da re Shapur. In questa parte strategica del mondo sono sempre finiti male i sogni perseguiti invano da Crasso, che ci rimise le immense sue ricchezze e la vita in battaglia, da Cesare, da Antonio, da Traiano, dai Severi tutti e da Giuliano. E quando l’imperatore romano Eraclio tra il 614 e il 630 riuscì a ridurre allo stremo la Persia di re Khusraw II e di suo figlio, che accettò una pace umiliante, ecco che nel 622 in Arabia fugge dalla Mecca a Medina uno sconosciuto, tale Maometto, fatto di cui né l’Imperatore di  Costantinopoli né il Re dei Re di Ctesifonte si accorsero, né più e né meno come nessuno si era accorto secoli prima della crocifissione sul Golgota di un pover’uomo, tale Gesù, ai tempi di Tiberio. Ma proprio quando Eraclio pareva fosse riuscito laddove erano falliti da Crasso a Giuliano, ecco che i seguaci dello sconosciuto fuggito nel 622 creano in una quindicina d’anni un impero già enorme inghiottendo la tanto desiderata Persia dei Re dei Re, la Siria e la Palestina. Per poi nel 642 prendersi anche l’Egitto e dilagare nel 732, poco più di un secolo dopo la fuga di Maometto, in Asia centrale fino al Tetto del Mondo…. Addio dunque al sogno di conquistare lo snodo sulla Via della Seta, snodo talmente decisivo per il peso dei commerci con l’Oriente da avere contribuito in modo essenziale a far decidere a Costantino di spodestare Roma e sostituirla con Bisanzio creata dal nulla. E il dilagare dell’Islam anche qui, in Iran. troncando i traffici secolari tra il Mediterraneo romano e l’Oriente, vale a dire India e Cina, spingerà un certo Cristoforo Colombo a tentare di raggiungere le Indie navigando verso Ovest invece che andando a piedi, a cavallo e su cammello in carovane verso Est. Il resto della storia e le sue conseguenze sono note…

Ho ancora nella testa queste “bazzecole” quando tornati a Shiraz mi ritrovo alle porte del bazar nel Mausoleo Shah-e Cheragh, dove giace la salma del fratello dell’ottavo Imam, che giunse a Shiraz nell’VIII secolo. Entriamo e restiamo abbagliati e senza parole: i muri e le cupole sono rivestiti di un unico enorme mosaico di tessere fatte tutte di specchi, e il loro scintillio rilancia all’infinito giochi di luce incredibili. Sembra un susseguirsi di flash e di essere risucchiati in un giacimento di gemme: il bagliore è ovunque. La dimensione clamorosa di tanta inaspettata bellezza impedisce perfino la possibilità di concentrasi e meditare, c’è troppo stimolo alla meraviglia, anzi alla “maraviglia”. Forse l’unica è inginocchiarci anche noi, come fa qualcuno, e pregare.

Ho perso il conto delle moschee che abbiamo visitato, una più meravigliosa dell’altra. Esfahan, detta anche “la metà del mondo” per la sua bellezza, è perfino eccessiva nell’allineare nella sua grande piazza Imam – lunga oltre 500 metri, con una grande fontana e un  enorme prato meta a tutte le ore di pic nic di intere famiglie –  meraviglie assolute come la Moschea dell’Imam, la Moschea dello sceicco Loftollah, il Palazzo di Ali Qapu e il Palazzo Chehel Sotun. Più, tanto per stordirsi come con i fumi di oppio, l’interminabile bazar circostante la piazza, bazar che per due lati corre su due porticati paralleli e quindi in totale non è lungo meno di un paio di chilometri di botteghe e vetrine. Insomma, un’orgia visiva e olfattiva, che può diventare anche un’orgia di shopping ricordo e di cibi e dolci dai sapori più massicci. Ecco, l’impressione è di ingozzarsi in continuazione gli occhi, il cuore e la mente di dolci poderosi come i cannoli e le cassate siciliane con contorno di babà e pastiere napoletane. Solo che di cassate e cannoli non se ne possono mangiare più di due o tre di fila metre qui invece l’ingozzamento è continuo, così come non si può fumare hascish od oppio, credo, per giorni e giorni di seguito. Non ricordo nemmeno più la località dove siamo entrati in una moschea rivestita all’interno di un infinito mosaico di specchi, abbacinanti ancor più che il Mausoleo Shah-e Cheragh. Per l’esplosione di luci una delle due moschee è chiamata “del Re delle Lampade”, ma non ricordo più quale… E’ come stare durante il giorno sotto una cascata di stelle: qualcosa di sbalorditivo, eccessivo. Mi ha colpito la gente che se ne stava beata a frotte nel verde del cortile sotto il cielo, seduta o sdraiata sui tappeti stesi sull’erba. Tappeti persiani, ovviamente.
Le moschee colpiscono per la loro enorme differenza rispetto sia le sinagoghe ebraiche che rispetto le chiese cattoliche. Il tempio ebraico è sempre severo, spoglio, supremo nella sua essenzialità, un vuoto che vibra di pienezza misteriosa, densa e asciutta. Le chiese cattoliche sono scrigni di capolavori d’arte, ma il loro leit motiv è la sofferenza, la via crucis, la crocifissione, la corona di spine, il martirio sanguinolento di santi e sante, il pianto continuo della Madonna anche quando sorride, e chissà poi perché la fanno sorridere, il costato squarciato di Cristo o quello trafitto da mille frecce e mille ferite sanguinanti di S. Sebastiano…. Ormai faccio fatica a entrare in una chiesa: troppo sangue. Troppo dolore. Adoro solo le chiese romaniche, semplici, rassicuranti, materne, orizzontali, accettanti, e diffido di quelle gotiche fin dall’esterno: troppa tensione verso il cielo, troppo distacco dal terreno, troppa opposizione al romanico. Le moschee sono invece sempre un tripudio di intarsi, smalti, maioliche, non possono esserci immagini sacre ma in compenso c’è un delirio di segni, incastri, motivi grafici, e non esiste una spazio vuoto che non sia miniato, dipinto, variamente colorato, mosaicizzato, piastrellato con le forme più diverse, intarsiato con cura maniacale, millimetrica. Una epifania non solo per gli occhi. Uno sfrenarsi delle sensazioni. Una libidine estetica – ed interiore – continua. Otto e più millenni di Storia non sono uno scherzo. Sedimentano di tutto, non lasciano nessun vuoto neppure nelle steppe dei deserti. Dove infatti ci si imbatte nelle Torri del Silenzio dei zoroastrani o ancora in qualche Torre del Ghiaccio, costruzioni geniali a cono alto e a gradoni per conservare anche d’estate il ghiaccio che d’inverno si forma nella conca alla base interna del cono. Mi viene in mente che i Re dei Re persiani avevano anche il ministro addetto al gelato! Così ho appurato nei primi anni ’80 nel corso di una inchiesta sul boom dei gelati in Italia, nella quale ha voluto dire la sua anche Giulio Andreotti, che di sera a casa cenava mangiando solo il gelato preparato dalla moglie Livia con l’apposito piccolo elettrodomestico.

Non m’è però sfuggito che mentre le moschee sunnite hanno un solo minareto, quelle sciite ne hanno due. Ufficialmente dicono sia perché il minareto sunnita con il suo unico minareto indica verso il cielo che vi è un solo Dio, mentre invece i due minareti tipici delle moschee sciite indicano sì che Dio è uno solo, ma anche che va pregato dagli esseri umani elevando le due braccia al cielo. Mah. Io ho il sospetto che in realtà lo sciismo, che è il tipo di islam presente in Iran, sia in realtà la risposta “nazionalista” al sunnismo, che è la forma dell’islam arabo, cioè degli arabi che hanno sì portato “la benedizione del Corano” anche in Iran, ma da conquistatori. Per giunta, da conquistatori non sempre sensibili al fatto che loro erano gli ultimi arrivati, quasi dei parvenù della Storia, mentre i persiani, cioè gli iraniani – che NON sono arabi, cioè semiti, bensì ariani (donde il nome Iran) – avevano già vari millenni alle spalle. Insomma, come “Grecia capta ferum vincitorem cepit”, riferendosi a Roma, così più o meno “Persia capta ferum vincitorem cepit”, riferendosi agli arabi. Insomma, gli iraniani hanno recuperato il loro ancestrale dualismo, il bene e il male rappresentati dalle due ali del grande uccello zoroastriano, e lo hanno inserito sotto forma di elementi dello sciismo nella nuova religione imposta dai vincitori. Un modo per meglio preservare la propria identità: aderisco, ma mi distinguo.

Beh, mi sono dilungato. Tanto per cambiare. Vorrà dire che l’ultima puntata del viaggio in Iran, nella “città santa” di Qom e nella scuola teologica intitolata a Khomeini, con annesso dibattito-confronto con un religioso che “studia da ayatollah”, è ancora una volta rimandata. Alla prossima. Spero.

310 commenti
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  1. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Peter

    Più che enfasi era speranza che le cose cambiassero. In meglio. Spegnendo anche i focolai di tensione che possono sfociare in un’altra guerra, che prima o poi potrebbe travolgere anche noi oltre agli israeliani e ai palestinesi.

    Riguardo il putto e le censure di Pio IX, il lato comico è che oltre a papi (plurale….) con vari figli e amanti c’è stato anche un papi, pardòn un papa morto di infarto mentre si sollazzava ingordamente con un paggio. Del quale non mi pare sia specificata l’età, se cioè era un ragazzino. Magari uno di quelli che la Chiesa amava castrare per godere (anche) delle loro voci “bianche” nei cori. Cori ovviamente sacri….
    I sepolcri imbiancati non finiscono mai. E i cleri si somigliano tutti, specie quelli monoteisti
    Un saluto.
    pino

  2. E la destra israeliana ovviamente soffia sul fuoco. Puntando come al solito alla guerra, da imporre perfino allo zio Sam
    E la destra israeliana ovviamente soffia sul fuoco. Puntando come al solito alla guerra, da imporre perfino allo zio Sam says:

    Altro Paese particolarmente attento all’esito delle elezioni nella Repubblica islamica era ovviamente Israele. La posizione del governo Netanyahu è stata riassunta efficacemente dal vicepremier Silvan Shalom, uomo della destra moderata in seno al Likud: il risultato “sta esplodendo in faccia a chi pensava che l’Iran fosse pronto al dialogo con il mondo libero”. Parole irrituali e insolitamente velenose verso l’alleato americano se si considera che a evocare il dialogo, in questi mesi, è stata proprio la nuova amministrazione di Washington. A questo punto, ha aggiunto Shalom, “gli Stati Uniti e il mondo dovrebbero riesaminare la loro politica verso l’Iran e i suoi programmi nucleari”.

  3. Controcorrente
    Controcorrente says:

    cara Anita,

    sarà che come dici tu,il NYT non lo legge più nessuno negli States, ma personalmente mi è molto piaciuto il termine che ha coniato per L’Ittaly : “Berlusconistan.”
    A dimenticavo, Anita ,il presidente del Berlusconistan in questi giorni sembra , passi a prendere un caffè da Obama.
    Fammi il favore ,preparagli tu qualcosa di più consistente in Villa, ma mi raccomando..niente fotografi..!!

    cc

  4. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    Berlusconi ha un’amica, Noemi, che lo chiama daddy.

    E le sue feste sembrano le mie, con la sola differenza che io sulle ginocchia ci tengo i gatti.

    Insomma, scusaci Bill Clinton

    (Dallo show quotidiano di Jon Stewart per la tv Usa Comedy Central, 12 giugno 2009)

  5. Linosse
    Linosse says:

    Ottimismo!,ottimismo?.
    Illusione?,illusione!.
    DELUSIONE!
    Questa ultima consultazione elettorale Europea con una ben evidente virata a destra,con ripercussioni anche in Iran (scontata e legata ai risultati Israeliani) mi portano alla considerazione che aver dimenticato il riferimento “il POPOLO UNITO MAI sarà vinto”,il determinante POPOLO DELLA SINISTRA ancora una volta si sia sparpagliato senza motivo ma solo per conseguire risultati autodistruttivi.
    Purtroppo le “porcate” nostrane hanno assottigliato di un buon 10% un risultato che avrebbe compensato la fuga di consensi alla sinistra( vista nell’insieme e non con lenti del “distinguo,ma non ci vedo bene”.
    Aspetto con ansia una coalizione che cominci ad essere più attuale e determinante.
    Un’illusione?
    In attesa di un riflessione ponderata da parte dei responsabili delle ultime disfatte ,invio questo video che spero piaccia
    http://www.flixxy.com/worlds-fastest-magician.htm .
    Saluti
    L.

  6. marco tempesta
    marco tempesta says:

    La mia amica della Domenica abita a due passi dalla redazione del giornale che ospita la postazione del computer da cui scrivo. Ero a casa sua pochissimi minuti fa. Me ne sono andato via schifato. Non da lei, beninteso, ma da Gustavo Dudamel, un giovane direttore d’orchestra venezuelano, che stava assassinando la sinfonia n.4 (detta “Italiana”)di Mendelssohn, complice l’orchestra sinfonica della Scala. Sbagliati i volumi, sbagliati i tempi, cancellate le enfasi, la cantabilità ridotta a marcetta tardo- austriaca, la discorsività riportata in maniera tenebrosa, contraddicendo lo spirito cantabile di quella sinfonia, che non a caso si chiama ‘Italiana’.
    Mendelssohn è profondamente diverso da Brahms, ma pare che Dudamel non riesca a percepirne la differenza, a giudicare da come gestisce la timbrica, molto più vicina a Brahms, appunto. Insomma, una devastazione.
    Attualmente il tipo è direttore dell’orchestra sinfonica di Goteborg; ritengo che a Goteborg siano proprio di bocca buona, o che in giro non ci sia di meglio, il chè mi deprime ancora di più.

  7. Linosse
    Linosse says:

    Ops …
    Non
    mi portano alla considerazione che aver dimenticato il riferimento
    Ma
    mi portano alla considerazione che per aver dimenticato il riferimento
    L.

  8. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Un centinaio di oppositori arrestati nella notte a Teheran.
    Atmosfera da dittatura sudamericana degli anni ’70.
    Credo che Khamenei dovrà pensare ad un po’ di misure riformiste, per acquietare gli animi, tenendo conto di una possibile potenziale rivoluzione alimentata da Usa e Israele, come si vocifera da tempo.

  9. marco tempesta
    marco tempesta says:

    It is a political earthquake that will shake Iran, and could shake the world. (BBC)

  10. marco tempesta
    marco tempesta says:

    In attesa di un riflessione ponderata da parte dei responsabili delle ultime disfatte (Linosse)
    ————
    Le disfatte sono avvenute perchè i responsabili non sono in grado di ponderare riflessioni.

  11. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x ber

    Sì, ma molto meno allegro…
    E comunque che lo abbiano fregato è chiaro come il sole.
    Un saluto.
    pino

  12. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    FINALMENTE UN DISCORSO SENSATO! ALMENO D’ALEMA S’E’ ACCORTO CHE CI SONO ALL’ORIZZONTE PERICOLI POLITICI CHE BISOGNA SAPER RINTUZZARE E BATTERE ANZICHE’ MORIRE SCONFITTI DA BUONISTI ASSIEME ALLA DEMOCRAZIA
    ————–

    L’ex premier ha parlato alla trasmissione In Mezz’ora su Raitre
    E aggiunge: “Il comportamento del premier denuncia fragilità”
    D’Alema: “Berlusconi in declino
    Opposizione sia pronta a scosse”
    “Il premier parla di complotto perché è un leader dimezzato”
    “Confermo che sosterrò Bersani candidato alla segreteria del Pd”

    ROMA – Massimo D’Alema chiama a raccolta l’opposizione. Lo fa dagli schermi della trasmissione In 1/2ora, condotta da Lucia Annunziata su Rai Tre. “L’opposizione sia pronta in caso di scosse” dice l’ex presidente del Consiglio. Poi un duro attacco nei confronti di Silvio Berlusconi, per le parole usate ieri su un presunto “piano eversivo” contro di lui.

    Le “scosse”. “Nella vicenda italiana potranno avvenire delle scosse”, risponde D’Alema ad Annunziata che gli domanda del ‘complotto’ paventato dal premier. “Anche perché – osserva – Berlusconi non è uomo che accetti il declino politico e umano, animato com’è da un mito dell’eterna giovinezza, miti sempre pericolosi…”. Ma che vuol dire prefigurare “scosse”, chiede l’intervistatrice? “Scosse significa momenti di conflitto, difficoltà anche imprevedibili. Del resto, le scosse sono così, imprevedibili”. “Questo – continua – richiede che l’opposizione sia in grado di assumersi le proprie responsabilità e anche che sia nella pienezza delle sue funzioni”.

  13. Linosse
    Linosse says:

    Caso della “sicurezza”che a me da insicurezza
    Da Repubblica oggi
    “Inchiesta sulla “Guardia nazionale”
    “Nessun reato, andiamo avanti”
    Ieri le “ronde nere” erano state presentate a Milano: fascia nera al braccio, camicia kaki e simboli neofascisti. ”

    Non so a voi ma mi fa ricordare E MOLTO alcune sequenze del film CABARET di Fosse.
    Quelli cantavano pure e questi?
    Se non cantano vanno sicuramente a piedi e non in auto come la polizia impotente per mancanza di carburante!
    L.

  14. Anita
    Anita says:

    x Pino

    Caro Pino,
    ieri sera tardi ho visto un filmato di un ora, girato da reporters iraniani, in Farsi con i sottotitoli.
    Su un canale a pagamento e apolitico.

    Lei non ha visto il “polso” della nazione.

    Nelle zone remote Ahmadinejad e’ considerato un Dio, zone che non hanno alcuna facilita’, vivono come vivevano 200 anni fa’.
    Lui li bacia e abbraccia tutti, bacia le foto dei loro martiri e promette tanto…le donne anziane, i vecchi ed i bambini sono il suo sostegno.
    I bambini perche’ una visita dal Presidente e’ l’unico evento delle loro vita.

    Quando sente le lamentele che non hanno cibo e che sono anni che non vedono frutta o carne, gli racconta che tutto il mondo e’ cosi’ e che anche in America piu’ di 50’000’000 non hanno niente da mangiare.

    Chi sa scrivere, scrive una lettera al Presidente, sacchi di lettere arrivano ogni giorno, c’e una centrale modernissima apposita dove un supervisore decide quali saranno considerate per leggere….le risposte non arrivano.

    In Teheran la vita e’ diversa, non differente da una citta’ europea o anche americana.
    Ma c’e’ molto malcontento, la disoccupazione e’ altissima, il cibo e’ molto caro in rapporto alle tasche della maggioranza.
    Molti vivono con $200 al mese, i prezzi sono molto simili ai nostri, si faccia i conti.

    I fortunati hanno un impiego governativo e sono molti, a loro non manca niente.
    La gioventu’ dai 18-20 anni ai 40-45 sono i peggiori critici e si lamentano molto della censura.

    Saluti, Anita

  15. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x Anita

    Lo so, lo so. Anche se non l’ho visto, lo so. Il populismo è una mala pianta ovunque. E ha riattecchito anche in Italia, sia pure in una situazione ancora molto diversa.
    Sono sconvolto dal risultato elettorale, speravo molto almeno nel ballottaggio con Moussavi. Perfino a Qom mi dicevano che avrebbe sì vinto Ahmadinejad, ma al ballottaggio.
    Un saluto.
    pino

  16. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    La Procura di Milano
    apre un’indagine
    sulle «ronde nere»

    Disposti accertamenti da parte degli agenti antiterrorismo della Digos sulle cosiddette “ronde nere”, il gruppo che vorrebbe collaborare con le forze dell’ordine in tema di sicurezza e che è stato presentato ieri a Milano.

    Il reato ipotizzato potrebbe essere ricostituzione del partito fascista e l’apologia del fascismo. Divise, insegne (e non solo) della “Guardia nazionale italiana” si richiamano, infatti, apertamente quelle del ventennio.

    «Governo intervenga per scioglierle». Ma i diretti interessati vanno avanti: «Non abbiamo commesso reati».

  17. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    La «new generation» Pd
    «Più in piazza». Come il Pci…

    Sono quelli che non hanno conosciuto altro partito che il Pd. Il loro mezzo è la rete, ma del Pci rimpiangono la capacità di stare tra la gente Sono la nuova generazione del Pd.

  18. Linosse
    Linosse says:

    Altro che “esportare democrazie”
    Da Come Don Chisciotte “Popolazione in eccesso”
    “”In Sri Lanka, nella fase finale contro il terrorismo “tamil” come lo ha definito il governo burattino degli USA e delle potenze occidentali, sonio stati assassinati in sole quattro settimane più di 20.000 civili, come rivela un’indagine del quotidiano britannico “The Times” di questa settimana.

    La cifra triplica il dato ufficiale comunicato dall’ONU e dal governo di Ceylon. Inoltre, l’operazione di sterminio militare, ha lasciato 300.000 civili senza casa costringendoli ad affrontare una catastrofe umanitaria senza precedenti.

    Il massacro, realizzato mediante ininterrotti bombardamenti aerei e terrestri sulla popolazione civile mette in mostra la “pratica genocida impunita”, un procedimento di sterminio militare accettato e tollerato sulla base della complicità e del “silenzio” dei governi mondiali e delle organizzazioni internazionali, ai quali si sommano, in qualità di grande occultatori e manipolatori, le grandi “catene mediatiche” ed i loro ripetitori locali nei cinque continenti.

    Nell’ultima fase della “soluzione finale” in Sri Lanka 50.000 persone sono rimaste bloccate – come successe a Gaza – in una piccola fascia di territorio per 24 ore sotto il fuoco incrociato di batterie terrestri, carri armati ed aeroplani del governo alleato degli USA e “dell’asse occidentale.”

    Documenti confidenziali dell’ONU in possesso del “The Times” mostrano come, alla fine del mese di aprile, 7.000 persone sono state assassinate durante gli attacchi.

    Da quel momento la cifra dei morti è aumentata di 1.000 persone al giorno fino al 19 maggio, ossia il giorno dopo in cui il leader delle Tigri Tamil, Velupillai Prabhakaran, morì assassinato. Queste cifre coincidono con i dati ai quali dice avere avuto accesso il giornale britannico.

    Alcune delle vittime si vedono chiaramente nelle immagini che mostrano la distruzione totale di vari accampamenti di rifugiati. Cumuli di sabbia improvvisati come cimiteri, case distrutte…sono le fotografie di un massacro, segnala il Times.

    E così come successe per il Libano e Gaza, gli USA, le potenze ed i governi mondiali (ad eccezione di Cuba, Venezuela, Bolivia ed Iran) hanno concesso l’impunità totale non denunciando il massacro o non convocando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per fermarlo.

    I grandi mass media, come già fecero per Iraq, Afghanistan, Libano e Gaza, hanno deformato ed occultato il massacro dei civili presentandolo come una “guerra tra il governo ed il terrorismo tamil.”

    In generale, gli stessi modelli operativi (militari ed esplicativi) utilizzati dagli USA e da Israele in Medio Oriente, Asia ed Africa, sono stati applicati dai militari di Ceylon (Sri Lanka è conosciuta anche come Ceylon), che hanno attribuito la strage di civili ai propri ribelli tamil che li “hanno massacrati in massa quando tentavano di fuggire.”””
    L.

  19. ber
    ber says:

    Cosa significa” tenersi pronti”?
    Rimettere in campo la solita sinistra rissosa e personalistica?
    Un governo Prodi tris?,
    1-Chi sara’ il nuovo segretario del PD?
    2-Chi sara’,eventualmente,il nuovo capo del governo.
    Se le idee non saranno chiare e i vecchi non si limiteranno a fare i”probi viri”,..dando spazio ai giovani,..sara’ solo tempo perso.
    Ci sono troppi orticelli personali da coltivare.
    Una sinistra che non ha saputo sostenere il proprio governo,dopo 100anni di opposizione, sara’ condannata all’opposizione eterna.
    Scusate ma con questa gente io vedo nero,ne ho viste troppe.
    Ciao a tutti,Ber

  20. sylvi
    sylvi says:

    caro Ber,

    sono d’accordo con te!
    Se poi D’Alema si prepara a prendere “una scossa” …io gli sto alla larga …per non restare fulminata!

    Il dramma è che PD= PCI+ DC. Nella loro testa è così!
    Nel fumetto: ( tanto comanderò io…)!!!
    Un disastro!

    -Io sono democratica- ha detto la Serracchiani!
    Da lì devono partire e i benedetti da Togliatti o da Padre Pio devono andare a scrivere le memorie!!!

    Invece stanno ancora a giocare a chi è il più furbo che fregherà l’altro.
    Capissero che le idee, oltre che chiare, devono essere nuove.
    Oppure continuino a parlare d’altro – la caduta di Berlusconi-!!!

    ciao Sylvi

  21. Pino Nicotri
    Pino Nicotri says:

    x ber

    Voglio sperare che “tenersi pronti” significhi qualcosa di simile, piazza compresa, al tenersi pronti contro le manovre dei Tambroni e Pella di una volta. I Cavalieri hanno la strana tendenza a passare dalla farsa alla tragedia, confondono i propri desideri e le proprie pretese con la realtà, per esempio i milioni di imbecilli con qualche “milione di baionette”, con le quali peraltro potevano al massimo targliarsi i testicoli. Come in effetti è avvenuto. e come in effetti avverrà, anche se Bossi li ha da adorazione dei Calderoli, il Cavaliere di oggi si è vantato qualche anno fa di averne “tre come il Colleoni” e il famoso medico siciliano giura che riesce a tenerli sempre in funzione…. (il cervello però è più in alto, anche se in tal caso di non moltissimo, più o meno un metro).
    Un saluto.
    pino nicotri

  22. Cerutti Gino
    Cerutti Gino says:

    Komare!
    Il video sul “bigolino” dell’angioletto è straordinario.
    Poetico, direi.
    Chissà se cotanta colla serva a certi vecchiacci come il Cerutti che è sempre in vena di frugarsi nelle tasche.
    Della vita; non mi fraintenda…

  23. ber
    ber says:

    Cara Sylvi,
    io una proposta ce l’avrei,…da sessanta anni in su “probi viri onorari”,senza comando.
    Parlo di un titolo onorifico che non si rifiuta a nessuno spiecie a vecchi saputi che hanno sempre una “soluzione teorica”,per
    ogni problema.
    I giovani si prendono le loro responsabilita’,ogni regione si fa il
    suo comitato e se perde,fouri,…senza ma e senza se.
    Ma saranno capaci?
    Ciao,Ber

  24. ber
    ber says:

    x Pino,
    Anch’io penso che questi hanno scambiato la testa con gli attribbuti
    che nemmeno hanno,…se ne parlano tanto spesso.
    La famosa frase “testa di c…o” sta a pennello nei loro ragionamenti,
    ma sbagliano quando ce lo vogliono imporre.
    Se ce l’hanno veramente hanno 100 giorni di tempo, dice la Mercegaglia,e in 100 giorni possono succedere tante cose.
    Se poi la ormai famosa “tenersi pronti”,significa che io scendo in piazza e loro continuano a pontificare,beh,…allora si sbagliano di grosso,…almeno da parte mia.
    Un saluto,Ber

  25. sylvi
    sylvi says:

    caro Ber

    a destra s’abbuffano di cialis perchè si rifiutano di invecchiare e di mollare…il timone! Così lo chiamava mio nonno!
    A sinistra hanno nascosto la famosa cassetta di Marx, perchè credono di essere gli unici a far funzionare “gli attrezzi”!

    Ma il cialis fa male alla salute, e si vede dalle facce!
    La cassetta…c’è sempre il monello che te la frega!
    Speriamo succeda presto.

    ciao Sylvi

  26. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Sto tentando di inviare un post, ma non compare. Se lo riposto, mi dà ‘commento duplicato’, il chè vuol dire che lo ha recepito. Però, anche apportando delle variazioni, non appare. Che ci sia qualche altra parola-chiave che venga rifiutata dal Golem, come un tempo il termine ‘soc…smo’???

  27. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Ho letto i due articoli di Galavotti sul Socialismo. Una disamina molto lucida, anche se dissento su qualcuna delle deduzioni.
    Un punto che ritengo importante, riguarda l’inquadramento della tecnologia in ambito sociale.
    Dice Galavotti:
    “Il socialismo futuro non potrà avere nei confronti della scienza e della tecnica alcuna devozione feticistica. Anche perché un qualunque primato concesso all’industria implica l’impossibilità di rinunciare al primato del valore di scambio su quello d’uso. Il che non vuol dire che l’industria non debba esserci, ma semplicemente che la sua ragion d’essere andrà decisa dalla comunità locale che vorrà fruire dei suoi prodotti.”
    —–
    Io trovo che sia invece esattamente il contrario.
    La tecnologia configura una società in cui il prodotto della mente ha più valore del prodotto delle braccia. Ciò comporta una profonda trasformazione del concetto stesso di lavoro. L’agricoltura stessa, con la tecnologia già esistente e sperimentata (penso alle vertical farms, non agli OGM), riuscirà a rendere la produzione agricola indipendente dai fattori atmosferici avversi, con un prodotto più sano ed affidabile.
    Il socialismo deve unicamente venir inteso come razionalizzazione delle potenzialità capitalistiche, ove il capitale non è il denaro ma la capacità produttiva di ogni singola persona. Il denaro è solo il mezzo convenzionale di trasformazione del proprio capitale produttivo.
    Una società tecnologicamente molto avanzata, sarà anche una società con più disponibilità all’equilibrio economico e quindi sociale, poichè a comandare il gioco è sempre l’economia, fin dai tempi di Noè.

  28. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Il mondo dei nostri nipoti deve puntare sull’intelligenza, non sulla forza. Speriamo che il genio italico recepisca a livelllo politico tale esigenza. Sentivo poco tempo addietro Luca di Montezemolo che parlava di un vivaio di cervelli coltivato in un’associazione da lui fondata o diretta. Auguriamoci di vederne gli effetti in tempo utile.

  29. Anita
    Anita says:

    x C.G. #273

    Caro Kompare,
    vedo che e’ sempre all’allerta.

    Non le saprei dire, e’ colla Francese e i Francesi non usano “colla”, sono famosi per la loro virilita’…..a sentir loro, naturalmente ….. :-)

    Guardi che si fa’ i buchi nelle tasche ‘frugando’.

    Annuska

  30. ber
    ber says:

    x Marco,
    Gavalotti non so chi e’,deve essere unche lui un,… teorico.

    Le industrie chiudono e i disoccupati aumentano,…i ns capi parlano
    di attributi e veline….viano le responsabilita’.
    Il vero socialismo cosa fa?
    Si organizza socialmente.
    Se il padrone scappa o si suicida,(per la verita’ molto pochi fin’ora),
    prende il suo posto e crea una cooperativa tra i dipendenti,diventa socio dell’azienda e manda a quel paese la banca farabutta,…
    creando una banca cooperativa.
    Questo e’ vero socialismo,l’aiuto reciproco,…il resto sono chiacchiere fritte.
    Spiegato mi sono?
    Ciao,Ber

  31. sylvi
    sylvi says:

    cara Anita,
    mia figlia è nata proprio così!!!
    Con l’età si è solo un po’ contenuta e ordinata!!!

    Sia chiaro, è il ritratto di mia suocera.
    Lo diceva anche lei!!!

    A volte penso come sarebbe stata se fosse nata o in altra epoca, ma soprattutto oggi in Arabia o in Iran!!!
    Rabbrividisco!
    Grazie, mandi ninine.
    Sylvi

  32. marco tempesta
    marco tempesta says:

    Caro Ber, il mondo sta cambiando molto rapidamente. Questo significa che i ritmi ed i riferimenti che abbiamo noi, provenienti da un’epoca in cui ci si rimboccava le maniche e si andava avanti con fatica e sudore, stanno per estinguersi.
    Giusta la tua osservazione sulle cooperative, che sono già una forma avanzata di socialismo moderno, ma quello è già un punto di confluenza del prodotto finito.
    Intorno al concetto validissimo di cooperativa, ruota un universo che ad un estremo vede il produttore e all’altro estremo il compratore finale. Ciò che c’è in mezzo, è un mondo estremamente complesso, che permette al produttore di produrre a costi accessibili e al compratore di disporre dei mezzi per l’acquisto.
    La tecnologia come incide nel concetto di socialismo? Incide nel facilitare sempre di più sia la produzione che l’utilizzazione finale del prodotto. Un prodotto generalizzato, alla portata di tutti, abbatte le tensioni sociali e ridistribuisce il potenziale capitalistico ( inteso come capacità di interagire nella società in maniera costruttiva) in maniera molto più razionale, evitando gli accumuli ingiustificati.
    Un esempio: noi adesso per la fornitura di energia dipendiamo da fornitori che possono variare disponibilità e prezzo, utilizzandoli come arma di ricatto politica, nonchè come fonte di accumulo e quindi polarizzazione di ricchezza. Con la tecnologia, ognuno potrebbe già da adesso procurarsi in proprio l’energia necessaria, sottraendosi in tal modo al ricatto economico-politico dei monopolii attuali. Con la tecnologia, potrebbe procurarsi in loco il cibo in maniera più economica e capillare, abbattendo costi inutili ed inutili ricchezze costruite sulla pelle dei popoli del terzo mondo. Con la tecnologia può risolvere innumerevoli problemi, evitando di amareggiarsi la vita e, già con questo, non dovendo sgomitare per sopravvivere, essere più disponibile verso l’umanità.
    Socialismo moderno significa semplicemente coordinare le potenziali capacità produttive che derivano da un’avanzata tecnologia, in modo che ognuno possa contribuire al miglioramento globale ottenendone in cambio le dovute soddisfazioni economiche.
    Qual è la differenza rispetto al socialismo populista classico?
    La differenza consiste nel poter esprimere tutte le proprie capacità produttive ottenendone il relativo compenso, senza lo svantaggio derivante dalla centralizzazione del lavoro e dall’appiattimento dei meriti.
    Socialismo moderno significa coordinare, NON sostituire, il capitalismo come forma di espressione delle capacità umane.

  33. ber
    ber says:

    Caro Marco,
    il concetto di capitalismo e socialismo e’ lo stesso,nel primo il profitto va alla libera impresa e nel secondo allo stato.
    Tutta la differenza sta nell’amministrazione della “res publica”,cioe’ della cosa pubblica.
    Se noi lavoratori siamo saci della ns azienda siamo orgogliosi del ns lavoro e lavoriamo piu’ volentiri,…contrariamente a quello che avviene nelle aziende di stato.
    Altre cooperative penseranno alla vendita etc…
    Quando l’amministrazione pubblica va in crisi il socialismo fallisce,vedi russia etc,…e quando il mercato va in crisi anche le industrie private falliscono.
    Il fallimento avviene quando la catena si interrompe,cioe’ quando al lavoratore che produce il bene non gli conviene piu’ lavorare perche’ gli oneri sociali lo asfissiano,…cioe’ quando il costo dei servizi sanita’ etc,supera il costo del prodotto .
    In uno stato di gente seria ci si siede intorno ad un tavolo con le parti sociali e si affrontano i problemi,…nel ns si preferisce parlare di donne ed eversioni.
    Concludo:
    Per affrontare il problema alla radice bisogna riscrivere le regole,
    ma la domanda e':
    Chi ha interesse a riscrivere le regole ponendo il lavoro alla base di tutto,…(primo art della cost ital).?…a ulisse?,…campare bene alle spalle degli altri e’ sempre stato un mestiere redditizio,e i
    furbi in questo paese raggiungono la maggioranza assoluta.
    La ns e’ una demos manipolata.
    Buona notte,Ber

  34. Peter
    Peter says:

    xAnita

    oggi piacevole pranzo- barbecue nella magione di amici di un amico, quasi tutti di almeno una generazione piu’ avanti di me. Ero l’unico straniero e quasi l’unico ‘giovane’, a parte tre bambine che hanno preferito mangiare sotto un albero. A parte anche i loro genitori, una coppia della mia eta’, lui ufficiale di marina, andra’ alla base di Napoli tra pochi mesi, e udite udite, sta facendo un corso di italiano. Ne ha approfittato per fare pratica con me. L’ho pero’ avvisato che l’italiano standard a Napoli non gli serve…cosa che sapeva gia’. Molte risate.
    La ‘barzelletta’ del giorno era pero’…Berlusconi. Persino inglesi di quella generazione (che e’ poi quella del premier) ne parlano, il che e’ imbarazzante. All’uso inglese, celavano il disprezzo con falsi complimenti, tipo che (i signori) lo invidiano molto, anche loro vorrebbero andare in giro con 18enni…Io provavo a dire che quello sarebbe l’ultimo dei ‘vantaggi’ ad avere un premier come quello, ma loro erano d’accordissimo…sfondavo una porta aperta…sapevano parecchio dell’Italia e le sue fortune.
    Da un lato mi ha fatto piacere che il nostro paese sia cosi’ ben noto in Europa, persino qui, dall’altro mi son dovuto ubriacare per l’imbarazzo. Son sicuro che da voi (nonostante il NY Times) non sarebbe cosi’, o mi sbaglio?

    ciao, Peter

  35. Anita
    Anita says:

    x Peter

    Hai ragione Peter,
    qui non si sa molto dell’Italia.
    Moltissimi sono andati in vacanza, molti ci ritornano sia in crociera, sia con gruppi o prendono villette in affitto.
    Ma della politica non ne sanno molto.
    Questo in generale.
    I miei amici sono piu’ informati anche senza essere mai stati in Italia.
    Sono i primi a mandarmi articoli su Berlusconi ed anche su Romano Prodi.
    Pero’ diversi conoscono bene le marche di gran nome, di scarpe, vestiario e gioielleria.
    Io sono abbonata a Town&Country, una rivista di alta moda e li’ ci trovi molto sull’Italia, dalla moda, alle ville, l’arte, paesaggi e cucina….e i prezzi.
    Roba per le tasche di Donald Trump.

    Quelli meno informati sono gli Italiani, almeno quelli anziani e la loro prole.

    I was lucky today, no rain and the ‘bossman’ of the grass cutters came to give a hand for odds and ends in the yard.
    He alone does the work of four….

    Glad you had a pleasant Sunday.
    Good night,
    Anita

  36. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    La destra xenofoba ha ottenuto consensi allarmanti.

    La Storia ci ha insegnato che alcuni fenomeni iniziano inosservati o sembrano umoristici.

    Ma poi persone di cui si rideva hanno creato situazioni in cui non si poteva mai più ridere.

    Jan Fischer, presidente Ue.

    14 giugno 2009

  37. La striscia rossa
    La striscia rossa says:

    L’opposizione deve essere pronta»

    Il presidente di ItalianiEuropei dà la sua lettura alle parole di Berlusconi su «complotti» e altre dinamiche politiche: «Il premier teme quelli intorno a lui e siccome non è uomo che accetti il declino politico e umano, animato com’è da un mito dell’eterna giovinezza, potranno esserci situazioni imprevedibili…».

  38. Netanyahu getta la maschera, chiude allo Stato dei palestinesi, ma i nostri falsificatori leccaculo capovolgono la realtà e parlano di apertura!
    Netanyahu getta la maschera, chiude allo Stato dei palestinesi, ma i nostri falsificatori leccaculo capovolgono la realtà e parlano di apertura! says:

    Le condizioni di Netanyahu su Gerusalemme e i profughi, no al blocco delle colonie
    L’Anp: “Un siluro alla pace”. La Casa Bianca moderatamente soddisfatta
    Israele apre ai palestinesi
    “Sì a uno Stato demilitarizzato”
    dal nostro corrispondente ALBERTO STABILE

    GERUSALEMME – Con parole sofferte, quasi facesse una violenza a se stesso, Benjamin Netanyahu ha alla fine varcato il Rubicone, ammettendo che uno Stato palestinese può esistere ma a condizione che sia demilitarizzato e che i palestinesi riconoscano Israele come “lo stato nazionale del popolo ebraico”. Se questa è la risposta del premier israeliano al piano di pace lanciato da Barack Obama, bisogna dire che si tratta di una risposta timida e parziale, dove i “no” espliciti o sottintesi prevalgono sui “sì”. Prevedibile la delusione dell’autorità palestinese che ha respinto al mittente l’offerta del premier israeliano.

    Mai discorso era stato più accuratamente preparato. A prescindere dal desiderio inconscio di imitare l’Obama del Cairo con una concione di pari importanza, forse il premier pensava di ripercorrere le orme di Sharon che nel dicembre del 2003 ad Herzlyah annunciò la sua adesione alla Road Map, avvertendo che se i palestinesi non avessero fatto la loro parte, lui avrebbe agito da solo, come in effetti fece con il ritiro da Gaza.

    Ma Netanyahu è stato meno coraggioso di Sharon. Non ha mai citato la Road Map ed ha chiaramente mostrato di preferire lo status quo.

    Due erano le richieste che l’Amministrazione americana ha insistentemente rivolto a Netanyahu. Una era la necessità di dare un segnale di disponibilità non solo ai palestinesi ma al mondo arabo in generale, bloccando l’espansione degli insediamenti nei Territori occupati, insediamenti definiti da Obama “legalmente inaccettabili”. L’altra richiesta riguardava l’accettazione da parte del premier israeliano dell’ipotesi di soluzione del conflitto basata sulla formula dei “due Stati”, che coesistono fianco a fianco in pace e sicurezza. Il che significa ammettere la nascita dello Stato palestinese.

    Diciamo subito che sul blocco totale degli insediamenti Netanyahu ha opposto un rifiuto implicito. Il premier ha, sì, ribadito che Israele non costruirà nuovi insediamenti, ma parlando dei coloni ha aggiunto che “non sono nemici del popolo israeliano ma nostri fratelli e sorelle ai quali bisogna consentire di vivere una vita normale”. Frase già adoperata nel faccia a faccia con Obama a Washington per giustificare la scappatoia per continuare a costruire nei Territori occupati garantendo la cosiddetta “crescita naturale”.

    Netanyahu è arrivato al punto chiave del suo discorso nell’auditorium dell’Università Bar Ilan, fra sostenitori, accademici e l’intera famiglia schierata al completo, dopo aver fatto appello alla leadership palestinese a cominciare negoziati “immediatamente e senza precondizioni”. Lo stesso premier, però, si è subito dopo contraddetto affermando che “Israele non può accettare uno Stato palestinese a meno che non riceva garanzie (dalla comunità internazionale, s’intende) che sia uno Stato demilitarizzato”.

    Israele, ha ripetuto, non può vedere cresce ai suoi confini un altro Hamastan, come spregiativamente viene chiama la Striscia di Gaza dopo la presa del potere da parte del movimento islamico, né potrebbe sopportare uno stato palestinese che stringa accordi militari con altri paesi. Soltanto se Israele riceve le dovute garanzie, allora.

    Quanto ai palestinesi, Netanyahu è partito da lontano, ribadendo alcuni capisaldi ideologici della destra israeliana. Il legame storico con la terra d’Israele e dunque il diritto del popolo ebraico su questa terra risalgono a 3500 anni fa. La nascita dello Stato israeliano non ha niente a che vedere con le persecuzioni degli ebrei. Ma questo anche i palestinesi moderati stentano ad accettarlo. Conclusione: “Quando i palestinesi saranno pronti a riconoscere Israele come lo stato nazionale del popolo ebraico noi saremo pronti per un vero accordo finale”.

    A dispetto degli accenti di disponibilità, la strada verso la ripresa di un negoziato sembra, dopo questo discorso, estremamente incerta. Netanyahu ha accennato di sfuggita ad altre due questioni principali ed ancora una volta ha opposto due rifiuti. Sul diritto al ritorno ha detto che i palestinesi devono trovare la soluzione al problema dei rifugiati fuori dal territorio israeliano. E su Gerusalemme ha affermato che resterà la capitale unita e indivisibile d’Israele, dunque, non soggetta a negoziato.

    Come era prevedibile, il discorso di Netanyahu non è piaciuto ai palestinesi moderati. Un portavoce del presidente Abu Mazen lo ha definito né più né meno che un “sabotaggio” degli sforzi di pace. Troppe condizioni, troppa prudenza, “troppe nebbie” ha detto Saeb Erekat. Hamas che ha definito tutte le condizioni poste come un chiaro esempio di “ideologia razzista e estremista”. Mentre, sul fronte opposto, nella tenue apertura allo “Stato palestinese demilitarizzato”, i coloni hanno visto un tradimento dei sacri principi, un tentativo di scambio per loro impensabile.

  39. E i coloni si mostrano per quel che sono: causa di guerre. Ovviamente "sacre"
    E i coloni si mostrano per quel che sono: causa di guerre. Ovviamente "sacre" says:

    nella tenue apertura allo “Stato palestinese demilitarizzato”, i coloni hanno visto un tradimento dei sacri principi,

  40. Anita
    Anita says:

    x Tutti

    Ho visto un intervista da Bermuda con i 4 Uighurs, ex detenuti di Guantanamo.
    Stanno benissimo, ben pasciuti e parlano abbastanza inglese.

    I cittadini dell’Isola hanno opinioni miste, e’ un isola magnifica, stile inglese, acque azzurrine e non commercializzata come le altre isole.
    La mia Isola preferita, molti anni fa’ avrei voluto comprare una villetta a Bermuda, mi sarebbe piaciuto ritirarmi a South Hampton.

    Una prima photo degli Uighurs, ne posso mandare solo una alla volta, regole del forum…

    http://www.andyworthington.co.uk/wp-content/uploads/uighursfree1.jpg

    La donna nel centro e’ la signora che temporaneamente cucina per loro i loro cibi musulmani.

    Anita

    Seguono altre foto….

  41. marco tempesta
    marco tempesta says:

    L’ho pero’ avvisato che l’italiano standard a Napoli non gli serve…cosa che sapeva gia’. ( Peter)
    ———-
    Non diciamo stupidaggini.
    Conoscere il napoletano aiuta, ma a Napoli si parla italiano altrettanto bene che in qualsiasi altra parte d’Italia, anzi forse anche meglio. Di certo, una conversazione con un napoletano non sarà mai banale, cosa che non sempre è vera nel resto dell’Italia.

  42. marco tempesta
    marco tempesta says:

    il concetto di capitalismo e socialismo e’ lo stesso,nel primo il profitto va alla libera impresa e nel secondo allo stato. ( ber)
    ————-
    E’ vero se si parla del socialismo marxiano che è, teoricamente e praticamente, uno storico errore di valutazione.
    Il socialismo moderno dovrebbe lasciare il profitto all’imprenditore e curarsi invece di RAZIONALIZZARE la produzione e la distribuzione, impedendo accentramenti spropositati di ricchezze e rendendo accessibili a tutti non solo la sopravvivenza ma anche i mezzi per migliorare la propria posizione economica.
    E’ un’ottica nuova, che esclude il concetto di welfare inteso come elemosina di Stato, mentre incentiva le capacità individuali e le coordina in concetti simili a quelli che regolano le cooperative.
    Le cooperative sono un valido esempio di capitalismo sociale.

  43. marco tempesta
    marco tempesta says:

    x Ber:
    le regole dovrebbero riscriverle i politici, è il loro mestiere, vengono pagati per questo.
    Non certo i politici che abbiamo sperimentato finora, che assomigliano tanto al barbiere che in tempi passati si fregiava del titolo di cerusico.
    Serve gente nuova, giovani col cervello funzionante, non cvecchi rimbecilliti dall’ideologia.
    La Debora Serracchiani è un esempio di giovani col cervello funzionante. Sono convinto che di giovani come lei ce ne siano a sufficienza per mandare a casa l’attuale scadentissima classe politica. Dei ‘vecchi’, qualcuno si salva. A me piacciono Bersani, Di Pietro, la Bonino, ad esempio.
    L’Italia se l’è sempre cavata per il rotto della cuffia, da sessant’anni a questa parte. Credo ci siano attualmente i presupposti per salvarla ancora una volta, ci si augura definitivamente, giubilando una volta per tutte sia i delinquenti che i cretini.

  44. marco tempesta
    marco tempesta says:

    La destra xenofoba ha ottenuto consensi allarmanti.
    ————
    E’ la dimostrazione che il fenomeno emigrazione è stato gestito in maniera stupida. Vedi la legge Bossi-Fini, parlando dell’Italia. A quanto pare, anche altrove il fenomeno è andato fuori controllo, altrimenti il problema non sussisterebbe.
    C’è da affrontare e risolvere una situazione già marcia a monte, che sarebbe lo sfruttamento del cosiddetto terzo mondo da parte del neo-colonialismo multinazionale. Ci sarebbero una quantità di governi da commissariare. Manca però un ente sovranazionale che abbia l’autorità e la capacità di farlo. Non solo, ma ci sarebbe da ridimensionare le fabbriche d’armi e tutta quell’organizzazione che sulle distruzioni ha fondato il proprio core-business.

  45. Peter
    Peter says:

    xMarco T

    vedo che anche lei e’ suscettibile, dopo tutto…infatti io e quel tale stavamo scherzando. Ma lui non troppo. Mi diceva che quando quelli della base di Napoli vanno altrove (es. a Roma) gli fanno subito notare che il (poco) italiano che sanno suona molto napoletano…ovviamente non e’ quello che imparano a ‘scuola’.

    Peter

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