L’Iran, antichissimo ombelico del mondo. Compreso il nostro. L’Iran, che quando le atomiche voleva farle davvero lo scià gli abbiamo venduto 12 centrali nucleari e il formidabile Dipartimento di Ingegneria Nucleare del MIT, mentre ora vogliamo impedire anche il solo nucleare civile! L’Iran, la cui gioventù soprattutto femminile è una pentola a pressione ormai inarrestabile
Quando varie settimane prima di Pasqua ho visto nella posta elettronica l’e-mail giratami da un collega che parlava di un viaggio in Iran organizzato dal Gruppo cronisti lombardi non credevo ai miei occhi: l’itinerario benché di soli 6 giorni pieni e due di fatto di solo viaggio aereo prevedeva visite a Persepolis, Pasargade, Naqsh-e-Rostam, all’Iran Bastan di Shiraz e a luoghi dello zoroastrismo. Tutte cose che da tempo sognavo di vedere e che mai avrei creduto di poter vedere dato che l’Iran viene costantemente dipinto come un postaccio dove impiccano la gente per strada, quando non la lapidano o non la mutilano col taglio della mano e altre simili prelibatezze, e dove le donne sono una specie di soprammobile alla mercé del capriccio maschile o peggio ancora clericale. Il programma di viaggio mi pareva irreale anche perché, oltre a condensare il meglio del meglio riguardo le origini delle umane civiltà, elencava una sfilza impressionante di visite alle più belle moschee del mondo islamico, cosa molto strana visto che ci viene raccontato da mane a sera che noi infedeli nelle moschee non ci possiamo mettere piede pena il linciaggio o qualcosa di simile. E anzi, come se il programma fosse stato scritto da un marziano del tutto all’oscuro della “realtà iraniana”, erano previsti perfino incontri con la comunità cristiana, ebraica e zoroastriana.
Peccato solo che non era prevista una visita anche a Susa, oggi Shush, nell’antico Elam, dove ben 6.000 anni fa è nata la scrittura, vale a dire il linguaggio scritto. Forse la scrittura era già nata nella vicina Mesopotamia, con il linguaggio detto di Uruk IV, ma è nell’iranica Susa che sono meglio documentati il suo esordio come segni di pura e semplice registrazione delle tasse dovute al Palazzo e al Tempio e il suo lungo cammino per diventare quel rivoluzionario e insostituibile mezzo di comunicazione che ancora oggi utilizziamo e continuamente miglioriamo. Se si è stati a Susa e si sono visti i primi vagiti del linguaggio scritto si può poi meglio capire in pieno anche il rivoluzionario passaggio dalle scritture con alfabeto sillabico a quelle con alfabeto consonantico. Passaggio rivoluzionario perché se le prime annotano il linguaggio dal punto di vista della parola ascoltata, cioè quasi una registrazione passiva dei nomi dell’esistente, le seconde – vale a dire i linguaggi espressi man mano con gli alfabeti fenicio, ebraico, aramaico, nabateo, arabo, antico persiano, dell’India e infine greco – hanno invece permesso il passaggio decisivo e dirompente alla annotazione scritta dei suoni dal punto di vista del soggetto parlante. Le prime avevano cioè al centro il mondo, la natura data, con i nomi “naturali” e quindi preesistenti delle cose, oppure – il che era in pratica più o meno la stessa cosa – i testi scritti delle leggi e delle dediche sacre, che bisognava solo saper leggere, ascoltare, con atteggiamento di fatto solo passivo. Le seconde hanno invece permesso di mettere al centro l’uomo, fornendogli la possibilità di creare ed esprimere i suoi pensieri: le parole sono così diventate gli stampi nei quali noi umani coliamo il nostro pensiero per poterlo rendere comprensibile a noi stessi e ai nostri interlocutori. Pensare, infatti, non significa altro che pensare parole: non possiamo pensare se non tramite le parole.
Se si è stati a Susa è poi più facile comprendere il misterioso e affascinante comparire – a un certo punto della Storia umana – delle vocali, vale a dire della “vocalizzazione” delle parole. La vocalizzazione è infatti affare che riguarda solo Dio, tant’è che solo gli ebrei masoreti qualche millennio dopo si sono azzardati a riscrivere l’intera bibbia notando in ogni parola anche tutte le vocali oltre alla consonanti, novità però rapidamente dimenticata…. Perché, appunto, la vocalizzazione è solo faccenda che riguarda Dio: che ha creato l’uomo “vocalizzandolo”, cioè alitandogli sul volto modellato con la creta. Inserire le vocali nelle parole prima fatte solo di consonanti equivale ad alitare in esse l’armonia della chiarezza e della impossibilità di equivoci nella loro interpretazione.
Ho così deciso di partecipare al viaggio, ma con una punta di allarme: probabilmente in Iran avrei avuto vari fastidi, dal momento che non sono il tipo che subisce in silenzio né che ama vedere per strada scene di violenza sia pure “giusta” e “legale”. I miei familiari erano decisamente contrari che io partissi: “Ma come? Proprio tu vai a fare il turista in un Paese dove impiccano e lapidano la gente in piazza!?”. D’altro canto le autorità iraniane hanno tirato molto per le lunghe la possibilità che il viaggio si facesse o no. Poiché gli organizzatori del Gruppo cronisti lombardi hanno deciso di chiedere il (più costoso) visto giornalistico anziché solo quello turistico, per evitare che se fossimo entrati come turisti potessero poi rimproverarci che in realtà eravamo entrati come giornalisti, nell’ambasciata iraniana a Roma sono rimasti comprensibilmente perplessi: che ci andavano a fare una ventina di giornalisti in Iran a poche settimane dalle elezioni presidenziali? Possibile che un intero gruppo di giornalisti volesse entrare solo per fare del turismo? E’ così che l’incertezza sulla concessione dei visti si è protratta in modo esasperante per oltre un mese, con man mano le richieste più strane: mentre in Marocco ero sulle dune al confine con l’Algeria sulla groppa di un cammello mi è arrivata l’ennesima telefonata che chiedeva anche la fotocopia della tessera di giornalista o il suo originale…..
A un certo punto, a pochissimi giorni dalla data della partenza, ci è stato detto che dovevamo chiedere anche il pass giornalistico, una tesserina che ci avrebbe permesso di poterci muovere come giornalisti per l’intera settimana del viaggio: altri 450 dollari a testa! Avevo finalmente la scusa per dire “No, adesso basta! Allora non parto”, quando il mio interlocutore ha aggiunto che date le proteste anche dell’agenzia turistica le autorità iraniane ci avrebbero fatto pagare solo 100 euro a testa anziché i normali 450 dollari.
E’ così che mi sono ritrovato all’aeroporto di Teheran con un gruppetto di colleghi e colleghe che prima non conoscevo, accolti da Reza, un iraniano calvo che parla in italiano. Le sorprese sono iniziate subito, già all’aeroporto. Tra gli enormi tabelloni luminosi pubblicitari ne spicca uno di una notissima “griffe” italiana di abbigliamento che nulla ha a che vedere con la tanto temuta severità islamica. Al controllo passaporti e alla dogana inoltre nessuno ci ha “filato”, siamo cioè passati senza intoppi né interrogatori. M’è venuto in mente che all’aeroporto di New York mi avevano anche infilato un dito su una macchinetta, credo per prendermi le impronte, e hanno chiesto insistentemente a mia figlia se io fossi davvero suo padre. Per non dire dell’aeroporto di Tel Aviv, dove la mia collega de L’espresso Barbara Schiavulli anche di recente è stata interrogata con pignoleria prima che si decidessero a farla passare, lei che a Gerusalemme ci ha anche vissuto, per non dire dell’ex arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, che è stato torchiato per ore con la minaccia di non lasciarlo entrare e rispedirlo invece in Italia, lui che a Gerusalemme ha scelto di andare a viverci anziché puntare ad andare in Vaticano come papa.
Fuori dell’aeroporto ci prende in consegna un altro Reza, niente affatto calvo e piuttosto ciarliero, che parla italiano e sarà la nostra guida per tutta la durata del viaggio. Nella trentina di chilometri che ci separano dall’albergo il traffico caotico, al confronto del quale quello di Napoli e Palermo sono roba da educande, chiarisce subito che Teheran, un ammasso piuttosto informe di 70 chilometri per 50, capitale e maggior polo industriale del Paese, conta ben 17 milioni di abitanti ed è cresciuta troppo in fretta dall’iniziale villaggio di poche migliaia di abitanti sito su un altopiano ai piedi della catena montuosa Elburz, visibile sullo sfondo. Teheran significa “Andare verso il basso”, perché per raggiungerla dai monti circostanti si deve scendere fino ai suoi 1.600-1.700 metri sul livello del mare. I semafori hanno tutti un grande orologio che segna a ritroso quanto manca alla fine del colore in atto, rosso o verde o giallo che sia, in modo che gli automobilisti in colonna possono regolarsi, magari evitando di tenere inutilmente accesi i motori per troppo tempo. La durata media del rosso e del verde è infatti di 30 secondi, durante i quali c’è poco da “sgommare”.
Quello che lascia sbigottiti è che a quanto pare nessuno sa cosa sia la precedenza, la auto ti tagliano la strada sia da destra che da sinistra, gli stop sono virtuali, le frecce forse le usano solo per giocare agli indiani, ma certo non per segnalare lo spostarsi di corsia o il girare a destra o a sinistra. I cantieri della nuova enorme metropolitana sventrano quasi ovunque le strade, a volte sembrano lunghe ferite aperte e altre volte lunghe cicatrici già indurite ma ineliminabili, in ogni caso la nuova linea subway appare chiaramente come l’unica ancora di salvezza per disintasare le budella della metropoli intasate e ubriache di automezzi. Si spera sia un’ancora di salvezza anche contro l’inquinamento: dalla mia stanza d’albergo al 15esimo piano vedo un immenso brulicare di palazzi scalcinati, privi di qualunque fascino, quasi tutti con l’aria di eterna costruzione mai terminata, una sorta di calabrese Isola Capo Rizzuto moltiplicata per un milione, ma tutti immersi in qualcosa che mi ricorda la nebbia in val Padana ed è invece solo smog.
E’ il giorno dopo, al museo archeologico nazionale Iran Bastan, che vengo improvvisamente risucchiato indietro di millenni e comincio a capire che l’altipiano iranico è stato l’inizio di tutto, non solo della scrittura. E che la Via della Seta è stata per millenni il cordone ombelicale che ha nutrito di mercanzie, odori, sapori, delizie, di beni di prima necessità e di lusso vertiginoso, di religioni e di saperi di vario tipo quell’Occidente che sarebbe poi diventato Europa. Non ricordo il nome dello studioso, mi pare fosse russo, che ha appurato come TUTTE le varietà di frumento che ci hanno nutrito nel corso dei millenni siano nate nell’area proprio della Via della Seta. Da qui ci sono arrivati anche quelle delizie e meraviglie chiamate fichi e arance, quest’ultime provenienti dall’India dove l’hanno chiamate arance perché questa parola significa “frutti preferiti dall’elefante”. L’incanto si compie davanti a un bassorilievo di marmo nero portato via mi pare da Persepolis: si vedono distintamente il Gran Re assiso sul trono che riceve dei dignitari e questi in piedi davanti a lui che lo riveriscono. O meglio: che lo adorano. L’adorazione, come dice l’etimologia stessa della parola, che viene da “ad oras”, cioè “dalla bocca”, altro non era che un saluto fatto con la mano spostandola più volte dalla bocca in direzione del sovrano, che non poteva assolutamente essere avvicinato troppo e tanto meno toccato, insomma un modo simbolico di mandargli con la mano le parole del saluto. Un gesto simile al nostro lanciare baci con le mani quando per esempio si saluta una persona cara alla partenza del treno. E dietro il dignitario “adorante” si vedono distintamente altre due persone che recano ognuna una piccola sacca con un dono particolare, molto particolare, che verrà poi bruciato nei due piccoli bracieri bene in vista siti tra il dignitario in visita e il Gran Re. Il dono altro non è che incenso, da millenni misteriosa forma di grande riverenza verso la divinità, tanto che anche tra i romani era convinzione comune che le preghiere rivolte agli Dei sarebbero state sicuramente a loro più gradite e quindi da loro più facilmente esaudite se accompagnate dai fumi dell’incenso.
Il bassorilievo di marmo nero portato via da Persepolis mi rivela quindi di colpo che già esistevano da tempo immemore quei rituali che la Chiesa di Roma, dopo avere inutilmente tentato a lungo di sradicarli, ha finito col fare propri, quali l’adorazione e l’uso dell’incenso nel corso della messa e di altre cerimonie religiose. Sono cioè nate qui, in Iran o se preferite nell’antica Persia, usanze che ancora oggi fanno parte della nostra vita, anzi del nostro dna. Nell’Iran Bastan vedo che sono nati qui perfino gli orecchini, portati già dai dignitari, e perfino i baffi a punta, quelli stile Zorro per intenderci, che vedo sul viso incredibilmente moderno di un baldo principe partico dal sorriso fiero, sicuro di sé, sicuro di far colpo, un giovane che scoppia di salute e pur essendo un gigante di marmo pare stia proprio venendo verso di me, come verso qualunque altro visitatore che lo guardi. Effetto strabiliante. Anche per via del copricapo, da turista inglese che si ripara dal sole difendendo in particolare la nuca.
Ma chiarisce tutto molto meglio il trovarmi davanti ad antiche rappresentazioni dei simboli di Zoroastro, il famoso uccello con le due ali spiegate e tre ordini di penne nella coda che pare pilotato da un anziano con la barba che stringe tra le mani una specie di volante. Le due ali rappresentano il bene e il male, i tre ordini di penne della coda rappresentano i tre principi cardine della religione di Zoroastro: pensare bene, parlare bene, agire bene.
Come si vede, si tratta del condensato di qualunque altro monoteismo nato successivamente, dall’ebraismo all’islam passando per il cristianesimo. Quello che sembra un piccolo volante è invece l’anello della legittimità, consegnato dal sacerdote al Gran Re al momento della sua investitura: con la sua forma circolare l’anello simboleggia il fatto che per quanto ci si dia da fare torniamo sempre ciclicamente al punto di partenza, non esiste per nessuno, neppure per il Gran Re, un punto di fuga permanente, motivo per cui conviene essere onesti: conviene cioè “pensare bene, parlare bene, agire bene”. E l’anello lo usiamo ancora oggi anche nel matrimonio, con lo scambio delle fedi, cioè della fiducia e legittimità reciproca degli sposi.
Lo zoroastrismo sopravvive ancora in Iran, donde si dirama un po’ nel mondo, con qualche decina di migliaia di credenti che hanno diritto, come i cristiani e gli ebrei, a proprie scuole e a propri rappresentanti in parlamento. Ma lo zoroastrismo rimanda alla religione mitraica, vale a dire al culto solare del dio Mitra, arrivato dai Veda dell’India assieme al suo bellissimo libro “sacro” Avesta, culto talmente radicato anche a Roma che la Chiesa ne ha copiato quasi tutto: dal nome “messa” al copricapo chiamato ancora oggi “mitria”, dal pasto comune diventato il sacramento della comunione alla ricorrenza del Natale il 25 dicembre, da tempo immemorabile il “dies natalis solis invicti”: vale a dire, il giorno in cui, dopo i tre giorni di “morte” col solstizio d’inverno del 21 dicembre, il sole ogni anno riprende a salire, cioè rinasce, dal punto più basso della sua traiettoria celeste. I primi a portare il mitraismo a Roma furono i soldati di Pompeo reduci dalla campagna contro i pirati dell’Illiria, ma a portarlo in grande stile fu l’imperatore Settimio Severo, che sposò Giulia, nata dalla stirpe dei sacerdoti del dio Sole di Emesa, in Siria, odierna Homs. Poi l’imperatore Aureliano rese il mitraismo ancora più grande e diffuso: ispirandosi alla festa che si svolgeva nella città di Emesa e che cadeva il 25 dicembre, il 25 dicembre dell’anno 274 d. C. istituì addirittura il “Dies Natalis Solis Invicti”. Da Emesa proveniva anche l’imperatore Eliogabalo, noto anche come Marco Aurelio Antonino, che – sacerdote di quel culto – lo rafforzò sostituendo nel pantheon capitolino Giove con Mitra. Era di fede mitraica lo stesso Costantino, l’imperatore che “sdoganò” il cristianesimo e che non è certo sia mai stato battezzato. Quando Teodosio mise fuori legge tutte le religioni pagane passando alla Chiesa tutti i loro templi (molte chiese a Roma sorgono sui resti di basiliche mitraiche, compresa la stessa basilica di S. Pietro), la Chiesa con grande disinvoltura non farà altro che impadronirsi anche del già esistente Natale del 25 dicembre facendo finta che in quel giorno sia nato Gesù Cristo!
E’ stato del resto Ciro il Grande ad abolire per primo nella Storia del mondo la schiavitù, precorrendo i tempi di qualche millennio, e a permettere che se ne tornassero a casa quelle parti di popolazioni sottomesse che una 70ina di anni prima erano state spostate d’autorità per meglio amalgamare l’impero. Tra gli altri Ciro permise perciò il rimpatrio degli ebrei da Babilonia, e proprio questi esuli – come fa rilevare lo studioso Gianni Liverani – saranno gli unici a legarsela al dito, a fare di quei 70 anni una lamentazione che dura ancora oggi e, liberati da Ciro, a tornate a casa col dente talmente avvelenato con chi in patria durante quei 70 anni di loro assenza aveva accettato l’insediamento di “stranieri” da scrivere le parti più “dure e pure”, cioè meno accettabili, della bibbia, quelle a base di genocidi e simili orrori “ordinati da Dio” (!), strani concetti la cui influenza dura ancora oggi. Il profeta Daniele visse anche lui a Babilonia, pare come interprete dei sogni, e anche lui portò in patria le influenze dello zoroastrismo incorporate nel monoteismo biblico. Il cortocircuito tra la antichità “locale” di queste terre, la realtà odierna e anzi l’attualità più incalzante del nostro mondo esiste ancora, e con pericolo di altri incendi….
Ecco perché ritrovarsi davanti a certi antichissimi reperti e simboli in Iran significa ritrovarsi di colpo e inaspettatamente immersi nel liquido amniotico che ha partorito anche la nostra civiltà e la nostra stessa religione, cioè la nostra identità. Osservare da vicino certe cose significa osservare da vicino il nostro dna… L’effetto non può essere che stravolgente e di massimo incantamento. M’è piombata addosso una lunga serie di sorprese che non mi aspettavo: io, giornalista e maniaco della parola scritta, volevo solo vedere da vicino la nascita della scrittura! Mi trovo invece sommerso da una valanga di altre delizie.
Queste terre inoltre hanno fatto parte di quei regni ellenistici che, specie dopo le conquiste di Alessandro Magno, hanno visto lo spirito speculativo dei greci incontrare la enorme massa di nozioni pratiche di matematica, geometria, chimica, astronomia, ecc., esistente da millenni nell’area comprendente l’Egitto, la Mesopotamia, la Caldea, l’Iran, ecc., e dare così vita allo spirito scientifico e alle scienze, beni e conquiste da noi ereditate ma ignorate per 2.000 anni – ai romani che conquistarono quei regni le scienze non interessavano, tanto meno alla Chiesa che in seguito prese il posto dei romani – finché nella Spagna araba, dopo la cacciata dei musulmani, non furono scoperte le migliaia di libri salvati e tradotti tanto dai bizantini quanto dagli arabi nelle terre che erano state dei regni ellenistici. E’ stato il ritrovamento di quei libri che – oltre a farci scoprire Aristotele e perfino Omero – ha innescato le rivoluzioni dei vari Newton, Galilei, Copernico, Leonardo da Vinci, ecc. I greci, dispersi con una sorta di diaspora marina su centinaia e centinaia di isole e polis per conservare l’unità identitaria greca hanno affinato al massimo la capacità di estrarre dal particolare il tratto comune, universale: un modo per trarre dal particolare delle centinaia di isole e polis, spesso in lotta tra loro, il tratto comune e universale dell’identità greca. E’ stata questa capacità di estrazione, e quindi di astrazione, che una volta applicata alla enorme massa di conoscenze pratiche egizie, mesopotamiche, iraniche, ecc., ha permesso di creare le scienze, quelle che noi ancora oggi conosciamo e utilizziamo.
Se questi sono i pensieri che cominciano a darmi le vertigini, rendendomi per i primi giorni un compagno di viaggio piuttosto muto, quasi assente, in strada i pensieri sono ben altri. Non solo non vedo da nessuna parte impiccagioni né lapidazioni, ma per quanto mi sforzi non riesco a trovare neppure una persona cui sia stata mozzata una mano o un piede. Se il taglio delle mani e dei piedi fosse praticato in Iran come si usa dire sui nostri mass media, in strada ci sarebbero e si vedrebbero dei mutilati, né più e né meno come per molti anni dopo la seconda guerra mondiale era cosa comune vedere in tutta Italia non solo i reduci tornati storpi e mutilati dal fronte, ma anche donne, vecchi e ragazzini mutilati da bombe e proiettili vari. E poi c’è sempre questa strana faccenda che siamo liberi di andare dove ci pare, parlare con chi ci pare e fare le domande che più ci aggradano a chi più ci pare e piace. Ma la cosa più strana di tutte è l’accorrere a frotte di gruppi di ragazze desiderose di parlare con noi, di farsi fotografare, sempre allegre, sorridenti e disponibili, a Shiraz addirittura un po’ sfacciate, cosa che alla mia età può creare qualche imbarazzo: “Scusate, ragazze, ma a parlare con noi occidentali non rischiate le frustare e la galera?”. Coro di risate, come se avessimo raccontato una barzelletta.
La vitalità e la modernità delle ragazze iraniane irrompe fino a ridicolizzare lo spolverino nero e il velo nero che, anche se può essere di qualunque colore o fantasia di colori, quasi tutte indossano, come un esercito di fantasmini o suorine animate da moto perpetuo a mo’ di argento vivo, gocce di mercurio allegre e imprendibili. Lo spolverino e il velo sono obbligatori per legge quando una donna esce di casa, ma ormai le giovani – che comunque indossano sempre i jeans, per giunta attillati, lo hanno reso una specie di variante dell’abbigliamento stile Liu Jo delle nostre liceali: spolverini attillati, avvolgenti, con cintura o fusciacca o lacciuoli strategici ad altezza “giusta”, il cui effetto di sex appeal è evidente anche a un cieco. In più, siccome il viso è l’unica parte del corpo che una donna può mostrare in pubblico, tutte lo esibiscono truccato alla perfezione, sorridente, luminoso e perfetto, con gli occhi e lo sguardo che dicono molto di più del nostro andare sbracate in giro con mezzo sedere e le falde del monte di Venere in bella vista. Non manca chi esibisce ciuffi di capelli ribelli e a volte colorati artificialmente che fuoriescono orgogliosamente dal velo come una sfida al mondo: ogni volta ci guardiamo attorno preoccupati, certi di vedere piombare i Guardiani della Morale armati di frusta… invece niente!
Le donne vestite di nero o comunque intabarrate per legge ci fanno istintivamente pena, però quando lo scià Reza Pahlevi per occidentalizzare l’Iran ne proibì l’uso furono pochissime quelle che obbedirono. E’ evidente che, per quanto ci possa parere incredibile, questa faccenda del velo deve avere a che vedere con l’identità nazionale. In definitiva le nostre nonne portavano spesso anch’esse il velo e fino al secondo dopoguerra anche la veletta: coprire anche il volto, lasciandolo intravedere sotto la rete della veletta, era considerato un elemento di seduzione, non certo di oppressione. E’ così anche in Iran? Sì e no? Sì perché è evidente che l’uso in realtà non impaccia nessuna e non impedisce niente. No perché quando le mie colleghe chiedono ad alcune ragazze di Teheran dove possono comprare un velo nero si sentono spesso dire: “Ma come!? Noi ce lo vogliamo togliere e voi invece ve lo volete mettere!?”.
Come che sia, quello che colpisce delle ragazze è che hanno tutte, oltre ai jeans all’ultima moda, le stesse scarpe sportive e la mania del telefonino delle nostre ragazze. L’unica differenza è che qui le scarpe, sportive o sportivissime, le portano – sia le ragazze che i ragazzi – allacciate anziché slacciate come si usa da noi. L’impressione è che la massa di ragazze, in un Paese dove le donne sono molte di più degli uomini e costituiscono il 70 per cento della popolazione studentesca, sia una sorta di pentola a pressione, di bomba a tempo che prima o poi farà crollare il regime clericale o lo costringerà a forti riforme e migliorie. “Siamo un Paese civile, colto, con una storia antichissima, non meritiamo questo regime”, affermano molti giovani e molte giovani. A giudicare da quel che si vede ovunque, il regime ha chiaramente rinunciato, posto che ci abbia mai pensato, a livellare la massa femminile in senso tristanzuolo. Le elezioni presidenziali vedranno quasi certamente il ballottaggio tra il conservatore Ahmadinejad e il riformista Moussavi, ma è probabile vinca il primo. Se vince, in molti danno per scontato che farà una serie di riforme liberalizzatrici, per quanto possa parere incredibile: una volta certo di avere il potere saldamente in mano, il clero riprenderà almeno parte del programma del progressista Katami, che non è stato rieletto perché battuto da Ahmadinejad grazie alla infelice decisione di George W. Bush di inventarsi l’Asse del Male, con l’Iran membro eminente, offendendo così ancora una volta l’orgoglio e la dignità dell’Iran (già colpite con il colpo di Stato della Cia che buttò giù il democraticamente eletto capo del governo Mossadeq e riportò dall’estero dove era fuggito e sul trono lo scià Reza Pahlevi, che diede inizio a una repressione selvaggia con centinaia di migliaia di vittime tramite la famigerata e torturatrice polizia segreta Savak).
La demenziale trovata di Bush ha scatenato per reazione l’orgoglio nazionale e fatto vincere le elezioni alla destra, cioè ad Ahmadinejad, buttando al macero il programma riformista di Katami, che nel luglio del 2006 aveva vinto le elezioni presidenziali con oltre il 70 per cento delle preferenze in una votazione che ha visto andare al voto quasi l’80 per cento dell’intero elettorato. Katami era stato ministro della Cultura, ma aveva dovuto dimettersi perché aveva dato troppa libertà agli editori, ai giornalisti, ai pittori e agli autori cinematografici, con il cinema iraniano avviato a una sorta di rinascita, i giornali passati da 100 testate a 501 e i titoli dei libri pubblicati cresciuti da 500.000 a quasi 900.000. Il programma elettorale con il quale Katami vinse le elezioni presidenziali si basava su temi coma la società civile, le libertà individuali, i diritti delle donne, il pluralismo politico e il “dialogo tra civiltà”. Katami sosteneva la “distinzione tra religione e tradizioni ammantate di religione”, affermava che si dovevano adottare le idee del nostro Illuminismo e più in generale apprezzare gli aspetti vantaggiosi dell’Occidente. Inoltre non si stancava di ammonire la destra affermando che migliore garanzia contro un altro colpo di Stato Usa o una invasione militare era una società apertamente democratica, capace quindi di difendersi senza indugio e decisa a farlo per conservare le proprie libertà.
Questo programma, che era quanto di meglio ci si potesse aspettare, è stato duramente osteggiato e ridotto dal Consiglio dei Guardiani, i quali hanno il potere decisamente non democratico di vagliare e bocciare le leggi approvate dal parlamento e i candidati alle varie elezioni, ma Katami era ben deciso ad andare avanti anche con una legge che riducesse drasticamente il potere dei Guardiani. A far fuori il programma di Katami è stato però George Bush, con la demenziale trovata dell’Asse del Male con annesso Iran. Poi è cominciato anche il tormentone sul “programma nucleare militare iraniano”, che semplicemente non esiste, ma è una scusa buona per tenere l’intero Iran, cioè un Paese di 70 milioni di abitanti, sotto l’eterna minaccia di una invasione o “almeno” di bombardamenti israeliani. L’ipocrisia e la memoria corta di cui sempre siamo i primatisti ci ha fatto dimenticare che il programma nucleare è iniziato negli anni ’70, quando lo scià burattino degli Usa sosteneva che l’Iran aveva bisogno di fonti di energia alternative in vista del fatto che prima o poi il petrolio sarebbe finito. Abbiamo dimenticato che Usa, Germania e Francia firmarono contratti per costruire allo scià ben 12 centrali nucleari fregandosene bellamente del fatto che lo scià della repressione di massa dichiarava alla stampa estera: “Senza dubbio, e prima di quanto pensiate, avremo armi nucleari”.
Tant’è che il delinquenziale e corrottisimo Pahlavi aveva stipulato con il prestigioso Massachusset’s Institute of Technology, noto anche come MIT, un accordo per acquistare il suo formidabile Dipartimento di ingegneria nucleare. La maggior parte dei docenti era favorevole alla vendita, che saltò solo per la feroce opposizione della massa studentesca. E a far fuori le 12 centrali è stata la rivoluzione komeinista prima e la guerra con l’Iraq dopo. Ora che le centrali nucleari servono davvero e nessuno in Iran intende costruire bombe atomiche, anche perché non ne possiede e non ne può possedere la tecnologia, suoniamo una musica ben diversa dalle serenate che ci piaceva suonare allo scià. Il ridicolo e il tragico di questa nostra nuova farsa è che il minerale d’uranio per il quale vogliamo bombardare l’Iran è sempre e quasi solo solo quello acquistato e immagazzinato a suo tempo dallo scià! Come si vede, c’è più di un motivo valido perché gli iraniani ne abbiano le palle piene delle interferenze Usa e dell’annessa ipocrisia europea ormai al guinzaglio delle inammissibili pretese di monopolio nucleare, bombe atomiche comprese, dell’un po’ troppo aggressivo Stato di Israele. Che finalmente pare avere trovato a Washington un inquilini della Casa Bianca meno disposto del solito a ballare al suono del governo israeliano, che ha vinto le elezioni promettendo la fine “con ogni mezzo” del programma nucleare iraniano e rifiutando ormai apertamente anche solo l’ipotesi di uno Stato palestinese, peraltro ormai impossibile per mille e uno motivi basilari.
Dopo una giornata passata tra musei da capogiro e la marea di gente che affolla Teheran a tutte le ore, la sera partiamo in aereo per Shiraz, nome che significa “Città dei misteri”, compresi i misteri della poesia dei suoi grandi poeti, tra i quali Hafez e Saadi, e dei sorrisi delle sue vivacissime donne, che godono fama di essere le più aperte e curiose dell’intero Iran. Da Shiraz risaliremo verso Teheran in pullman, con Reza Sahya come guida, l’imperturbabile Magid come autista infaticabile e bravissimo e Alì assistente tuttofare di Reza. Un itinerario di 1.500 chilometri, su un altopiano di 1.600 metri di altezza media, che allinea deserti e città splendide, sempre circondato da catene di monti, in un Paese che ha oltre 240 mila siti archeologici aperti, uno più importante dell’altro, e le più belle moschee del mondo. Un viaggio fin troppo denso, talmente pieno di bellezze e di sorprese che vorrei ripeterlo con più calma, impiegandoci magari un mese. E andando a vedere finalmente Susa!
La prossima e ultima puntata tra qualche giorno.
Ormai c’è un’intesa di massima con la cordata austrocanadese
Servirà da base per far partire il prestito-ponte e l’amministrazione fiduciaria
Opel, Gm e Magna verso l’accordo
Marchionne: “E’ una soap opera”
di PAOLO GRISERI
Opel, Gm e Magna verso l’accordo Marchionne: “E’ una soap opera”
MONTREAL – Accordo quasi fatto. La cordata austro-russo-canadese della Magna ha vinto la battaglia nella Cancelleria di Berlino sconfiggendo la proposta Fiat. Alle 9,30 del mattino a Montreal, il primo pomeriggio in Italia, Sergio Marchionne può finalmente dichiarare quel che pensava da alcuni giorni: “La trattativa su Opel – dice l’ad – somiglia a una soap opera brasiliana”. L’ultima puntata della telenovela la stanno scrivendo i ministri socialdemocratici che hanno messo in una angolo Angela Merkel (con l’appoggio dell’ex primo ministro Schroeder, consulente dei russi) imponendo l’intesa con Frank Stronach.
Entro la serata il governo di Berlino dovrebbe firmare un “memorandum d’intesa” con la Magna per ottenere dai vincitori della battaglia i soldi necessari al prestito-ponte che dovrebbe salvare la Opel dalla bancarotta.
FIAT-OPEL
Ora la Fiat fara’ come nella favola di Esopo “la volpe e l’uva”…
Invece sarebbe interessante sapere esattamente perche’ i tedeschi non gliel’hanno data.
IL GRUPPO TORINESE: «MA SIAMO ANCORA INTERESSATI»
Tv: «C’è intesa di massima Magna-Opel»
Rinviato il vertice a Berlino. Marchionne: «La trattativa sta diventando una soap. Il nostro primo obiettivo è Chrysler»
MEMORANDUM D’INTESA – L’agenzia Reuters riporta che Magna e Gm stanno cercando adesso di arrivare a un memorandum d’intesa su cui il governo tedesco dovrebbe poi basare la decisione per il previsto finanziamento ponte da 1,5 miliardi di euro alla Opel. Sul memorandum inoltre si baserebbe la prevista amministrazione fiduciaria temporanea della società, necessaria per proteggerla dai creditori nel caso di bancarotta della casa madre americana General Motors. «Un accordo quadro è stato raggiunto – scrive la Reuters citando una fonte vicina ai colloqui -. L’obiettivo è di definire il maggior numero di dettagli possibile prima dell’incontro con la Merkel per firmare un memorandum d’intesa oggi».
VERTICE RINVIATO – Il governo tedesco ha rinviato di due ore il vertice in programma per oggi, dalle 16 alle 18. All’incontro non parteciperanno i rappresentanti di Fiat, Magna e Gm, ci saranno solo esponenti del governo nazionale e regionale tedesco. È improbabile che venga presa qualche decisione definitiva sul futuro partner della casa automobilista. Secondo il ministro dell’Economia Karl-Theodor zu Guttenberg non ci sono garanzie che oggi si raggiunga un accordo per Opel. Il ministro conferma però che Magna e Gm stanno ancora discutendo una possibile intesa: «Ci sono alcune idee di Magna su cui si sta ancora discutendo con Gm e che anche noi stiamo esaminando. Non ci sono garanzie che oggi arriveremo a un accordo».
MARCHIONNE: «SOAP OPERA» – Duro il commento di Sergio Marchionne, ad di Fiat: «Le trattative con la Opel stanno diventando una specie di soap opera brasiliana in un anno elettorale». Per Fiat Chrysler è «l’obiettivo primario», ma non è venuto meno l’interesse per Opel e in particolare per le attività in America Latina di General Motors. Ma in ogni caso «la vita va avanti», spiega l’ad: se Fiat non riuscirà ad acquisire Opel, continuerà a cercare un accordo per Saab. Invece Fiat non è interessata a una cooperazione con Magna su Opel, né all’acquisto del marchio Saturn di Gm. Infine Marchionne ha espresso l’auspicio che la Ue, seppure in ritardo, si occupi della vicenda Opel.
Perché non siamo scemi
Angela Merkel&C
@Angela Merkel&C
Avevo un vago sospetto che fosse quello il motivo…
Soap Opera? Ahò, a Romolè, a Roma se dice “ma va a Magnà er sapone!”. Ma che, credi che so’ tutti rimba che se bevono le fregnacce di un piripicchio alla Montezzemolino?
Magna Rony
Maglione o coglione?
Marchy One
x Marta
Credo di aver capito il problema.
Provi a scrivere solo il suo nome dove dice Name.
Poi nel commento entri
x e il nome del destinatario.
Se lei scrive Marta x Alex dove dovrebbe mettere solo il suo nome, alla prossima entrata trovera’ ancora Marta x Alex.
In altri forum non e’ possibile, il nome o nick sono protetti.
Anita
x Vox
In Germania è anno di votazioni, e i tedeschi non vogliono l’accordo con gli italiani che considerano inaffidabili e pressapochisti, sindacati compresi.
Un mese fa me l’ha detto la mia amica di Brema, me lo farò ripetere prossimamente , quando l’andrò a trovare.
Si può essere d’accordo o no, ma la Merkel perchè dovrebbe mettersi contro la maggioranza dell’opinione pubblica?
Globalmente, cominciando dal Capo all’ultimo spazzino di Napoli- la vicenda delle immondizie ha colpito particolarmente l’opinione pubblica tedesca- le pare che siamo un popolo di cui fidarsi?
mestamente Sylvi
Scajola non si nasconde tuttavia che per ora “pare che la preferenza di Gm vada a Magna, anche se c’e’ qualcosa di oscuro. Nei sei mesi sara’ definito il compratore e ci sara’ il passaggio delle consegne”.
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Caro Scajola, di “oscuro” c’è molto, a partire dal capo di governo e dai suoi nani, ballerini e saltimbanchi di tutte le età, maggiorenni, minorenni, carfagnoni e carfagnini.
O’ Pel at One
…..un Opel marchione.
Che fine faranno? Berluskone manda in crociera pure loro? Così lui suona il piano come faceva da giovvine, Apicella canta e Noemi balla….
Ab Ruzzolo
Mentre il circo Barnum suona e Noemi fa lo streap. Tanto iceberg più, iceberg meno, a ‘sto punto….
Fiat Lux
Ma certo che siamo un popolo di cui fidarsi! Per essere bidonati.
Franceschiello Putipù
La nuova Reginetta del Prom e’ Sergio Garcia,
un uomo che vuole essere Queen e non King.
http://www.latimes.com/media/photo/2009-05/47161275.jpg
Anche per Los Angeles e’ un po’ troppo, a mio parere.
Sergio Garcia stood in the gymnasium and told the senior class at Fairfax High School not to worry: If he was elected, he wouldn’t wear a dress.
“I will be wearing a suit,” Garcia said, “but don’t be fooled, deep down inside, I am a queen!”
Chiamatemi “old fashioned”
Anita
Ma di che vi lamentate? Io sono passato dalla Milano da bere all’Italia da spolpare, e voi siete così coglioni che continuate a votarmi! E’ ovvio che i tedeschi piscino in testa a un popolo che mi vota in massa: e che dovrebbero fare, dargli la medaglia? In attesa che ci cachino in testa molti altri….
Vota Silvio, Vota Silvio, Vota Silvio!!!!!!
@ Sylvi
In tutta onesta’, a me sta bene che la Fiat non sia riuscita a mettere le mani sulla Opel. Non che la Opel sia una grande marca, ma la Fiat ha rovinato tutte le auto migliori italiane, dall’Alfa Romeo alla Lancia (che da quest’ anno in poi cessa addirittura di esistere anche come marca).
Comunque, tanto per ridacchiare, un’amica tedesca mi ha raccontato questa (loro) barzelletta: Una BMW invecchia, invecchia, invecchia, invecchia e infine diventa un’Opel.
Grande macchina la BMW (era). Ormai, per avere un’auto veramente di grande qualita’, e’ meglio comprare un’usata di 10 anni in buone condizioni. Un mio zio ha una Mercedes del 1975 (vintage, praticamente) e una del 2003. Alla domanda quale sia migliore, risponde che si e’ tenuto la vecchia per avere un’auto a disposizione quando la nuova andra’ dallo sfasciacarrozze…
A proposito di terzo mondo e perche’ e’ “terzo”
LA CHEVRON, LA SHELL E IL VERO PREZZO DEL PETROLIO
di A. Goodman
L’economia procede a passo di lumaca, la disoccupazione lievita, l’industria automobilistica è al collasso. Ma i profitti per le compagnie petrolifere Chevron e Shell sono più che mai elevati. In tutto il mondo, dalla giungla dell’Ecuador, al delta del Niger nella Nigeria sino agli slarghi e alle strade di New York e di San Ramon, in California, la gente deve combattere con questi due giganti petroliferi.
Chevron e Shell, questa settimana sono sotto i riflettori, con le assemblee degli azionisti e per l’avvio di un processo che farà epoca.
Il 13 maggio, l’esercito nigeriano lanciò un assalto ai villaggi nella zona ricca di petrolio del delta del Niger. Centinaia di civili rimasero uccisi in modo tremendo durante l’attacco. Secondo Amnesty International l’attacco fu sferrato mentre nei villaggi del delta si stava celebrando la festa di Oporoza[…]
Ora la Shell sta affrontando un procedimento negli Usa davanti alla Corte federale, Wiwa contro Shell, che si basa sulla collaborazione che la Shell, nel 1990, avrebbe dato al regime dittatoriale nigeriano durante la violenta repressione del movimento “grass-roots” (dal basso) della gente di Ogoni nel delta del Niger. QUI LA SHELL SFRUTTA LE RICCHE RISORSE PETROLIFERE PROVOCANDO IMPOVERIMENTO DELLA GENTE, INQUINAMENTO E DEFORESTAZIONE.
La causa in atto asserisce anche che la Shell ha collaborato alla soppressione del Movimento per la sopravvivenza della popolazione Ogoni e del suo leader carismatico Ken Saro Wiwa[…]
I bambini di Ogoniland non hanno mai conosciuto l’oscurità della notte poiché vivono in case o in appartamenti costantemente illuminati dai gas in fiamme che escono dai pozzi di petrolio e che bruciano giorno e notte, cosa che negli Usa è illegale.
Ho intervistato Saro Wiwa nel 1994. Mi disse: “Le compagnie petrolifere sono come il regime dittatoriale perché portano avanti i loro intrallazzi con questi dittatori. Il regime è brutale con la gente e può negare ogni diritto umano della persona e di intere comunità molto facilmente, senza alcuna remora. Io sono un uomo segnato e condannato”.
Saro-Wiwa rientrò in Nigeria e venne arrestato dalla giunta militare. Il 10 novembre del 1995, dopo un processo condotto in modo illegale, venne impiccato insieme ad altri 8 attivisti Ogoni.
Nel 1998 mi recai nel Delta della Nigeria insieme al giornalista Jeremy Scahill. Un gruppo di dirigenti della Chevron ci disse che avevano trasportato truppe della nota milizia mobile della Nigeria, chiamata “the kill ‘n go” (uccidiamo e andiamo), con un elicottero della compagnia sino ad una piattaforma petrolifera che era stata occupata da nonviolenti che protestavano. Due manifestanti vennero uccisi e molti altri furono arrestati e torturati[…]
La sequela di abusi analoghi perpetrati dalla Chevron, dalle Filippine al Kazakhstan , dal Chad-Camerun all’Iraq, all’Ecuador, all’Angola, negli Usa e nel Canada, è stata accuratamente dettagliata in un “rapporto annuale alternativo” preparato da un consorzio di organizzazioni non governative[…]
La Chevron è attualmente sotto inchiesta da parte del Procuratore generale di New York Andrew Cuomo che vuole appurare se la società sia stata o meno “accurata ed esauriente” nel descrivere le proprie potenziali responsabilità legali.
Condoleezza Rice fu a lungo direttore della società (c’è persino un super Tank che porta il suo nome), e il consigliere generale, insediato di recente, non è altri che l’avvocato William J. Haynes, disonore del Pentagono, fautore “dei duri interrogatori tecnici” che includevano gli annegamenti simulati.
Il generale James L. Jones, consigliere per la sicurezza nazionale, nominato dal presidente Barack Obama, è stato nel consiglio d’amministrazione della Chevron per quasi tutto il 2008, fino a quando ha ricevuto la nomina a questo alto incarico alla Casa Bianca.
http://www.truthdig.com/report/item/20090526_chevron_shell_and_the_true_cost_of_oil/
“I will be wearing a suit,” Garcia said, “but don’t be fooled, deep down inside, I am a queen!”
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cara Anita, cos’ha una queen ( so chi sono le queen, in italiano) di particolare, che possa impedirle/gli di far bene il suo lavoro?
Globalmente, cominciando dal Capo all’ultimo spazzino di Napoli- la vicenda delle immondizie ha colpito particolarmente l’opinione pubblica tedesca- le pare che siamo un popolo di cui fidarsi? (Sylvi)
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Mi sembra che il dubbio sulla nostra affidabilità risalga a ben prima della vicenda di Napoli.
Diciamo…al 1943?
x Vox
sono momentaneamente sprovvista di maschi in casa che mi informano sulla meccanica.
Qui niente calcio ma tanti motori in aria e in strada. In mare solo vela.
Perchè la Lancia perde anche il nome?
Sylvi
No Marco,
per loro il tempo è passato!
Siamo noi che siamo rimasti gli stessi!
Superficiali, infidi, menefreghisti, FURBI, ma soprattutto non capiscono la nostra assoluta mancanza di senso civico.
Sono attratti dalla nostra allegria, dalla nostra creatività …ma noi stiamo veramente esagerando…
Sylvi
@ Sylvi
Sembra che la Lancia non la faranno piu’.
x Marco
cara Anita, cos’ha una queen ( so chi sono le queen, in italiano) di particolare, che possa impedirle/gli di far bene il suo lavoro?
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Quale lavoro?
Quando mai la reginetta di un Prom e’ un uomo?
Le ragazze sono aspiranti reginette ed i maschi sono aspiranti Re.
Un reginetto con la tiara che fara’ il primo ballo col Re….?
Non sono tanto evoluta.
Ci sono concorsi per transvestites e transgender, ma qui si parla della tradizione scolastica dei Prom di fine d’anno, a graduazione dalle superiori.
Le ragazze spendono un patrimonio per abiti da sera, i ragazzi di solito affittano il tuxedo, danno alla loro compagna un piccolo bouquet di fiori, affittano le limousines bianche e dopo il prom party seguono altri parties privati.
Ciao, Anita
xAnita
ma di quale prom si tratta esattamente?
comunque, prendila come una nota di colore. Tu stessa dici che i proms sono monotoni e noiosi, sempre uguali. Questo sara’ avrebbe chiseto ricordato dalla gioventu’ del loco come il prom in cui il giovane ‘queen’ Sergio soffio’ l’agognato titolo di ‘queen’ alla scimmietta blondo-platinata di turno…poco male, anche perche’ il ragazzotto ha un gradevole sense of humour.
Se invece tutto fosse andato secondo copione, la reginetta avrebbe chiesto al suo papino una cadillac per avere vinto il prom! quindi altro spreco, altro inquinamento, per la Chevron e Shell altre dichiarazioni di guerra a paesi del terzo mondo in zone ricche di petrolio, etc etc etc. Tutto per un prom in piu’….
Peter
xAnita
nel post c’e’ un ‘avrebbe chiesto’ di troppo. Non so perche’ questo maledetto computer mi fa sempre scherzi del genere
x Peter
Caro Peter,
non ho mai parlato di Prom, perche’ io non ci sono mai andata.
Sono andata a scuola in Italia.
I Prom sono feste di graduazione, ogni scuola superiore nel mese di maggio o giugno ha il suo Prom.
Di solito affittano un salone da ballo negli Hotels.
Nei centri piu’ piccoli, possono anche usare la palestra della scuola.
I giovani si preparano mesi in anticipo, le ragazze con l’abito da sera, i ragazzi affittano un tuxedo.
Si invitano reciprocamente, alcuni rimangono “flower walls” perche’ non hanno una “date”.
In queste festivita’ votano la reginetta ed il re del prom.
Con coronazione della reginetta ed aprono il ballo.
Hanno i “chaperon”, usualmente insegnanti della stessa scuola.
Di solito le festivita’ continuano fino a mattina presto.
Ho le photo dei diversi Prom a cui i miei figli e nipoti sono stati invitati con le diverse ragazze di quei giorni e naturalmente i loro Prom.
Nel nostro business avevamo molti Proms, i saloni erano grandi.
Dunque quel Sergio Garcia che si e’ presentato come donna e’ abbastanza inusuale.
È stato nominato per quello che che e’ iniziato come uno scherzo.
Di solito votano la coppia piu’ bella o piu’ popolare, non necessariamente accoppiati.
Il ragazzo va a prendere la ragazza a casa dei famigliari e le presenta un piccolo bouquet o da polso o da spilla.
Spero di aver chiarito.
Buona notte,
Anita
x Anita
vediamo se funziona….
buonanotte M.
x Peter
Ecco la spiegazione dettagliata:
http://en.wikipedia.org/wiki/Prom
Anita
Buona notte Marta.
Anita
x Vox,
le grandi compagnie petrolifere hanno sempre fatto i loro sporchi comodi e chi si mette di mezzo viene fatto fuori.
Mattei e’ stato tra questi.
I prezzi si impongono con i monopoli e per avere il monopolio mondiale non si bada a spese.
La guerra tra la popolozione locale del delta del Niger e lo stato
centrale di Lagos,governo federale risale nella notte dei tempi,
guerra del biafra etc,…
Con la prima crisi petrolifera dal 1975 in poi questi paesi produttori di petrolio si son visti arrivare parecchi petrodollari,
e le popolazioni locali hanno pure incominciato a pretendere
i loro diritti.
Nel 1976 io sono andato dal CongoKinshasa in Nigeria e
tra il 76 e l’84 ho costruito per l’agip in societa’ con il governo igeriano allora, ben quattro villaggi,per i dipendenti stessi,di cui due proprio a Portharcourt ed Ebogia,zona del petrolio.
Si parlava gia’ da allora di fare qualche cosa per la popolazione locale,come strade acqua potabile etc,…ma,….dopo il primo
governo democratico,…(si fa per dire),…il solito generale prende il potere e si ritorna alla dittatura.
Conti all’estero e soldi del petrolio che finiscono direttamente nei conti dei governanti.
In questi venti anni la situazione e’ diventata insopportabile anche perche’,tornando in Nigeria nel 2002 le compagnie di estrazione erano state nazionalizzate,…e l’agip stava li invasa
dal popolo inferocito, ma senza poter decidere niente,e’ il governo che ha in mano tutto.
Mi hanno raccontato che negli uffici di Portharcourt,zona che conosco bene perche’ ho costruito circa 100 case per idipendenti
nella zona retrostante,…una folla di circa 2000 persone,proveniente proprio dalla zona del delta,…hanno preso
il direttore, lo hanno fatto inginocchiare e li ceffoni a tutto spiano.
Io ti sto raccontando tutto questo per dirti cose che tu gia’ sai,
cioe’ che i fessi pagano sempre e i magnaccia stanno ben piazzati
nei posti di potere conquistati con raggiri e prepotenze.
I terremotati dell’aquila andranno in crociera,…ma la gestione sara’ ben stretta nelle mani del magnaccia e i 56 miliardi della UE per il sud,ci pagamo il fallimento alitalia,regalie varie ai loro amici,…e acquisti di voti.
I disoccupati?,…tutti comunisti,…carne buona per il circo massimo.
Un saluto,Ber
caro Ber, siamo alle solite.
Mio marito mi raccontava ora per telefono di essere andato a cena con il presidente del Fogolar Furlan di Vancouver e cassiere di tutti i Fogolars del Canada!
Da soli, dando i soldi all’ANA, hanno ricostruito un quarto delle scuole friulane.
E’ partito, a due anni, immediatamente dopo la guerra.
Torna in Friuli ad anni alterni. Conosce la situazione.
Ha ripetuto quello che ci sentiamo dire da tutti gli emigranti del mondo:
nessuno investirà in Italia perchè la burocrazia legislativa e amministrativa è contro ogni intrapresa.
nessuno investirà in Italia perchè il costo del lavoro strozza le imprese che vogliono crescere e pagando dignitosamente gli operai.
nessuno investirà in Italia perchè la confittualità sindacale è guerriglia, non lotta seria, dura e ben delimitata nel tempo dei rinnovi contrattuali, e perchè non hanno ancora capito la differenza fra fabbrica che produce e impresa improduttiva finanziaria.
A destra fa comodo…a sinistra pure!
La crisi morde ancora, anche là, ma stanno scaldando i motori…
e noi che cosa scaldiamo?
Mi chiedo spesso in questi giorni: se Berlusconi cadesse, chi in Italia, sarebbe in grado di raccogliere i cocci di questa disastrata nazione?
Si è poco riflettuto su ciò che ha detto Veronica Lario: (cito a memoria) lui non è un duce , ma lascerà una situazione molto pericolosa!
Che cosa avrà inteso esattamente dire?
Buona giornata Sylvi
x Sylvi:
Veronica ha inteso dire che la lascerà in mano a Fini, il chè non mi tranquillizza affatto. Fini mi sembra abbia meno scrupoli del cavaliere, è più freddo, più calcolatore, più pericoloso.
…nessuno investirà in Italia perchè la burocrazia legislativa e amministrativa è contro ogni intrapresa.
nessuno investirà in Italia perchè il costo del lavoro strozza le imprese che vogliono crescere e pagando dignitosamente gli operai.
nessuno investirà in Italia perchè la confittualità sindacale è guerriglia, non lotta seria, dura e ben delimitata nel tempo dei rinnovi contrattuali, e perchè non hanno ancora capito la differenza fra fabbrica che produce e impresa improduttiva finanziaria. ( Sylvi)
——–
Qui al Sud lo sappiamo bene. Ecco perchè abbonda il lavoro nero. E’ una forma di autodifesa.
Quale lavoro?
Quando mai la reginetta di un Prom e’ un uomo?
Le ragazze sono aspiranti reginette ed i maschi sono aspiranti Re.
Un reginetto con la tiara che fara’ il primo ballo col Re….? (Anita)
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Ma sì, Anita…un po’ di goliardia, e che diamine! Non siamo più negli anni ’50. Il reginetto trans potrebbe fare la sua parte proprio come simbolo dell’insussistenza teorica e pratica della divisione dei sessi. C’è chi è di destra, chi è di sinistra e…chi è di centro, anche tra i sessi. Girava tempo fa una pubblicità in TV, dove un lui e una lei si incontravano e, spogliandosi, lui era una lei e lei era un lui. Ormai non fa più caldo nè freddo a nessuno, qui in Europa (tranne che ai cattolici, beninteso). Negli USA, non so.
Già Marco,
ma così combatteremo sempre in difesa, arretrando!
Mi poco anche un’altra domanda:
– ma che cosa vanno a fare in giro per il mondo, a spese nostre, i nostri politici di dx e sx?
A ballare alla festa degli italo-americani? a cercare scuole e loft per i figli?
Sylvi
mi pongo, non mi poco!
nessuno investirà in Italia perchè il costo del lavoro strozza le imprese che vogliono crescere e pagando dignitosamente gli operai.
Scusi, gentil signora dei monti e delle valli del paradiso carnico. Mi faccia capire, lei dice che “il costo del lavoro strozza le imprese” Non sono un economista, ne un operaio, ma leggo i giornali, dove ce scritto che:
1) le paghe dei lavoratori, sono ferme al 1993.
2) e sono fra i peggio pagati in Europa
e allora?? di che parla?? mi dica!!!
Lunarossa
Superficiali, infidi, menefreghisti, FURBI, ma soprattutto non capiscono la nostra assoluta mancanza di senso civico.
——–
Al ristorante della mia amica, a Milano, viene gente di tutto il mondo. I peggiori sono sempre gli inglesi. Sono invece clienti graditissimi un paio di compagini di turco-armeni, gente di grande cortesia, correttezza e amabilità. Quando la mia amica aveva un bar-tavola calda in piazza Duomo, sempre a Milano, diceva sempre che il porcile lo lasciavano gli inglesi e i più puliti ed ordinati erano i turchi. Da diversi grandi viaggiatori, ho sempre sentito parlare molto bene dei turchi e molto male degli inglesi. Il mio amico pilota grande viaggiatore odiava gli inglesi, che trovava il popolo più antipatico d’Europa. Fuori dell’Europa, amava gli americani, che trovava sempre disponibilissimi, mentre non sopportava i cinesi dell’epoca di Mao, acidissimi ed ostili allo straniero. Tornato in Cina nel dopo-Mao, ha trovato comunque grandi cambiamenti in meglio, anche nelle maniere della popolazione verso gli stranieri.
E’grave; sorprendente che Berlusconi non sia stato giudicato il peggior amministratore dal 1945.
L’Italia sarà l’unico paese eurozona con 3 anni consecutivi di recessione.
Noemi o non Noemi, è questo il vero peccato di Berlusconi.
Financial Times
cara Sylvi, dobbiamo metterci in testa che abbiamo una classe politica del tutto incapace di fare il proprio lavoro, da qualsiasi angolazione la si guardi. Le poche valide eccezioni, sono tenute distanti dal ponte di comando, proprio per non disturbare i manovratori. Ti riporto un piccolo estratto da un’intervista fatta dal mio giornale ad una valida candidata del PD alle Europee, una che avrebbe tutti i titoli per far bene il suo lavoro: …”Devo amaramente constatare che l’organizzazione regionale del PD si sta adoperando ben poco per le elezioni europee. Non c’è una linea di coordinamento chiara, non ci sono eventi programmati. Siamo abbandonati a noi stessi. Un candidato giovane ma competente e motivato come me, non ha nessuna vetrina”….
A parlare è l’avvocato 39enne Cinzia De marzo da 15 anni specialista in Diritto ed Economia delle Comunità Europee.
Gli imprenditori biscegliesi stanno esplorando i mercati russo e giapponese, partecipando alle fiere campionarie di settore. La clientela russa è considerata di prim’ordine, precisa e puntuale nei pagamenti, attenti alla qualità del prodotto più che al prezzo. I giapponesi, a sentire gli imprenditori biscegliesi, non godono della stessa credibilità dei russi, sono considerati un po’ alla maniera in cui Sylvi considera gli italiani; comunque sembra ci sia da lavorare bene anche con loro.
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Qui al Sud lo sappiamo bene. Ecco perchè abbonda il lavoro nero. E’ una forma di autodifesa.
autodifesa di chi e di che e da cosa!!
Lunarossa
Un prigioniero di 12 anni a Guantánamo
La denuncia di un gruppo di attivisti
Democracy Now – In Afganistan, un gruppo di difesa dei Diritti Umani afferma che un prigioniero afgano di Guantánamo aveva solo 12 anni quando fu incarcerato e non 17 o 18 come sostiene il Pentagono.
Mohammed Jawad è prigioniero a Guantánamo da più di sei anni.
Molti afgani poveri non conoscono la loro età con esattezza per la mancanza di registri precisi, ma la Commissione Indipendente dei Diritti Umani dell’Afganistan dice che nelle interviste con la famiglia di Jawad è stato chiarito e visto perfettamente che questi non era nemmeno un adolescente quando lo catturarono.
Il gruppo degli attivisti affermano anche che Jawad ha subito ripetute torture sia in Afganistan che nella giurisdizione degli Stati Uniti.
OK, sono in partenza. Niente terre lontane ed inesplorate, ma semplicemente il Golfo di Gaeta. Starò via una settimana e non so se avrò la possibilità di accedere ad Internet. Ci si risente ad ogni modo il 9 Giugno, per commentare i risultati delle votazioni.
Un saluto a tutti.
Lunarossa, è inutile che perda tempo a spiegartelo: non sei in grado di capirlo.
Sylvi avrà capito benissimo a cosa mi riferisco e tanto mi basta.
Oltretutto anche D’Alema si è espresso all’epoca in maniera inequivocabile, dicendo che sarebbe stato perfettamente in grado di debellare il lavoro nero in Puglia, ma poi avremmo dovuto accollarci tre milioni di disoccupati. Se lo ha detto lui…
Chiusa una base per i suicidi dei militari
Un’ondata di suicidi nella base militare di Forte Campbell ha obbligato l’esercito statunitense a chiudere temporaneamente la base per cercare di controllare la situazione ha reso noto la catena TV della CNN, rivelando che dall’inizio dell’anno 11 soldati si sono tolti la vita in questa installazione situata nel Kentucky, sede della 101ª Divisione Aerotrasportata.
L’importante base resterà chiusa per tre giorni, la tappa destinata dall’armata per realizzare “esercizi antisuicidio”, si precisa.
In accordo con una fonte militare consultata dalla CNN, questa è la seconda decisione del genere presa nel 2009.
Come parte delle misure adottate dai capi della base c’è stato il cambio del capo dell’unità – il generale Stephen Towsend – che conta 19.000 militari della 101ª Divisione, truppe che hanno partecipato all’occupazione dell’Iraq e dell’ Afganistan.
Il portavoce dell’installazione, Nelly Tyler, ha riferito che la sostituzione è un tentativo di far capire ai soldati la preoccupazione del comando per il tema dei suicidi.
Gli esperti attribuiscono il fenomeno allo stress sperimentato dai militari del Pentagono nelle operazioni di guerra e le difficoltà da affrontare quando ritornano a casa.
Nel 2007, 115 soldati si tolsero la vita; nel 2008 sono stati 143 e nei primi cinque mesi di quest’anno sono già stati 64.
x marco tempesta
Buon viaggio e buona vacanza al mare.
Un saluto.
pino
mio caro Lunarossa,
non so di qual gentil contrada d’Italia!
Qui, 1000 euro all’operaio costano 2500 all’impresa.
In Germania 1800!!!
7ooeuri di differenza con i quali si possono aumentare i salari e investire PER IL FUTURO di altri lavoratori! Le è chiaro?
Le comunico che sono piuttosto contrariata e indispettita perchè mi spande un tubo in sala termica, non ho un uomo in casa e sono costretta, di sabato, a pietire un amico dell’amico dell’amico che venga a dare un’occhiata!!!
Crede che lo troverò in questo paradiso friulano?
Info: I friulani sono di origine euganea- romana!
I carnici sono celti!
E l’idraulico mi costerà un botto, a trovarlo!!!!
Sylvi
Lacrime di dolore
cristalli limpidi e veri
di cuore spezzato
cadono giù
ma non fanno rumore
lentamente scivolano dentro l’anima
ne sento il sapore
dolce e amaro al contempo
le offro alle stelle
come sacrificio d’amore
come offerta di pace
per chi pace non ha
e non è baratro
e non è nulla
quell’arcobaleno riflesso
che nei cristalli
vedo nascere adesso…