Newman ed Elfman: quando la colonna sonora suona bene anche senza il film
L’altra sera ho visto finalmente “Revolutionary road”, un bel rimescolamento delle viscere, il mal di vivere che nella coppia raddoppia. Perfetta la colonna sonora. Ho aspettato come sempre i titoli di coda per conoscere l’autore: Thomas Newman. Sentivo quel certo suono già amato in “American beauty”: non a caso il regista è lo stesso, Sam Mendes. Thomas è nipote di Randy, altro asso del soundtrack (da “You can leave your hat on” cantata da Joe Cocker per “Nove settimane e mezzo” ad una miriade di supercartoon). Da “American beauty” ascolto con gusto, anche sganciati dalle immagini, soprattutto “Dead already” e quello che dà il titolo al film. Da non perdere la versione firmata Ministry of sound ”Jackatta/American Beauty” , più avvolgente con l’aggiunta di un bel ritmo e di voci femminili “etniche”. E sempre a proposito di colonne sonore, mi ha molto colpito, dando una buona dose di pathos al film, quella di “Milk” con Sean Penn ancora più brutto per colpa di un naso finto (non gli bastava quello originale…), ma bravissimo neanche dirlo. Una trentina i brani, meno minimalisti e più sinfonici di quelli di Newman jr. Molti non arrivano al minuto, ma quelli più lunghi sono una favola: quello usato per i “main titles” ha un violoncello da brivido (più invadente il sax, ma va bene così), “Politics is theater” si chiude con un trionfo di fiati, “Gay rights now” lo dedico a Povia, “Harvey’s last day” ha un piano che fa piangere. Dimenticavo, l’autore è Daniel Elfman, inseparabile compagno di ventura di Tim Burton.
Ti leggo sempre. Non commento perchè mi piace leggere, apprendere. E come ascoltare la musica, uno la ascolta in silenzio.
pietro
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