Onore ai giornalisti come l’israeliano Gideon Levy! Anziché il volgare provincialismo degli scontri Santoro-Annunziata, a quando anche in Italia un dibattito in tv come quello andato in onda negli Usa e che posto oggi interamente tradotto nel blog?
Mentre da noi infuria il provincialismo dello scontro Santoro/Annunziata a causa dell’ultima puntata di Anno Zero ritenuta da molti troppo a favore dei palestinesi, come se essere contro le mattanze ” a prescindere” sia vietato, su Facebook un gruppetto di miei colleghi ha lanciato l’idea del Premio Nobel per la Pace al giornalista israeliano Gideon Levy, che ha scelto da tempo di vivere a Gaza. Proposta chiaramente impossibile, che mi è stato addirittura chiesto di patrocinare (!), ma che vale la pena rendere nota anche per tacitare i troppi imbecilli e disonesti di casa nostra. Queste le motivazioni:
“Gideon Levy è’ il giornalista israeliano di Haaretz che da anni incarna l’anima più illuminata del suo popolo. Una vera colomba della pace che con le sue lucide analisi e i suoi coraggiosi commenti ha finito per diventare una spina nel fianco dei falchi che si sono succeduti al governo. La sua voce rappresenta la vera coscienza – non solo quella critica – di una nazione che ha subito inique persecuzioni ed atroci sofferenze, ma che oggi rischia di trasformarsi nel carnefice di un popolo con il quale è destinato invece ineluttabilmente a convivere.
Anche stavolta, in occasione della guerra ad Hamas, di fronte al terribile massacro degli inermi abitanti della Striscia di Gaza, la voce di Gideon Levy sembra essere l’ultimo baluardo della ragione contro il cieco furore dei suoi governanti. In poco più di 15 giorni sono rimasti sul campo mille palestinesi, di cui la maggior parte civili: donne, anziani e bambini (più di 300). Uno spargimento di sangue caratterizzato da veri e propri episodi criminali (come quello di Zeitun, con i 110 civili ammassati in un edificio poi bombardato; o la scuola con le insegne Onu presa a cannonate, provocando 40 morti, tutti civili) che rischia solo di alimentare vendette: altro odio, altra violenza, altri morti. Rafforzando, invece di indebolire, il terrorismo.
Gideon Levy non ha esitato a puntare il dito contro i responsabili – Ehud Olmert, Tzipi Livni ed Ehud Barak (“due di loro candidati a primo ministro; il terzo al un processo per crimini di guerra”) – con parole pesanti come pietre che nessun giornalista occidentale (e tanto meno italiano) avrebbe mai osato pronunciare: “Se continueremo così – ha scritto sulle colonne di Haaretz – prima o poi a L’Aia (sede del Tribunale internazionale per i crimini di guerra, ndr) sarà creata una nuova corte speciale”.
Tutto ciò gli sta ovviamente procurando minacce ed insulti da parte dei più fanatici. Ma lui non sembra curarsene: “Uno spirito malvagio è calato sulla nazione. Questo non è il mio patriottismo. Il mio patriottismo è criticare, fare domande le fondamentali. Questo non è solo il momento dell’uniforme e della fanfare, ma dell’umanità e della compassione”.
Mi chiedo quando in Italia, dove si annega nel bicchier d’acqua versato in modo molto prepotente da Lucia Annunziata, potremo vedere un dibattito televisivo come quello andato in onda negli Usa, che con buona pace delle Lucie Annunziate spazza via una serie di luoghi comuni e di consolidate bugie e che è stato tradotto per noi dal lettore che si firma Vox e che ringrazio per la disponibilità:
“Ex-ambasciatore Martin Indyk contro Norman Finkelstein.
Un dibattito sull’assalto a Gaza da parte di Israele e sul ruolo degli USA nel conflitto. L’attacco di Israele contro Gaza e’ al tredicesimo giorno [ormai 23-mo – N.d.T.]. Circa 700 palestinesi sono stati uccisi [oggi oltre 1200 – N.d.T.], alcune migliaia sono rimaste ferite e la crisi umanitaria si ingigantisce. Intanto, sono morti 10 israeliani, di cui 4 colpiti da fuoco amico. Un cessate il fuoco non e’ ancora stato raggiunto e l’offensiva continua.
Oggi ospitiamo un dibattito tra Martin Indyk, ex ambasciatore degli USA in Israele e Assistente del Segretario di Stato per gli Affari del Medioriente durante la presidenza Clinton, direttore del Centro Saban per le Politiche del Medioriente presso l’Istituto Brookings e autore di Gli Innocenti all’Estero: Un rapporto approfondito sulla diplomazia americana della pace nel Medioriente, e Norman Finkelstein autore di numerosi libri, incluso L’Industria dell’Olocausto, Immagine e realta’ del conflitto israeliano-palestinese, e Al di la’ di Chutzpah.
JUAN GONZALEZ: Decine di migliaia di palestinesi hanno dovuto fuggire dalle loro case nella citta’ di Rafah, mentre Israele intensifica l’assalto alla Striscia di Gaza. I palestinesi hanno raccontato degli attacchi aerei israeliani che hanno colpito abitazioni, moschee e tunnel della zona. L’Agenzia France-Presse ha citato le parole dei testimoni, secondo i quali dozzine di carri armati israeliani sono entrate nel sud di Gaza, dirigendosi verso Rafah. Sono stati anche confermati i violenti scontri tra i combattenti palestinesi e i soldati israeliani attorno Khan Yunis. L’ONU ha riferito che le forze israeliane hanno sparato contro uno dei suoi convogli umanitari. Al Jazeera riporta che almeno un palestinese e’ stato ucciso e altri due feriti durante questo attacco. Intanto, Israele ha continuato a bombardare Gaza, compiendo 60 attacchi aerei in una notte. Gli abitanti l’hanno descritto come uno dei bombardamenti piu’ pesanti da quando e’ cominciata l’offensiva.
Al Jazeera comunica che almeno 700 [oggi oltre 1200] palestinesi, di cui 219 bambini [oggi oltre 450] sono morti a Gaza dall’ inizio dell’aggressione, ovvero dal 27 dicembre 2008. Oltre 3000 persone [attualmente oltre 4000] sono rimaste ferite. Intanto, 10 israeliani sono morti nello stesso lasso di tempo, di cui 7 militari. Quattro di loro uccisi dal cosi’ detto fuoco amico.
Sul fronte diplomatico, continuano gli sforzi per assicurare un armistizio a Gaza, con rappresentanti ufficiali di Israele che andranno al Cairo per ascoltare i dettagli di un piano di tregua messo a punto da Egitto e Francia. Mercoledi’, Israele ha detto che accetta in linea di principio la proposta, ma vuole studiare il piano. Una delegazione di Hamas e’ attesa al Cairo per colloqui paralleli.
Il leader palestinese Mahmoud Abbas e’ atteso per venerdi’. Nel frattempo, il consiglio di sicurezza dell’ONU sembra in un vicolo cieco sulla crisi. I paesi arabi vogliono un Concilio che voti una risoluzione per mettere fine all’attacco, mentre la Gran Bretagna, la Francia e gli USA spingono per una dichiarazione piu’ blanda, approvando la proposta franco-egiziana.
AMY GOODMAN: Ora passiamo al ruolo degli Usa nel conflitto e alle prospettive della nuova amministrazione di Obama. Martin Indyk e’ un consigliere di Hillary Clinton, la quale e’ stata invitata a diventare Segretario di Stato di Obama ed e’ un potenziale inviato speciale nel Medioriente. Martin Indyk e’ in collegamento con noi da Washington, D.C. Siamo anche in collegamento con Norman Finkelstein qui a New York, uno dei leader fra i critici della politica estera israeliana e autore di molti libri. Ci rivolgeremo per primo all’ambasciatore Indyk.
Potrebbe spiegarci la sua opinione sul perche’ Israele abbia iniziato questo attacco?
MARTIN INDYK: Buon giorno, Amy. Mille grazie per avermi invitato a partecipare a questo show. Mi sento un po’ in trincea, qui, perche’ non mi era stato detto che ci sarebbe stato un dibattito con Norman Finkelstein. Non sono interessato a farlo. Inoltre, non sono un portavoce di Israele. Tuttavia, cerchero’ di rispondere alle domande come meglio posso.
Penso che quel che e’ avvenuto sia questo: c’era una tregua informale tra Hamas e Israele che e’ stata mantenuta per circa 5 mesi. Poi Hamas ha deciso di rompere la tregua sparando una lunga serie di razzi su civili israeliani nel sud di Israele. E il governo israeliano ha risposto con una forza intesa, come hanno detto, a ristabilire la deterrenza e a prevenire Hamas dal farlo ancora, e anche per far smettere Hamas di contrabbandare armi a Gaza.
AMY GOODMAN: Norman Finkelstein, qual e’ la sua opinione sull’attacco di Israele?
NORMAN FINKELSTEIN: Be’, la situazione mi sembra molto chiara. La risposta si puo’ trovare sul sito israeliano, il website del Ministero degli Esteri. Mr. Indyk e’ stato corretto circa il fatto che Hamas abbia aderito alla tregua dal 17 giugno al 4 novembre 2008. Ma e’ dal 4 novembre in poi che il signor Indyk, secondo me, se ne va per la tangente. Il rapporto e’ chiaro: Israele ha rotto la tregua entrando a Gaza e uccidendo 6 o 7 combattenti palestinesi. A questo punto – e sto citando il website ufficiale di Israele – Hamas ha reagito all’attacco israeliano, lanciando dei missili.
Ora, per quanto riguarda il motivo, anche questo e’ chiaramente espresso dal rapporto. Secondo Haaretz, il ministro della Difesa Ehud Barak ha incominciato i suoi piani di invasione ben prima che sia addirittura cominciata la tregua.
Infatti, secondo l’Haaretz di ieri, questi progetti di invasione sono nati a Marzo [2008]. E la motivazione principale dell’invasione penso sia duplice. Primo: come anche il signor Indyk osserva correttamente, per sottolineare quel che Israele chiama “capacita’ di deterrenza”, che in parole povere rappresenta la capacita’ di Israele di terrorizzare la regione e costringerla alla sottomissione. In seguito alla sconfitta nel luglio 2006 in Libano, [Israele] ha sentito la necessita’ di passare il messaggio che Israele e’ ancora una potenza combattente, ancora in grado di terrorizzare coloro che osano sfidarne la parola.
La seconda ragione principale dell’attacco e’ che Hamas stava dando segnali di volere una risoluzione diplomatica del conflitto in base ai confini del giugno 1967. Cioe’ Hamas si era unita al consensus internazionale, alla maggioranza della comunita’ internazionale, cercando una risoluzione diplomatica. A questo punto, Israele e’ stata messa di fronte a quel che gli israeliani chiamano “un’offensiva plestinese pacifica”. Per sconfiggere questa offensiva pacifica, hanno deciso di smantellare Hamas.
JUAN GONZALEZ: Vorrei rivolgermi all’ambasciatore Indyk. Questo ritornello che i sostenitori di Israele ripetono, che Hamas voglia la distruzione di Israele. Secondo lei, nell’ultimo anno c’e’ stato un cambiamento nella posizione dei leader di Hamas?
MARTIN INDYK: No, non credo che ci siano prove di questo. Hamas e’ molto chiara sul fatto che non vuole la pace con Israele e non riconoscera’ Israele. La sua intenzione e’ di distruggere lo stato ebraico, e che e’ un abominio nel cuore della terra araba, del mondo islamico e cosi’ via. Insomma, non vedo alcun cambiamento. Penso che il solo cambiamento sia sul territorio. Hamas, avendo vinto le elezioni (e non abbiamo bisogno di addentrarci nei dettagli) come risultato di una gara tra Hamas e Fatah su chi sia il leader, Hamas ha preso il controllo di Gaza con la forza, in effetti con un colpo di stato contro l’Autorita’ Palestinese. Cosi’, e’ passata da organizzazione terroristica a governo terrorista, responsabile del controllo del territorio di Gaza e responsabile delle necessita’ di un milione e mezzo di palestinesi. Tra l’altro questo e’ stato un cambiamento contestato all’interno di Hamas. La leadership esterna di Hamas, che ha sede a Damasco ed ha a capo Khaled Meshal, era contraria all’idea di prendere il controllo di Gaza, proprio perche’ non voleva la responsabilita’ dei bisogni degli abitanti di Gaza. Ma i militanti di Hamas hanno deciso di prendere Fatah e sbatterla fuori.
Di conseguenza, Hamas si e’ ritrovata ad affrontare un dilemma. Dovendo governare Gaza, col tempo avrebbe dovuto moderare le proprie posizioni. Nel contesto degli sforzi diplomatici per una tregua, ora devono o continuare ad attaccare Israele da Gaza e quindi non accetteranno alcuna condizione proposta da Israele per fermare il contrabbando di armi, oppure devono concentrarsi sui bisogni della loro gente.
A tale scopo, vorranno l’apertura dei passaggi, affinche’ la gente possa entrare e uscire da Gaza. In altre parole, dovranno fare una scelta: se vogliono usare questa tregua e continuare quel che loro chiamano resistenza, ma che noi recepiamo come violenza e terrorismo contro i nostri civili, oppure se concentrarsi sulle responsabilita’ per Gaza. E questo dilemma, come ho detto, potrebbe portarli a moderarsi, ma per adesso non ne vedo ancora traccia.
AMY GOODMAN: Norman Finkelstein?
NORMAN FINKELSTEIN: Io credo che il problema della presentazione del signor Indyk sia il costante rivoltare cause ed effetti. Poco fa ha detto che e’ stata Hamas a rompere la tregua, sebbene sappia benissimo che e’ stata invece Israele a romperla il 4 novembre. Ora rivolta causa ed effetto su come si sia creato l’impasse. Nel gennaio del 2006, come egli stesso scrive nel suo libro, Hamas e’ arrivata al potere durante libere elezioni. Ora, pero’, sostiene di aver scritto che Hamas sia arrivata al potere grazie a un colpo di stato per eliminare l’Autorita’ Palestinese. Io sono certo che il signor Indyk sappia bene, come e’ stato documentato nel numero di aprile 2008 di Vanity Fair dallo scrittore David Rose in base a documenti interni USA, che erano proprio gli Usa, assieme all’ Autorita’ Palestinese, a voler fare un putsch contro Hamas, la quale e’ riuscita ad evitarlo. Questo non e’ un punto controverso, e’ un fatto.
Ora il signor Indyk ci dice che Hamas e’ riluttante o poco chiara sul fatto di voler o meno governare Gaza. Ma la questione non e’ se voglia o non governare. La questione e’: potra’ governare a Gaza se Israele continua a mantenere l’embargo e rende impossibile ogni attivita’ economica tra i palestinesi? Tra l’altro, l’embargo era stato messo in atto ben prima che Hamas andasse al potere. L’embargo non ha niente a che fare con Hamas. L’embargo e’ arrivato quando degli americani, in particolare James Wolfensohn, erano stati mandati la’ per cercare di romperlo, dopo che che Israele aveva rimesso le proprie truppe a Gaza. [un passaggio poco chiaro nell’originale – N.d.t.]
AMY GOODMAN: L’ex presidente della Banca Mondiale [James Wolfensohn]?
NORMAN FINKELSTEIN: Esatto. Tutto il problema sta nel fatto che Israele non vuole che Gaza si sviluppi e non vuole risolvere il conflitto diplomaticamente. Il signor Indyk sa benissimo che entrambe le leadership di Damasco e di Gaza hanno ripetutamente annunciato di desiderare la risoluzione del conflitto in base ai confini del giugno 1967. La cosa e’ ben documentata. E’chiara senza alcuna ambiguita’. Ogni anno, l’Assemblea Generale dell’ONU vota una risoluzione per una soluzione pacifica della questione palestinese. E ogni anno il voto e’ lo stesso: tutto il mondo da una parte, e Israele/Usa/Australia e qualche atollo dei Mari del Sud dall’altra. Il voto nel 2008 e’ stato 164 a 7. Nel 1989, il voto era 151 a 3. Ogni anno abbiamo tutto il mondo da una parte e Usa/Israele/Rep. Dominicana dall’altra. Abbiamo la Lega Araba, 22 membri, a favore della soluzione dei due stati in base ai confini del giugno 1967. Abbiamo l’Autorita’ Palestinese a favore della soluzione dei due stati in base ai confini del giugno 1967. Adesso abbiamo anche Hamas a favore della soluzione dei due stati in base ai confini del giugno 1967.
Ma l’unico e solo ostacolo e’ Israele, sostenuta dagli Usa. Questo e’ il problema.
AMY GOODMAN: Dunque, ambasciatore Indyk, perche’ Israele non accetta questa tregua?
MARTIN INDYK: Guardi, Amy, io ero stato invitato qui per parlare del mio libro e della situazione a Gaza. Non a un dibattito con Norman Finkelstein, e non sono preparato a questo. Percio’ se lei vuole parlare della situazione, sono lieto di farlo, ma non sono qui come rappresentante del governo israeliano. Puo’ facilmente invitare qualcun altro a…
AMY GOODMAN: No, certo che no. Ma noi le chiediamo la sua opinione. Io non gliela chiedo come a un rappresentante di Israele. Chiedo solo la sua personale opinione.
MARTIN INDYK: Be’, perche’ non ci concentriamo su qualche altro aspetto, come il ruolo dell’America, o qualcosa del genere?
AMY GOODMAN: Molto bene.
MARTIN INDYK: Usciamo da questo ridicolo dibattito, in cui lui fa solo propaganda per Hamas.
AMY GOODMAN: Mi permetta di farle ascoltare l’attuale Segretario di Stato Condoleezza Rice, quel che ha detto l’altro giorno all’ONU a proprosito del raggiungimento di un accordo sulla tregua. Mi permetta di mostrarle questo video:
CONDOLEEZZA RICE: Centinaia di migliaia di israeliani sono vissuti ogni giorno sotto il tiro dei missili e francamente nessun paese, nessuno dei nostri paesi, sarebbe disposto a tollerare circostanze del genere. Inoltre, la popolazione di Gaza ha dovuto assistere alla diminuzione della sicurezza e all’aumento di mancanza di legge, al peggiorare delle loro confizioni di vita a causa di Hamas, che ha iniziato con un colpo di stato illegale contro l’Autorita’ Palestinese. Una tregua che ritorni a quelle circostanze e’ inaccettabile e non durerebbe. Dobbiamo urgentemente convenire su una tregua che possa durare e possa portare reale sicurezza.
AMY GOODMAN: Ambasciatore Indyk, quale sarebbe la sua risposta al segretario di Stato? Lei sara’ consigliere del nuovo Segretario, Hillary Clinton. Pensa che l’amministrazione Obama debba spingere per una tregua subito?
MARTIN INDYK: Mi permetta di fare un’altra precisazione prima di rispondere. Io ero consigliere di Hillary Clinton durante la sua campagna per la presidenza, ma al momento non sono ancora suo consulente e nulla di quel che posso dire qui dev’essere preso come il suo punto di vista.
Io credo che sia essenziale ottenere un cessate il fuoco al piu’ presto possibile. Penso che si stiano facendo molti sforzi, come si e’ gia’ descritto. Spero che questo possa avvenire prima che il neo-eletto presidente Obama occupi lo Studio Ovale tra [pochi giorni] e che il nuovo Segretario di Stato Hillary Clinton prenda il suo incarico.
Se cosi’ non dovesse avvenire, essi dovranno lavorare in modo molto efficiente per raggiungere l’obiettivo al piu’ presto, non solo per cercare di spingere verso una soluzione al conflitto israeliano-palestinese, ma secondo me anche per creare un nuovo contesto per una nuova iniziativa Obama-Clinton in vista di una poce onnicomprensiva che coinvolga anche negoziati tra Israele, Siria e Libano.
Il neo-presidente Obama ha detto durante la campagna elettorale che sara’ la sua priorita’ fin dal primo giorno e penso che questo sia molto importante. Ma il suo desiderio di occuparsi di questo problema e’ diventato ora una necessita’ per via della crisi di Gaza, una necessita’ per due, anzi, per tre motivi.
Il primo e’ di porre fine a questo conflitto dopo tutti questi anni e tanti morti da entrambe le parti. Il secondo e’ che quelli del mondo arabo che vogliono trovare una soluzione al conflitto con Israele sono oggi seriamente indeboliti a causa di questa crisi a Gaza. C’e’ molta rabbia nel mondo arabo e islamico. Coloro che si oppongono a una soluzione pacifica del conflitto, a cominciare da Hamas, Hezbollah e leadership iraniana, questo blocco che rigetta la soluzione, ora ha il vento in poppa. Ed e’ molto importante morstrare che moderazione, compromesso, riconciliazione e pace possono prevalere e ottenere un buon risultato per i palestinesi e gli arabi, piuttosto che il punto di vista che [loro] propagandano, e che consiste in violenza, terrorismo e sfida.
JUAN GONZALEZ: Ambasciatore Indyk, vorrei farle una domanda sui tempi dell’offensiva israeliana. E’ chiaro che siamo agli sgoccioli dell’amministrazione Bush, prima che il neo-eletto Obama inauguri la presidenza.
Le ha la sensazione che i tempi [di questa offensiva] abbiano qualcosa a che vedere col fatto che la risposta degli Usa potrebbe mutare, o almeno transitare come transitano le amministrazioni?
MARTIN INDYK: E’ importante comprendere che la tregua e’ finita, una tregua di 6 mesi, e non credo che gli israeliani abbiano deciso di proposito che era il momento di colpire. Se Hamas non avesse lanciato razzi, penso che sarebbero stati perfettamente felici di continuare la tregua. Ehud Barak, il ministro della Difesa israeliano, e’ il vero stratega di tutta questa operazione ed e’ l’uomo con cui io ho lavorato molto da vicino quando ero ambasciatore in Israele (E.B. era il primo ministro all’epoca). Si cercava di ottenere una completa e onnicomprensiva pace nell’ultimo anno dell’amministrazione Clinton e nel primo anno di Ehud Barack come Primo Ministro. Ma quel che ho appreso nei giorni in cui ho lavorato con lui e’ che e’ un uomo che considera le operazioni secondo un calendario molto ristretto. Coltiva perfino l’ hobby di smontare orologi. Insomma, e’ ossessionato dai tempi e questo e’ qualcosa che io sottolineo nel mio libro, quando descrivo il modo in cui tento’ di portare avanti le operazioni di pace nel 2000. A quell’ epoca calcolo’ male i tempi.
Ora, ha davanti due date. La prima e’ quella alla quale ha fatto riferimento lei, 20 gennaio [2009], quando il nuovo presidente si insedia nel suo ufficio qui a Washington. George W. Bush ha sostenuto molto Israele e, per la maggior parte del suo governo, ha lasciato carta bianca a Israele nei confronti di Hamas (che egli considera un’organizzazione terroristica) perche’ cio’ fa parte della guerra al terrore. Percio’, si, credo che Ehud Barak abbia probabilmente calcolato che deve finire questa operazione sotto l’egida di Bush, prima che arrivi Obama.
Ma c’e’ una seconda data che credo sia ancora piu’ importante dal suo punto di vista: il 10 febbraio [2009]. In quella data egli dovra’ fronteggiare l’elettorato assieme gli altri politici di Israele, a meno che le elzioni non vengano spostate, cosa che potrebbe difficilmente accadere. Per tutte queste ragioni, ha bisogno che l’operazione abbia fine. Ma se l’esercito israeliano prendesse il controllo di Gaza City, del campo rifugiati a Jabalya e di Rafah City nel sud di Gaza, e poi improvvisamente l’elettorato israeliano il 10 febbraio vede che Israele ha di nuovo occupato Gaza (che aveva lasciato unilateralmente alcuni anni fa), che i soldati israeliani muoiono, che tutto il mondo condanna Israele e c’e’ una crisi nelle relazioni Usa-Israele col nuovo presidente, Ehud Barak non verra’ di certo ringraziato. Ed e’ per tutto questo che gia’ oggi potete vedere da parte sua molto interesse alla tregua e il governo israeliano ci sta lavorando sopra. Credo che cercheranno di arrivare a un accordo prima che Obama occupi la presidenza…
AMY GOODMAN: Norman Finkelstein, mi permetta di…
MARTIN INDYK: … in modo da mostrare al suo elettorato che e’ stata un’operazione di successo, dal punto di vista di Israele.
AMY GOODMAN: Norman Finkelstein, lei condivide il punto di vista dell’ambasciatore Indyk che Israele avrebbe continuato la tregua se Hamas non avesse cominciato a lanciare razzi?
NORMAN FINKELSTEIN: I documenti mostrano che Hamas voleva continuare la tregua, ma a condizione che Israele allentasse l’assedio. Come molti spettatori sapranno, molto prima che Hamas riprendesse i lanci di razzi verso Israele, i palestinesi soffrivano per una crisi umanitaria a Gaza, a causa del blocco. L’ex Alto Commissario per i Diritti Umani [ed ex-presidente dell’Irlanda] Mary Robinson ha descritto quel che avveniva a Gaza come “distruzione di una civilta’”. E questo durante il periodo della tregua. Ora teniamo a mente che il signor Indyk vuole parlare del suo libro. Ebbene, parliamo del libro. Sono rimasto alzato fino all’1:30 di notte per finire di leggerlo, per arrivare a pagina 415, e assicurarmi di aver letto ogni singola parola.
Il problema, con questo libro, come anche con la presentazione qui, e’ la sistematica distorsione dei dati del processo di pace. Egli mente non solo ai suoi lettori, ma a tutto il popolo americano. Continua a mettere il peso della responsabilita’ per l’impasse nel processo di pace solo sui palestinesi. Poco fa ha fatto riferimento a “coloro che rigettano” [la pace]e che stanno tentando di bloccare la soluzione del conflitto. Ma cosa mostrano i fatti? I fatti mostrano che negli ultimi 20 e passa anni, l’intera comunita’ internazionale ha cercato di sistemare il conflitto in base ai confini del giugno 1967, un’equa risoluzione per la questione dei rifugiati.
Allora, anche le 164 le nazioni dell’ONU sarebbero tra “coloro che rigettano” [la pace]? E i soli a favore della pace sarebbero gli USA, Israele, Nauru, Palau, la Micronesia, le Marshall Islands e l’ Australia? Chi sono veramente quelli che rigettano [la pace]? Che si oppongono ad essa? Secondo il racconto del signor Indyk sui negoziati che culminarono negli accordi di Camp David e Taba, egli ci dice che erano i palestinesi a bloccare la risoluzione. Ma cosa ci mostrano i fatti? I fatti mostrano che nell’istanza cruciale sollevata a Camp David (a quell’ epoca secondo i parametri di Clinton), e poi a Taba, su ogni singolo punto tutte le concessioni arrivavano da parte dei palestinesi. Israele non fece nessuna concessione. Tutti i compromessi venivano dai palestinesi. I palestinesi hanno ripetutamente espresso di essere disposti a sanare il conflitto secondo le leggi internazionali.
La legge e’ molto chiara. Luglio 2004: l’organo giudiziario internazionale piu’ alto, la Corte Internazionale di Giustizia, ha disposto che Israele non ha alcun diritto ne’ sulla West Bank, ne’ su Gaza. Non ha diritti su Gerusalemme. L’Est arabo di Gerusalemme, secondo l’alta corte giudiziaria, e’ un territorio occupato. La Corte Internazionale di Giustizia ha disposto che tutti i villaggi colonici del West Bank sono illegali secondo la legge internazionale. E’ importante notare che, malgrado cio’, su tutte queste questioni, i palestinesi erano disposti a fare concessioni. Erano disposti a permettere a Israele di tenersi il 60% dei territori colonizzati e l’ 80% dei coloni. Erano disposti a fare compromessi su Gerusalemme. Erano perfino disposti a rinunciare, in pratica, al loro diritto al ritorno. Hanno fatto tutte le concessioni possibili. Israele non ne ha fatta alcuna. Ora, come viene mostrato questo fatto nel libro di Martin Indyk?
Cito: “[Da una parte] la coraggiosa e audace iniziativa di Ehud Barak per la pace, e [dall’altra] Arafat e l’OLP che respingono queste inziative audaci e coraggiose”. Capovolge completamente la realta’.
AMY GOODMAN: Ambasciatore Indyk, cosa risponde?
MARTIN INDYK: Gliel’ ho detto, Amy, non sono qui per dibattere con Norman Finkelstein. Queste sono regole cha ha creato lei…
NORMAN FINKELSTEIN: Io sto parlando del suo libro.
MARTIN INDYK: …per invitarmi a questo programma. E non intendo rispondere a questi attacchi ad hominem.
AMY GOODMAN: Ma egli sta parlando del suo…
MARTIN INDYK: No. Mi lasci dire…
AMY GOODMAN: Ma noi desideriamo darle l’occasione di presentare il suo libro.
MARTIN INDYK: Si, gia’, questo e’quel che credevo voleste fare. Sul serio, spero che gli spettatori leggano il libro e si facciano la propria idea. Io ho cercato di fare un resoconto onesto. E’ un libro autocritico. Ed e’ un libro in cui ogni mia descrizione dell’accaduto e’ piena di profonde critiche agli errori che noi del gruppo americano per la pace abbiamo commesso. C’e’abbstanza critica da condividere. Il libro e’ critico anche dello stesso Ehud Barak ed e’ la voce piu’ onesta possible di qualcuno che e’ stato coinvolto in tutti questi negoziati, profondamente coinvolto.
AMY GOODMAN: Quali erano questi errori, ambasciatore Indyk?
MARTIN INDYK: Ho cercato di raccontarlo onestamente. E quel che Norman Finkelstein ha fatto e’ semplicemente distorcere le mie argomentazioni e caricarle con la sua solita batteria di risoluzioni legali, eccetera. Ma se la gente vuole capire quanto sia difficile costruire la pace, allora spero che legga, piuttosto che accettare la sua propaganda.
AMY GOODMAN: Come fara’ Obama a non ripetere gli errori del passato, come lei li delinea nel suo libro?
MARTIN INDYK: Grazie. Io credo che una lezione fondamentale, sia dal lato dell’approccio di Clinton, che voleva trasformare il Medioriente attraverso la pace, sia dell’approccio di Bush che voleva trasformarlo con la guerra, i cambi di regime e la promozione della democrazia, consista nel fatto che Obama, nel disegnare una visione di pace, sicurezza e normalita’ nella regione, debba anche essere molto realistico su quel che si puo’ raggiungere. Sia Clinton che Bush, cosi’ diversi sotto molti aspetti, hanno cercato di trasformare la regione a somiglianza dell’America. Io penso che Obama debba avere un approccio piu’ umile, meno arrogante e lavorare insieme ai leader e ai popoli della regione per aiutarli a muoversi verso un mondo di pace. Il ruolo americano e’ indispensabile. Ma dobbiamo essere piu’ saggi. Piu’ flessibili. Dobbiamo capire che esistono enormi differenze tra noi e loro, che dobbiamo avere piu’ attenzione per la loro cultura, i loro valori e la loro politica, piuttosto che presumere che siano i nostri stessi. Questo e’ un proposito molto generale, ma da esso puo’ scaturire piu’ saggezza nell’ affrontare i dettagli del costruire la pace. Non possono raggiungere la pace senza di noi, ma il nostro ruolo dev’essere piu’ saggio.
AMY GOODMAN: Norman Finkelstein, lei cosa pensa debba avvenire?
NORMAN FINKELSTEIN: A me sembra piuttosto chiaro. In primo luogo, gli USA e Israele si devono unire al resto della comunita’ internazionale e devono rispettare la legge internazionale. Martin Indyk dismette quelle che chiama risoluzioni legali. Ma io non credo che si possa volgarizzare la legge internazionale. E’ una cosa seria. Se Israele sfida la legge internazionale, dev’essere chiamato a risponderne, come ogni altro paese del mondo. Su un punto sono d’accordo con Martin Indyk. Il signor Obama deve mettersi allo stesso livello del popolo americano. Dev’essere onesto su quale sia il vero ostacolo alla soluzione del conflitto. Non sono le obiezioni palestinesi. E’ il rifiuto di Israele – sostenuta dal governo USA – di osservare le leggi internazionali e l’opinione della comunita’ internazionale. La sfida maggiore per tutti noi americani e’ quella di riuscire a vedere oltre le menzogne. E purtroppo, vedere oltre quelle menzogne propagandate da Martin Indyk nel suo libro con la pretesa che siano i palestinesi – e non Israele e gli Usa – il maggior ostacolo alla pace”.
credo di aver svelato l’arcano: qualcuno ha propalato una lettera di Egidia Beretta, che dovrebbe essere la amdre di vittorio che chiede la liberazione del figlio “arrestato” … Ma è datata 19 novembre 2008
“Apprendo con angoscia la notizia tanto temuta. Vittorio, altri internazionali e pescatori palestinesi fermati in mare dalla marina israeliana.
Allora non bastavano più le minacce, gli spari, le cannonate con acqua putrida e inquinata.
Bisognava proprio arrestarli questi pericolosi sovversivi che con quattro barche da pesca, armati solo di reti e a sole sette miglia da Gaza, mettevano in pericolo la grande potenza Israele!
Mi appello al Consolato Italiano di Gerusalemme, agli Stati democratici, a tutte le voci libere del mondo occidentale e orientale.
Di fronte a questo sopruso, (è forse troppo chiamarlo atto di pirateria?) non taciamo, esigiamo che sia rispettato il diritto internazionale, anche se a violarlo è “l’amico” Israele. Già fin troppo silenzio incombe sulla sorte di Gaza e dei suoi abitanti, sul suo assedio infinito.
Siano rilasciati subito i pescatori e con loro gli internazionali perchè ritornino a Gaza e riprendano il modesto, quotidiano lavoro.
Sono stata informata ora che tutti sono stati portati in Israele e sono sotto interrogatorio.
Che ne sarà di loro?”
Egidia Beretta, mamma di Vittorio Arrigoni
ps
Su fb, c’è persino un gruppo Vik Libero – Guerrilla Radio Libero – Vittorio Arrigoni Libero…
“A tutti coloro che perseguono i propri scopi con il terrore e l’assassinio degli innocenti possiamo dire…non sopravviverete, noi vi sconfiggeremo”.
Miracolo!!! 330 milioni di suicidi. U.
Ban ki-Moon fa anche lui l’equilibrista…
Qui sembra Claudio “Gragnuola” Pagliara, che qualche settimana fa, in collegamento da Sderot, dopo il terzo o quarto Quassam caduto in una settimana parlò di “una granuola di razzi”…
Gaza/Ban Ki-moon a Sderot: Razzi Hamas spaventosi e inaccettabili Gaza/Ban Ki-moon a Sderot: Razzi Hamas spaventosi e inaccettabili Segretario generale Onu in visita nel sud di Israele Sderot, 20 gen. (Ap) – Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in visita a Sderot, nel sud di Israele, ha condannato il lancio di razzi da parte di Hamas verso lo Stato ebraico, definendolo “spaventoso e inaccettabile”. (segue) Bla 20-GEN-09 16:27 NNNN
Ha idea di che razza di errore sarebbe questo per Hamas? mt
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Teoricamente ….
Ma siccome all’atto pratico nessuno impedirà ad Issraele di continuare a fare tutto quello che vuole (compreso quellio di massacrare un migliaio e più di civili come semplcie rappresaglia, in caso di mantenimento del blocco Hamas continuerà a lanciare razzi come segno di resistenza. Direi che avrebbero tutte le ragioni.
Quello che invece realmente non capisco è l’opposizione di Hamas ad osservatori internazionali. Non avrebbero assolutamente nulla da perdere. U.
x Uro
Quello che invece realmente non capisco è l’opposizione di Hamas ad osservatori internazionali. Non avrebbero assolutamente nulla da perdere.
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è una questione d’immagine: sarebbe l’ufficializzazione della sconfitta
x TUTTI
http://www.gazatoday.blogspot.com/
Questo è il blog di un giornalista palestinese che sta a Gaza. Me se date un’occhiata alla colonna di destra della home page del nostro blog potete scegliere tra moltissimi siti israeliani, palestinesi, ebrei, perfino di rabbini, frati cattolici, politici, intellettuali e uomini qualunque di buona volontà per la pace e l’eguaglianza tra israeliani e palestinesi. Non tutti infatti sono criminali e disonesti né in una parte né in un’altra. Non tutti si limitano a parlarsi e a farsela addosso come nel Belpaese delle notizie taroccate e della Memoria da smemorati a senso unico.
Un caro saluto a tutti.
pino
CHIESA PADRONA – Il Vaticano, nei confronti dell’ITALIA, non sta certo con le mani in mano. Le usa entrambe: una mano aperta a palma larga per chiedere quattrini, l’altra mano svolazzante per suonar ceffoni in faccia alla politica. Questo doppio registro si consuma all’ombra del diritto, trova nella legge il proprio schermo protettivo. Anzi: l’alibi perfetto è la legge più alta, quella scolpita sulle tavole della Costituzione.
Michele Ainis per “La Stampa” – Brano tratto dal nuovo libro di Michele Ainis “Chiesa padrona. Un falso giuridico dai Patti Lateranensi a oggi”, in uscita da Garzanti (pp. 115, e13)
Michele Ainis
SEGUE SU: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-2847.htm
A Gaza si interrompe la tregua: gli aerei israeliani tornano a bombardare per rispondere a 8 colpi di mortaio
Last update – 23:25 20/01/2009
IAF bombs Gaza target after 8 mortar shells fired at Israel
By Amos Harel, Haaretz Correspondent
Tags: Israel, Israel News, Hamas
The Israel Air Force on Tuesday evening bombed a target in the Gaza Strip used earlier in the day Palestinian militants to fire eight mortar shells at Israel.
Militants on Tuesday also opened fire at Israel Defense Forces soldiers in Gaza in two separate incidents, in the first violation of a shaky cease-fire in the coastal strip that ended Israel’s 3-week offensive against Hamas.
No IDF soldiers were wounded in the incidents, one of which took place near the Kissufim border crossing, and the other in the center of the Strip. In one of the incidents the troops returned fire.
Also Tuesday, Gaza militants in the Gaza Strip fired a mortar shell toward Israel, the IDF said. But police reported that it looked like the projectile never reached Israel.
Earlier in the day, Israeli security forces backtracked on an earlier report of a firing. The military said a warning siren that went off was a false alarm.
On Monday, IDF officers supervising the pullout of troops from Gaza were working to have the last soldier leave Gaza on Tuesday before the inauguration of United States President Barack Obama at around 6 P.M. Israel time.
The IDF was expected Tuesday to begin discharging many of the reservists drafted two weeks ago under emergency call-up orders.
Troops began significantly reducing their presence in the Gaza Strip as early as Saturday night, immediately after Israel declared the unilateral cease-fire which put an end to Operation Cast Lead. The troops took key positions around the Strip, poised to reenter if and when ordered.
IDF sources said that the peace was maintained despite alleged orders by Hamas leadership in Damascus for their operatives in Gaza to carry out attacks against IDF forces. Israeli officers said that the militants had chosen to ignore the order.
Hamas militants on Monday took steps to avoid violating the cease-fire, not firing any rockets into Israel and not attacking the IDF troops still stationed in the Strip.
@ Vox (112)
Mi riferivo al n° 84 che, postato da un sedicente “negromante”, si componeva di 400 righe in inglese su temi astrologici (chissà, un omaggio a Emmettì?) e di cui, con il mio n° 85 (ora 84) le chiedevo, con ironia e senza ovviamente aspettarmela, la traduzione.
Probabilmente Pino Nicotri ha pensato bene di rimuoverlo [così come il n° 71 postato da Gallo Strada a cui ho risposto con il n° 75 (ora 74)] , dato l’evidente intento spammatorio.
x Uro
MANCA GATES, AL SICURO IN CASO CATASTROFE
Washington – Grande assente alla cerimonia di investitura di Barack Obama, Robert Gates, il capo del Pentagono scelto come “successore designato” del presidente, in caso di catastrofe o attacco terroristico. E’ tradizione del governo statunitense infatti indicare un successore presidenziale, che non partecipa agli eventi quando sono molto affollati (per esempio, il discorso annuale sullo Stato dell’Unione, che il presidente pronuncia dinanzi ai due rami del Congresso). Gates ha trascorso la giornata in un’installazione militare segreta.
L’idea e’ di garantire la continuita’ del governo con una persona che abbia un mandato chiaro di fronte al Paese. Gates e’ una scelta particolarmente idonea perche’ perche’ e’ stato segretario alla Difesa durante il mandato del presidente uscente, George W. Bush, e Obama gli ha chiesto di rimanere al suo posto. (AGI) 17:18
x Falco
Quella donna è in contatto con Vittorio, perciò credo sia informata o allarmata a ragion veduta. A me risponde una voce registrata che dice “Il numero può essere occupato o inesistente”, però forse l’ho trascritto male perché mi sono accorto di uno spazio vuoto tra due sue cifre.
Non ci resta che aspettare.
pino
x Pino
resta il fatto che la lettera è datata 19 novembre (c’è anche l’orario: 7,22 di mattina)…
Temo anch’io, tuttavia, che qualcosa di grave stia accadendo…
E comunque non è Cluadia ad aver lanciato l’allarme…
ps
fossi in te, volendo (e potendo) chiamerei Giulietto Chiesa
… lui avrà sicuramente parlato con Frattini o con qualcuno del ministero…
http://www.youtube.com/watch?v=dlfhoU66s4Y
http://video.google.it/videosearch?q=Son+for+Gaza+&hl=it&emb=0&aq=-1&oq=#
Questi sono i video di Song for Gaza, che sta impazzando su youtube. Vi posto due link perché offrono entrambi vari altri video in varie altre lingue sulla paranoica e crimonale devastazione contro Gaza.
“Und das hat gerade die LoreLey gemacht”. Heute! Noch huete!
pino nicotri
Questo è il sito del cantante e compositore di Song for Gaza, che presenta e spiega la sua canzone: visitarehttp://www.michaelheart.com/Song_for_Gaza.html
Questa è una versione della canzone illustrata con altre immagini. Secondo me vale la pena conservarle tutte. A futura memoria e vaccinazione contro le menzogne:
http://www.youtube.com/watch?v=5GQrJndpbzc&feature=related
Questo illustra le parole della canzone con immagini adeguate, esplicative: http://www.youtube.com/watch?v=C0K6KCAgzdY&NR=1
http://www.youtube.com/watch?v=5GQrJndpbzc&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=Jbr8LBR5k-8&feature=related
@ Per Alex (97)
Puntuale Anonimo, rammentandoLe l’epilogo della vicenda Mitrokhin, La invito a postare qualcosa di definitivo nel merito. Sino ad allora…
Prima però sedetevi: http://www.youtube.com/watch?v=FSMGBCx7SkE&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=V3VLh_CtVz4&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=ap8qyXt7AHw&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=FO1RryFRPx0&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=AERL4avTayY&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=jppyLz1l7L0&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=oXlA1ydTGsc&feature=related
Mi fermo qui. E’ meglio.
pino
http://www.youtube.com/watch?v=CK2jMkEIUps&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=V-DJY7hDlLw&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=f1oghy4hlaI&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=wxOKwXWM6P4&feature=related
Un medico francese testimone degli orrori di Gaza
http://www.youtube.com/watch?v=URGbZMGHtiE&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=sWRX_OFOV08&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=3dSHl3C9kgY&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=6MgGtIWJoPc&feature=related
If Americans Knew What Israel Is Doing! But…. VIDEO WAS CENSORED!
http://www.youtube.com/watch?v=ynWjYHP91gA&feature=related
X uroburo
Hai già dimenticato il mio nome? Sono Donald H. Rumsfeld perbacco!
x VOX
Il suo post “@Anita” è veramente vomitevole e pieno di odio. Crede veramente che tutti sono come lei?
Baburova, sdegno anche in Cecenia Il Consiglio d’Europa: “Si faccia piena luce”
GROZNY – Sconcerto e rabbia nella capitale cecena Grozny dopo l’uccisione dell’avvocato Stanislav Markelov e di Anastasia Baburova, collaboratrice di ‘Novaia Gazeta’, lo stesso giornale per cui lavorava Anna Politkovskaia. Manifestazioni di protesta hanno attraversato il centro della città. A Mosca, sul luogo dove ieri i due sono stati assassinati, sono state depositate corone di fiori dai difensori dei diritti umani.
Markelov è il settimo avvocato ucciso in Russia negli ultimi dieci anni, la Baburova il quinto giornalista eliminato negli ultimi dodici mesi. I due sono stati ammazzati da un killer con il volto coperto: ha freddato con un colpo alla nuca il legale e poi la giornalista che tentava di inseguirlo in via Precistenka, nella zona del ‘Miglio d’oro’.
Entrambi erano appena usciti da una conferenza stampa: Markelov aveva annunciato ricorso contro la liberazione anticipata del colonnello Iuri Budanov, condannato a dieci anni per il sequestro e lo strangolamento di una diciottenne in Cecenia, Elza Kungaieva, durante la seconda guerra contro la Russia. Secondo il padre di Elza, Markelov nell’ultima settimana aveva ricevuto minacce.
Putin PM Stato Mafioso
C’è qualcosa di miracoloso oggi nell’aria:
abbiamo scoperto che la Russia non è uno stato democratico! Maraviglioso, veramente …..
Non che Issraele o l’Usaegetta lo siano tanto di più. Il primo per i non-ebrei, quindi uno stato razzista, ed il secondo per i non-ricchi, quindi un’oligarchia plutocratica.
Però è tanto bello e consolante fare un po’ di propaganda a gratis. U.
Caro Pietro Falco,
chi conosce le cose sa che sono gli issraeliani ad essere perennemente all’attacco e sa anche che i palestinesi si difendono a malapena.
Accettare la presenza di osservatori internazionali vorrebbe dire o porre un limite alla violenza issraeliana oppure chiarire ufficialmente chi attacca e chi si difende.
Il vantaggio per TUTTI i palestinesi sarebbe enorme (media occidentali permettendo).
A volte la mentalità degli arabi è un po’ troppo tortuosa. Questo lo ritengo semplicemente un errore. Dovrebbero parlare non solo alla loro opinione pubblica ma a quella del mondo intero, soprattutto a quella occidentale. Il mondo sta cambiando, i sostenitori di Issraele stanno diminuendo e loro rischiano di perdere il treno. U.
xUroburo
buongiorno.
Il mio post era un tantino ironico perche’ non credo che la destra repubblicana sia poi davvero machiavellica (nei mezzi, e tantomeno nei fini). E dubito che possa manovrare tutti i fili a suo piacimento. Senza contare che gli USA non sono forse pronti ad avere una donna presidente.
Comunque l’ottimo principe non era esattamente una persona perbene, semplicemente cinico, interessato e privo di scrupoli: es. Ferdinando il Cattolico, prima incasso’ prebende dagli ebrei che lo pregavano di non essere cacciati, poi li vendette non ricordo bene a chi, infine si approprio’ dei beni che avevano lasciato, quindi su di loro fece soldi tre volte. Riminiscenze…
Mi scusi: ma in Svizzera c’e’ solo una radio? (ed a proposito, in Svezia una sola TV? che poi non sapeva l’aritmetica, se non ricordo male…)
saluti
Peter
Dal CdS del 18.01.09, articolo di Panenero
Panenero è un altro dei sedicenti terzisti, da non leggere, in realtà un berluschino a doppio filo. Ma nel caso specifico dice una cosa banalmente vera, che invio per il marco tempesta.
“Per Hamas, invece, «vincere» significava sopravvivere, quali che fossero le perdite subite, essere ancora in grado di riorganizzare le forze per colpire di nuovo Israele fra qualche tempo. Come in Libano nel 2006: Hezbollah «vinse» la guerra semplicemente perché sopravvisse all’offensiva israeliana”.
Per Peter
Nella Svizzera italiana ci sono due canali radio. Uno simile al Terzo italiano: musica classica e trasmissioni culturali; uno più generalista e popolare.
In Svezia ci sono vari canali ufficiali. Rimango del parere che i conti fatti fossero giusti, magari con un errore di memoria da parte mia. Ma la vera sostanza del discorso era che un giorno di attività di una portaerei atomica in pieno assetto di guerra, quindi con tutta una squadra di navi al suo servizio, costa uno sproposito. Secondo me la prospettiva di scala era giusta, e pensare che la TV di stato svedese si sbagliasse a questi livelli elementari è poco realistico.
Personalmente non ritengo affatto che Riccardin del Ciuffo fosse “esattamente una persona perbene”. Lo ritengo addirittura implicato nella faccenda delle Torri…. Non è che tiri tutti i fili “a suo piacimento”, ci ha provato e, se fosse così, gli è andata bene. Non era obbligatorio ma valeva la pena di tentare ….
Si fa un piano e si cerca di attuarlo: a volte funziona ed a volte no. Il piano tedesco (ripetuto due volte in vent’anni) di conquistare l’Europa è fallito, quello usaegetta di liquidare l’area chiusa della sterlina invece ha avuto successo (anche se al prezzo di due guerre mondiali) ….. U.
PS per Peter
Anzi, per la precisione il discorso era che il costo (giornaliero o settimanale; ammettiamo pure che io abbia ricordato sbagliato) di una portaerei atomica in pieno assetto di guerra costa come tutta la spesa sanitaria svedese (per un anno, sei mesi, un mese; anche qui ammettiamo un errore di memoria da parte mia).
Quindi, diceva la trasmissione, si assiste alla contraddizione che il paese più potente del mondo, in grado di armare una decina di portaerei atomiche, non forniva alcuna assistenza sanitaria al 15% dei propri cittadini.
Il discorso è del tutto vero, l’ha detto anche lei varie volte, e rimane vero anche se io avessi ricordato in modo erroneo gli esatti termini di paragone.
Tuttavia è certo che il giornalista estensore dell’articolo non può aver fatto un errore così elementare.
La sostanza della notizia rimane giusta comunque. U.
Per Hamas, invece, «vincere» significava sopravvivere, quali che fossero le perdite subite, essere ancora in grado di riorganizzare le forze per colpire di nuovo Israele fra qualche tempo.
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E prendersi un’altra solenne bastonata, come al solito da sessant’anni a questa parte in Palestina. Se è questo che vogliono, lo stanno ottenendo: fare un favore ad Israele per giustificare i suoi interventi genocidi.
Un bel servizio, per il popolo palestinese!
Credo che, usciti dai temi Israele-Palestina, chi ha momentaneamente abbandonato si rifarà vivo.
E’ chiaro che una situazione dove si è costretti a scegliere il campo in cui stare, va stretta a chi non ha elementi per scegliere un campo a ragion veduta, benchè qui non si tratti di stare con gli israeliani o con i palestinesi, ma di analizzare le politiche degli uni e degli altri, poichè politica e sentimento popolare spesso divergono anche pesantemente.
Io ritengo che guardare tutto in senso storico, da una parte e dall’altra dei due contendenti, sia il vero errore: si deve guardare il futuro in senso economico, anche perchè è l’economia che giustifica le guerre d’aggressione. Se ne deve valutare la convenienza.
In questo momento e nel breve-medio periodo, continuare sulla solita strada è perdente per entrambi i contendenti. Nel lungo periodo non si sa, perchè gli equilibri cambiano col cambiare di alcuni parametri. In ogni caso, continuare la belligeranza adesso, porterà i palestinesi a maggiori restrizioni e gli israeliani ad un dispendio di energie e denaro decisamente superiori agli attuali, poichè gli USA hanno le loro rogne da grattarsi e certo non potranno dar retta ad Israele, anche perchè, se proprio è necessario, c’è sempre l’Italia a fare da portaerei nel Mediterraneo.
Ok, è tutto per oggi.
Stasera a casa mia ci sarà una specie di ‘carramba che sorpresa!': farò incontrare due cugine che ignoravano di esserlo e non si sono mai viste prima.
I genitori delle due sono fratelli, ma l’una delle due non è mai stata riconosciuta dal padre ed è sempre vissuta avendo come padre il nuovo compagno della madre, quindi non era nel novero della parentela ufficiale e conosciuta, in quanto nessuno sapeva dell’esistenza di questa figlia naturale.
Ho anticipato alle due che esiste tra loro questa parentela, ma non si sono mai viste e stasera ci sarà l’incontro, curiosissime entrambe di conoscersi.
gli USA hanno le loro rogne da grattarsi e certo non potranno dar retta ad Israele,
… i soldi x le guerre gli yankee li trovano sempre!!!
Avete visto che faccia da bravoragazzo cciha Obama…. quante belle parole, Provate a immagginarvelo infuriato (…la mano e il pugno, citato ieri..) altro che invasione dell Iran Siria e Giordania… x farla si useranno armi nuove… aerei in remote, piccole bombe che ammazzano solo i civili (facili da nascondere) gli abitanti senza distruggere le costruzioni e infrastrutture (.. in Tv, fanno meno impressione e racconteranno quel che gli pare sono ggia pronte, le devono provare sul terreno… ) e prima di mandare i marlins… e la sua bella faccina di Novi… il cioccolatino è narcisista, ci tiene al suo bel faccin… e la fara ffare a isdraele e alla Otan… vedrete!!!
Faust
.. ci tiene al suo bel faccin culur del ccicculatt… e la faccia sporca la fara mettere ad isdraele e alla Otan… cche ggia ce lhanno!!
…scusate
Faust
Quando la logica è solo una opinione. Di parte
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Stasera dalle 18.15 sfilano a Milano in corso Vittorio Emanuele, gli Amici d’Israele per «una grande manifestazione di sostegno alla causa ebraica e per la fine delle ostilità in Medio Oriente». Il clima non è rassicurante. Lo ammette il presidente dell’associazione, Eyal Mizrahi: «I simboli bruciati sono un’offesa non soltanto per la nostra comunità, ma per l’Italia intera.
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Giusto, caro Mizrahi. Ma bruciare la vita delle persone, come è stato fatto a Gaza, o anche spezzargli “solo” le braccia, come avveniva durante la prima Intifada, quella senza né bombe né missili, non è ancora più grave?
TRAVAGLIO PROCESSA LA BENEMERITA – “BORSELLINO OMICIDIO DI STATO” – A PALERMO SOTTO ACCUSA MORI E OBINU. LA TESI: LO STATO TRATTÒ CON LA MAFIA E “GRAZIÒ” PROVENZANO – A PARLARE IL COLONNELLO RICCIO CONDANNATO PER DROGA…
Marco Travaglio per Beppegrillo.it
“Buongiorno a tutti, oggi parliamo di un processo scomparso, un processo dimenticato. Anzi, per nulla dimenticato. Proprio perché chi di dovere lo sa che non ne parla. E dopo capirete il perché.
attentato via d’amelio
A Palermo, in un’aula della quarta sezione penale del Tribunale, si sta processando l’ex capo dei servizi segreti civili, cioè l’ex capo del SISDE. Che è un prefetto, ma è anche un generale dei Carabinieri e si chiama Mario Mori. Un omino piccolo, un valoroso ufficiale dell’Arma, che ha lavorato con Dalla Chiesa ai tempi del terrorismo, che ha lavorato al R.O.S. – il Reparto Operazioni Speciali dei Carabinieri – ha guidato il R.O.S.
E’ un pluridecorato e plurimedagliato per la cattura di Riina e altri latitanti mafiosi, eppure pare nasconda dei segreti. Pare. Nessuno è in grado di affermarlo con certezza. Il processo è in corso. Ma io ne sarei abbastanza certo in quanto penso che questo sia una delle massime eccellenze investigative che abbiamo avuto in Italia. E che evidentemente nella stagione delle stragi di mafia è stato investito da un qualche potere che non conosciamo – ecco perché dico ‘pare’ che nasconda dei segreti – del compito, dell’ingrato compito, del terribile compito di trattare con la mafia mentre l’Italia veniva messa a ferro e fuoco dalle bombe, in Sicilia nel ’92 e addirittura nel continente, a Milano, Roma e Firenze, nel ’93.
Il giudice Paolo Borsellino
IL MANCATO ARRESTO DI PROVENZANO NEL 1995
Ora però non è imputato per quello, è imputato per una questione che potrebbe spiegare quella trattativa e potrebbe spiegare quel misterioso episodio che è stato oggetto di un altro processo che immediatamente precede l’episodio per il quale Mori adesso è imputato, la mancata perquisizione del covo di Riina dopo la sua cattura.
Questo processo si riferisce a un altro episodio, che segue di due anni la mancata perquisizione del covo di Riina e risale al 1995 e precisamente al 31 ottobre 1995. Che cosa accade il 31 ottobre del 1995? Un colonnello dello stesso R.O.S. dei Carabinieri, grazie a un mafioso suo confidente sotto copertura – infiltrato nella mafia, ma confidente dei Carabinieri – riesce a scoprire dove è nascosto Provenzano. Provenzano nel 1995, due anni dopo la cattura di Riina, due anni dopo le ultime stragi, è il capo indiscusso di Cosa Nostra.
Il confidente avverte il colonnello dei Carabinieri, che si chiama Michele Riccio, il consulente si chiama Luigi Ilardo. Il Carabiniere riesce a scoprire dove è nascosto Provenzano. Di più, incontra Provenzano. Ha un appuntamento con Provenzano in questo capanno di Mezzojuso. È un centro di campagna, una trentina di chilometri a sud di Palermo. Quindi dice: “Sto per incontrare Provenzano, venitemi dietro che vi faccio catturare Provenzano!”.
Il colonnello Riccio entusiasta parla con i vertici del R.O.S., che sono i generali – c’è il colonnello Mori che è il capo operativo – c’è il braccio destro di Mori che è l’allora maggiore Mario Obinu, i quali decidono di non catturare Provenzano, ma semplicemente di far pedinare il confidente a distanza per vedere dove va, e poi cercare di catturare Provenzano quando saranno tutti pronti.
Giovanni Falcone
Purtroppo passata quella occasione, Provenzano non ne consentirà un’altra. Fino a quando, undici anni dopo, all’indomani delle elezioni vinte dal centro-sinista quasi tre anni fa, Provenzano verrà catturato, o verrà consegnato, o si consegnerà, o si lascerà prendere. Perché sapete che le catture dei boss in Sicilia destano sempre degli interrogativi, dubbi, interpretazioni pirandelliane, come quel gioco di specchi, dove non si riesce mai a capire chi ha fatto che cosa. Esattamente come la cattura di Totò Riina nel ’93.
LO STATO ERA COMPATTO NELLA LOTTA ALLA MAFIA?
Ecco, questo processo, se uno lo conosce, consente alla gente di capire – non solo gli esperti, ma la gente comune – cosa è successo tra lo Stato e la mafia negli ultimi quindici anni. Potrebbe riscrivere, questo processo, la storia della mafia e dell’antimafia degli ultimi quindici, vent’anni. E infatti i pubblici ministeri – il pubblico ministero principale (sono in tre che lavorano: sono Nico Gozzo, Antonio Ingroia e Nino Di Matteo), quello che si è occupato fin dall’inizio di questa indagine è Nino Di Matteo, il 15 luglio dell’anno scorso quando è iniziato il processo, dopo il rinvio a giudizio di Mori e di Obinu, ha tracciato davanti ai magistrati la sua ipotesi accusatoria.
Dicendo: “in questo processo intendiamo dimostrare questo, questo e quest’altro, con le seguenti prove e le seguenti testimonianze ecc.” Naturalmente è intervenuto l’avvocato Pietro Miglio, in rappresentanza della difesa dei due ufficiali, il quale invece ha detto: “noi dimostreremo che i nostri due clienti, Mori e Obinu, sono innocenti, che non c’è nessun mistero, che Provenzano non si faceva catturare.”
Generale Dalla Chiesa
Qual è l’ipotesi accusatoria che a noi interessa? Non è tanto interessante sapere se Mori e Obinu hanno commesso dei reati, quelli sono fatti loro, dei magistrati, degli avvocati. Quello è il processo nel suo aspetto giuridico. Poi c’è l’aspetto pubblico e cioè quello che interessa a noi, o dovrebbe interessare a noi se qualcuno ce li raccontasse, e cioè sapere chi ha fatto che cosa e perché. Sapere poi se quello è un reato o no, poco importa.
Importa sapere se lo Stato era tutto compatto nel combattere la mafia, se lo Stato aveva una sola strategia per combattere la mafia, se è vero che la mafia e lo Stato si sono sempre contrapposti in questi ultimi vent’anni e se è vero quello che ci veniva raccontato mentre esplodevano le bombe che uccidevano Falcone, la scorta e la moglie, poi Borsellino e la scorta e tanti innocenti cittadini comuni presi per caso dalle bombe di via Palestro a Milano o di via dei Georgofili a Firenze, e delle basiliche di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano a Roma, per non parlare dell’attentato di via Fauro contro Maurizio Costanzo.
Se quello che ci veniva detto, e cioè “non abbasseremo la guardia!”, “nessuna pietà” era vero o era solo una declamazione retorica. Qui sembrerebbe che dietro le quinte, mentre lo Stato faceva la faccia feroce davanti alle telecamere, dietro le quinte fosse in realtà affaccendato a trattare con in mafiosi evidentemente perché l’aveva sempre fatto in passo, ed evidentemente perché l’ha sempre fatto in futuro.
Bernardo Provenzano
Ed è interessante quindi questa storia per capire un po’ tutto. Perché se fosse vera l’ipotesi accusatoria – il reato che viene contestato a Mori e a Obinu è piuttosto grave: favoreggiamento aggravato e continuato a Cosa Nostra, in particolare a Provenzano. Qual è questa tesi accusatoria?
La tesi accusatoria è che, nel 1992, mentre a Milano esplode Tangentopoli, la Corte di Cassazione conferma le condanne dei mafiosi che Falcone e Borsellino con grande fatica sono riusciti a far condannare nel maxiprocesso nato dalle dichiarazioni di Buscetta e di altri due pentiti, Contorno e Calderone. La mafia si aspetta che la Cassazione con il solito Carnevale annullerà tutto e rimanderà liberi e belli i boss nelle loro case, e invece Carnevale non presiede il Collegio quella volta, perché è stato istituito una sorta di principio di rotazione, e lo stesso Carnevale ha preferito per opportunità, nel pieno della polemica, cedere il passo a un altro presidente.
Basta il cambio di un presidente per far sì che quasi tutte le condanne vengano confermate in Cassazione. Per la mafia è uno shock bestiale, la fine della sua impunità storica ed è anche un problema materiale: i boss invece di uscire restano dentro con la prospettiva di non uscire più, o quasi. Anche perché sono piuttosto agees i boss mafiosi quando vengono presi, di solito.
LA STRATEGIA DELLE STRAGI DOPO IL MAXIPROCESSO
C’è quindi una reazione della mafia che è per metà una vendetta nei confronti dei referenti politici istituzionali perché evidentemente non hanno mantenuto le promesse o non sono riusciti a mantenere l’immunità, che sempre avevano garantito a Cosa Nostra, e quindi c’è l’eliminazione di Salvo Lima il 12 marzo 1992 a Palermo, c’è l’eliminazione di uno dei due cugini Salvo, Ignazio l’altro, Nino, era già morto per conto suo. E poi c’è l’omicidio Falcone che è un salto di qualità.
Maurizio Costanzo
Non è la vendetta verso un vecchio amico della mafia che ha tradito, ci mancherebbe altro, è semplicemente un attentato preventivo per impedire a Falcone di continuare a fare ciò che stava già facendo. È grazie a Falcone se si era acceso un faro sulla prima sezione penale della Cassazione e sul ruolo di Carnevale e se Carnevale non aveva presieduto quel Collegio al maxiprocesso perché Falcone, dirigente del Ministero della Giustizia sotto il ministro Martelli, aveva metto sotto il mirino Carnevale, che era considerato da lui, e non solo da lui, il tappo che impediva le condanne definitive ai mafiosi.
Viene ucciso Falcone, viene ucciso Borsellino perché? Perché nel frattempo si è avviata una trattativa. Tra chi? Tra l’allora colonnello Mori e il suo collaboratore del momento più fedele, il capitano De Donno, e Vito Ciancimino, un sindaco mafioso di Palermo che in quel momento stava agli arresti domiciliari a Roma, per motivi di salute. Cioè questi due alti ufficiali dei Carabinieri vanno da un noto mafioso, condannato per mafia, e gli chiedono di fare da tramite coi vertici di Cosa Nostra.
In quel momento, siamo nel 1992, c’è ancora la diarchia Riina – Provenzano. Ciancimino è più uomo di Provenzano che non di Riina, in ogni caso fa da tramite – i Carabinieri diranno di aver voluto avviare quella trattativa nella speranza di avere un aiuto per arrestare dei latitanti mafiosi e di fermare in qualche modo le stragi che erano iniziate con quella di Capaci. Il risultato è che Riina capisce esattamente a rovescio, e cioè vede i Carabinieri, lo Stato, col cappello in mano dopo la strage di Capaci, e si felicita per aver avuto quella brillante idea di ricattare lo Stato con una strage dopo l’altra.
Claudio Martelli
IL PATTO TRA MAFIA E STATO
Riina voleva naturalmente non lo scontro con lo Stato, lui voleva punire chi aveva tradito per conto dello Stato gli accordi con Cosa Nostra e voleva fare un nuovo accordo con persone che fossero in grado di rispettarlo. Voleva un nuovo trattato di reciproca non belligeranza, convenienza, convivenza, connivenza. E dato che la classe politica se ne stava praticamente andando con l’indagine di Mani Pulite, bisognava attrarre qualche nuovo soggetto politico in grado di prendersi la responsabilità di fare questo nuovo accordo con la mafia.
Per questo Riina mette le bombe, per questo si felicita che siano arrivati subito i Carabinieri col cappello in mano. E allora Riina dice: “perché cedere subito per un piatto di lenticchie? Possiamo rilanciare alzando il tiro con altre stragi e alzando quindi la posta della trattativa, così lo Stato ci darà molto di più”. La trattativa prosegue, parte subito dopo la strage di Capaci, e produce – questo è molto probabile – la strage di via D’Amelio, perché Borsellino è il simbolo vivente del partito della non trattativa.
Adesso c’è tutta una polemica nata dalle rivelazioni dei figlio di Ciancimino e ripresa giustamente da Salvatore Borsellino a proposito di un incontro che ci sarebbe stato al Viminale il 2 luglio del 1992 tra Borsellino e l’allora ministro dell’Interno Mancino, dove secondo alcuni avrebbe fatto capolino anche Bruno Contrada e dopo il quale incontro Borsellino sarebbe rientrato agitatissimo nell’interrogatorio che stava facendo con Gaspare Mutolo che guarda caso era uno dei primi pentiti che parlavano di Andreotti, di Contrada e di Carnevale.
Agitatissimo perché, così sostiene il figlio di Ciancimino, Borsellino era stato in qualche modo informato al Viminale che c’era in corso una trattativa e si chiedeva il suo consenso. E immaginate se Borsellino avrebbe acconsentito a trattare con la mafia che il mese precedente gli aveva ammazzato il migliore amico. È evidente che Borsellino diventa l’ostacolo numero uno sulla strada della trattativa e Riina lo intende così tant’è che lo elimina da quella strada, per spianare la strada della trattativa.
Totò Riina dietro le sbarre
Dopodiché vengono pianificati gli attentati del ’93 ai monumenti e ai simboli dell’arte, della religione, ai simboli dell’Italia praticamente, ma Riina il 14 gennaio del 1993 viene arrestato dagli stessi uomini del R.O.S. che stanno trattando con Cosa Nostra. E lì succede quel fatto increscioso: il R.O.S. arresta Riina promette che sorveglierà giorno e notte la casa dove Riina era latitante per vedere se arrivavano altri mafiosi, perché i mafiosi non sapevano che era stato scoperto il covo, Riina era stato arrestato lontano da casa, dopodiché ingannando la procura di Caselli, gli uomini del R.O.S. abbandonano il covo, lo lasciano incustodito e lo lasciano perquisire a Cosa Nostra. Che l’abbiano fatto apposta, che non l’abbiano fatto apposta, che si siano dimenticati, che si siano sbagliati, non lo sappiamo.
Il processo che si è tenuto fino a due anni fa a Palermo, non ha appurato il dolo, non poteva del resto appurare che Mori e l’allora capitano Ultimo avessero fatto apposta queste omissioni per favorire la mafia, questa era l’accusa, da questa sono stati assolti, ma il processo ha appurato che il covo non è stato sorvegliato e non è stato perquisito e quindi chi lo ha perquisito? Cosa Nostra, capeggiata da chi? Dopo l’arresto di Riina, da Provenzano. C’erano i segreti, le carte della trattativa? C’era il famoso ‘papello’ che il figlio di Ciancimino assicura essere stato passato da suo padre al generale Mori, con le l’elenco delle richieste che la mafia faceva allo Stato per interrompere le stragi? Fine dei pentiti, fine del 41bis, fine dell’ergastolo, revisione del maxiprocesso e fine del sequestro dei beni.
Non lo sappiamo. Sappiamo che lo Stato rinuncia a perquisire il covo di Riina. Cosa succede subito dopo? Succede che due anni dopo c’è la possibilità di prendere Provenzano. C’è la possibilità di prendere Provenzano perché il confidente Ilardo porta praticamente a casa di Provenzano i Carabinieri. Ma, dice il colonnello Riccio che gestisce il confidente Ilardo, il R.O.S. dei Carabinieri Provenzano non lo voleva prendere.
Per chi vuole entrare nel dettaglio di questo processo, non dimenticatevi che alla fine di questo mese, il 30 gennaio, uscirà un piccolo librino che ho curato io, un fascicoletto insieme alla rivista Micromega. Lì troverete tutti i dettagli con le parole, la versione dell’accusa, la versione della difesa e tutto il racconto del colonnello Riccio, che è spaventoso.
Le parti più spaventose sono due. La prima è quando Riccio racconta che Ilardo, che nel frattempo stava decidendo di diventare un collaboratore di giustizia, di uscire da quella veste ambigua e rischiosa dell’infiltrato dentro la mafia confidente dei Carabinieri – col rischio di essere ammazzato da un giorno all’altro – e quindi di entrare con la sua famiglia nel programma di protezione dello Stato.
Marcello Dell’Utri
Fanno una riunione a Roma per stabilire i termini della sua collaborazione con i magistrati interessati: Caselli, procuratore di Palermo; Tinebra, procuratore di Caltanissetta; il generale Mori, che nel frattempo ha fatto carriera. Ilardo, appena vede Mori, gli va incontro, nemmeno lo saluta, gli dice subito: “guardi, colonnello, che le stragi che abbiamo dovuto fare noi le avete commissionate voi dello Stato. Questo è il concetto. Immaginate un ufficiale dei Carabinieri che ha combattuto il terrorismo, che ha combattuto la mafia, si sente dire da un mafioso che le stragi le ha fatte lo Stato. Che fa? Gli mette le mani addosso, gli dice “ne racconti un’altra, come si permette?”. Che ne so. Il racconto di Riccio è agghiacciante perché sostiene che Mori rimase irrigidito per qualche secondo: silenzio, paralisi, tensione. Poi gira i tacchi e se ne va.
Il secondo episodio agghiacciante è quello che succede subito dopo quella maledetta riunione che si tiene il 2 maggio del ’96 a Roma nella quale viene deciso che Ilardo diventerà un collaboratore di giustizia. Ilardo torna in Sicilia perché ha chiesto una settimana per avvertire i suoi parenti di quello che sta per succedere, perché dovrà andar via poi per sempre dalla Sicilia, insomma quello che succede con i pentiti e con i testimoni di giustizia.
E appena arriva in Sicilia, qualcuno fa sapere a Cosa Nostra che lui in realtà è un mafioso che sta tradendo Cosa Nostra che sta per cominciare a parlare e a mettere a verbale e quindi viene ucciso da un killer di Cosa Nostra a Catania. La collaborazione viene soffocata nella culla. Il giorno prima che lui entrasse nel programma di protezione, la mafia lo elimina perché qualcuno dei pochissimi esponenti delle istituzioni che sapevano del suo imminente pentimento ha fatto la fuga di notizie. Deve essere qualcuno che partecipava a quella riunione a Roma o che ha parlato con qualcuno che aveva partecipato a quella riunione.
Ilardo quindi muore. Il colonnello Riccio pagherà un prezzo altissimo perché due anni dopo essersi scontrato coi vertici del R.O.S. che non avevano voluto catturare Provenzano viene arrestato a sua volta dal R.O.S., cioè da suoi colleghi, per delle operazioni antidroga a Genova, molto controverse. Secondo alcuni erano delle operazioni brillantissime – la DEA gli aveva anche dato degli encomi solenni (la DEA è l’anti droga americana) – secondo altri erano operazioni disinvolte.
Viene arrestato con dei suoi collaboratori per traffico di droga e viene condannato in primo grado a nove anni. Secondo alcuni potrebbe essere una manovra per delegittimare il suo racconto. Perché il colonnello Riccio aveva un’agenda dove aveva segnato tutte le confidenze che Ilardo gli faceva sui rapporti mafia-politica. E gli aveva parlato di Dell’Utri, e gli aveva parlato di Andreotti, e gli aveva parlato di Mannino, e gli aveva parlato di Salvo Andò e gli aveva parlato di altri politici che secondo lui avevano rapporti con la mafia.
E gli aveva parlato anche con quel Dolcino Favi che all’epoca era in servizio a Siracusa nella magistratura e che poi arriverà a fare il procuratore generale reggente di Catanzaro e troveremo due anni fa a togliere l’inchiesta ‘Why Not’ dalle mani di De Magistris. Tutte cosa naturalmente da verificare. Resta il fatto che alla vigilia della verbalizzazione delle rivelazioni, Ilardo viene con precisione cronometrica assassinato e quindi quello che ha detto assume una discreta importanza.
GENTE DI ‘CASA NOSTRA’
In questo processo, tramite il colonnello Riccio, Ilardo dall’aldilà parla tramite le agende del colonnello Riccio. E il colonnello Riccio conclude i tre giorni, lettura e udienza, dedicati al suo esame, alla sua deposizione ricordando che il generale Mori gli ordinò di non scrivere nei rapporti investigativi nessun nome politico tra quelli fattigli da Ilardo, nemmeno quello di Dell’Utri.
Mori e altri spiegarono al colonnello Riccio che Dell’Utri e Berlusconi stavano facendo le stesse battaglie contro i giudici che interessavano al R.O.S. e che insomma, questa fu l’espressione, ‘Berlusconi e Dell’Utri sono di ‘casa nostra’. Cioè noi dei R.O.S. dei Carabinieri, apparteniamo alla stessa casa di Berlusconi e di Dell’Utri’.
Nel processo vedremo se questa mancata cattura di Provenzano è reato, se è stata fatta per favorire la mafia oppure no, già sappiamo, per quello che dice Riccio, che Provenzano poteva essere catturato undici anni prima, quando era ancora un po’ più in carne, un po’ più in forze e soprattutto un po’ più potente, un po’ più importante. Soprattutto sappiamo che di questo processo non si deve parlare.
Non si deve parlare perché ci riporta alle stragi e alle trattative tra Stato e mafia. E quello è un tema che non può essere affrontato dall’informazione italiana perché è un tema che riguarda la nascita della Seconda Repubblica. Una Seconda Repubblica che non è purtroppo nata dal sangue della Resistenza, ma è nata dal sangue delle stragi e quindi chi ne parla o chi ne vuole parlare, letteralmente, muore. Passate parola!”
[21-01-2009]
Dopo aver conosciuto le posizioni di Travaglio sulla guerra a Gaza (che Israele era nel giusto), non riesco a recepire nemmeno le eventuali cose che dice su altri temi. Anzi, non riesco piu’ a leggerlo, perche’ e’ venuta meno la stima.
* eventuali cose giuste
Eyal Mizrahi: «I simboli bruciati sono un’offesa non soltanto per la nostra comunità, ma per l’Italia intera.
***
Ma parli per la sua comunita’, non per il nostro paese!
Un bel servizio, per il popolo palestinese!
@ MT
Caro Marco, ma perche’ giudica sempre il popolo palestinese col suo metro? Che ne sa del popolo palestinese e di come vuole combattere per la propria causa? Gli israeliani in 60 hanno dimostrato di non intendere ragioni, dialogo, compromessi, risoluzioni ONU e via pacificando. Capiscono solo il linguaggio della violenza, che poi e’ l’unico che parlino.
x VOX
Il suo post “@Anita” è veramente vomitevole e pieno di odio. Crede veramente che tutti sono come lei?
@ Silvio { 21.01.09 alle 1:58 }
L’odio ce lo vede solo lei, “Silvio” (?) .
Ma per fortuna, non siamo tutti come lei, che vomita solo idiozie.
X Tutti
Purtroppo in questo periodo sono più impegnato del solito, per il mio gruppo sportivo ho il tesseramento dei soci e degli atleti, e la preparazione di varie gare, poi l’impegno per il volontariato dove a causa l’influenza aumentano i servizi e con i volontari ammalati siamo costretti a fare doppi turni.
Non riesco proprio a seguire con l’attenzione dovuta l’ampia ed interessante discussione che (defezioni a parte) si va sviluppando sul blog, quindi per evitare di dire più corbellerie del solito, faccio solo alcune annotazioni tecniche e raccomandazioni che mi la mia lettura sommaria mi suggerisce.
Una raccomandazione che ho già fatto più volte: Non scrivere titoli e commenti nella casella [Nome] se proprio non si vuol mettere un nome o un nick, un “NOTIZIE”, “COMUNICATO” o roba simile va bene ugualmente, il resto nelle prime righe magari in grassetto, usando i semplici codici htlm.
Quando si fa riferimento ad un post non immediatamente precedente sarebbe buona cosa renderlo facilmente rintracciabile. Trovo per esempio al n° 228 inserito da “ — Silvio { 21.01.09 alle 1:58 }
x VOX
Il suo post “@ Anita” è veramente vomitevole e pieno di odio. Crede veramente che tutti sono come lei?
Ho cercato il post di Vox per Anita ma non lo ho trovato. Sarebbe opportuno mettere sempre il n° del post, meglio anche la data e ora, perché in caso di cancellazioni i numeri si spostano.
A questo proposito consiglio a Nicotri, se la cosa è tecnicamente possibile, invece di cancellare totalmente il post di toglierne solo il contenuto lasciando la sola intestazione ed il relativo n° progressivo.
Salutoni — Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i
x Vox
su Travaglio non sarei così intransigente: semel in anno licet insanire…
…. ostia che bbel nome!! contento di conoscere un Falco!!
mi traduci x favore…
semel in anno licet insanire…
trovo interessante il Grande Marco Travaglio, ma la penso come Vox e ddo ragione ad Uroburo, quando mi spiega che il giustizialismo è di destra… Ora lho capito… Mi dispiace questa delusione di Travaglio, come mi è simpatico Beppe Grillo ed altri… che chiedono di cambiare questo sistema obsoleto e corrotto.
Faust