In attesa di sapere se davvero Olmert attaccherà anche l’Iran ecco i racconti di una brava inviata in Israele
Non so se l’Israele bombarderà davvero l’Iran il giorno 20, schiaffeggiando così pubblicamente e clamorosamente anche Obama nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Il governo israeliano è ormai fuori controllo, condotto da omuncoli come Olmert capaci di lucrare perfino sugli orfani gonfiando le note spese dei viaggi sta spingendo il suo Paese in un tunnel sempre più buio, ma sa che può contare su gran parte dell’opinione pubblica occidentale grazie all’ignoranza in cui è tenuta dalla propaganda dei mass media, che quando si tratta di Israele di informazione ne fanno meno che mai. Tant’è che tutti si bevono la balla dei civili usati come scudi umani dagli stessi palestinesi, balla inventata per tentare di giustificare l’ignobile mattanza e pulizia etnica in corso nella Striscia di Gaza. Che sia una balla lo dimostra sia la mancanza di ribellione dei civili contro Hamas – e anzi anche Al Fatah, cioè gli uomini di Abu Mazen, ora combatte affianco ad Hamas! – e sia il fatto che si tratta di affermazioni dell’ufficio stama (e propaganda) delle forze armate israeliane, cioè di uno dei due contendenti. Che per giunta – guarda caso – non vuole la presenza di giornalisti, così come da sempre non vuole l’Onu tra i piedi. Ora forse si capisce meglio cosa successe in realtà a Jenin, quando anche nostre balde giornaliste di parte si bevvero, e propinarono, la bella versione scodellata loro a botta calda da un ben preciso ufficiale portavoce dell’esercito. Ora non ne ricordo il nome, ma quanto prima tornerò su quella vergognosa vicenda.
In attesa dei giorno 20, giorno comunque fatidico se non altro perché si insedia Obama e in troppi sperano da lui l’impossibile, vi propongo dei reportage di una collega da Israele. Vi propongo i post della collega Barbara Schiavulli, de L’espresso, scritti per il suo blog. Barbara ha lavorato a lungo anche in Iraq per vari giornali dopo l’invasione angloamericana, quando i giornali preferivano non mandare i loro inviati per paura dei continui attentati e del pericolo di rapimenti. Barbara è quindi una collega brava e coraggiosa, oltre che sempre molto informata specie per il Medio Oriente. Dopo l’invasione di Gaza è stata mandata in Israele, dove anche a lei è stato impedito di mettere piede nella disgraziata Striscia di Gaza. Ho deciso di dedicare una puntata alle sue annotazioni in Israele riguardo le cose che ha visto e vissuto.
BENVENUTA IN ISRAELE
1 gennaio 2009 – Non c’è niente da fare. Ci sono cose che non cambiano mai. Nemmeno le mie reazioni riescono ad essere più evolute di dieci, o cinque o due anni fa. Nemmeno di tre mesi fa. Arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, con un volo Alitalia, come sempre in ritardo. Scendo, sono con un collega. Il sole filtra attraverso le grandi vetrate, c’è sempre un po’ di emozione a tornare in Israele. D’altra parte tutto è cominciato qui anche per me. Questo posto è stato lavoro, casa, amici, ho scritto i miei primi pezzi, ho raccontato le prime storie, ho visto persone morire, persone fuggire, persone scomparire. Ho conosciuto il dolore in questo posto. La rabbia. La rassegnazione. Mi sono imbattuta nella forza delle persone che affrontano la sofferenza, le loro vite fatte a pezzi. Quando vivevo a Gerusalemme, ho vissuto la sottile paura che ti accompagna quando sali su un autobus o ti fermi a fare uno spuntino in un bar. Ho imparato ad abituarmici come fa la gente che vive in situazioni estreme. Da una parte o dall’altra. Sono trascorsi anni e faccio a fatica a distinguere il dolore dei palestinesi da quello degli israeliani. Non riesco a essere di parte. Ricordo una ragazza di 19 anni che doveva sposarsi e invece è morta con il padre il giorno prima delle nozze, spazzata via da un kamikaze. Credo di non aver mai pianto tanto ad un funerale circondata dai parenti della ragazza che erano venuti per il matrimonio. “Tu sarai sempre la mia sposa”, disse il suo fidanzato mettendole l’anello sul panno di velluto che copriva il suo corpo devastato. Poche ore prima invece avevo visto morire un bambinetto palestinese colpito da un pezzo di cemento schizzato da una casa. Un carro armato israeliano stava sparando contro l’edificio per far uscire quattro militanti. Il bimbo che indossava una magliettina rossa è stato colpito in piena faccia. E’ rimasto un buco nero.
Insomma torno a oggi. Era solo per dire che questo è un posto che ho dentro. Con tutte le sue contraddizioni, con i suoi problemi, i suoi torti e le sue ragioni. Arrivo all’aeroporto, la ragazza del controllo passaporti guarda schifata il mio passaporto quasi nuovo. Ho solo tre timbri: Emirati Arabi Uniti, Afghanistan e Pakistan. Un attimo prima le ho chiesto con gentile fermezza di non mettermi il timbro israeliano. Altrimenti al mio ritorno dovrei rifare il passaporto, perché molti paesi arabi non ti lasciano entrare se hai un visto israeliano. Giusto o sbagliato che sia, questo è quanto. La ragazza, una ricciolina che vedrei meglio su un cubo in discoteca, che immersa nella sua divisa troppo stretta, chiama la sicurezza. Vorrei già cominciare a urlare.
Arriva un poliziotto, mi accompagna in una stanzetta e si dimentica di me. Accanto ho un ragazzetto svizzero che ha la mamma israeliana e la sorella che l’aspetta fuori, più in là c’è una ragazza bionda, probabilmente russa e uno con una giacca rossa firmata Ferrari dai tratti somatici che sembrano arabi. “E tu che ci fai qui? Perché sei pericoloso?”, dico al ragazzo, che andrebbe punito solo per la bruttezza delle scarpe. “Ho il timbro del marocco, ci sono andato in vacanza un paio di mesi fa”. Annuisco. Cavoli, un israeliano che va in vacanza in marocco. Molto pericoloso. “E tu?” mi chiede lui. “Sono una giornalista, capita spesso, soprattutto perché ho tanti visti di paesi arabi”. “Eh già – dice lui – questa è la democrazia israeliana, ma bisogna anche capire”. Capisco sul momento, ma dopo due ore non capisco più. “Mi scusi?”, mi affaccio e chiamo una poliziotta. “Stia seduta e aspetti il suo turno non vede che sto parlando con qualcun altro?”. Comincio a pensare che invece di arrabbiarmi forse dovrei chiamare l’ambasciata. Poi penso, cavoli e il primo dell’anno, non possono tirarla tanto per le lunghe. Neanche quella poliziotta può essere maleducata e prepotente come quasi sempre accade. Ovviamente sono solo ottimista. Scalpito. Sbuffo. Fumo. (non una sigaretta, dalle orecchie). Una piccola tv manda le immagini di Gaza. Dovrei essere già essere in albergo e pensare al da farsi. Invece sto qui. Tiro fuori un libro, mi metto a leggere. Piano piano tutti se ne vanno, arrivano altri.
“Venga”, mi dice una della sicurezza che mi porta in uno stanzino. “Dobbiamo farle qualche domanda”. “Ok”. “Vedo che è stata tante volte qua”. “Seguo questa zona”. “Ah si?”. “Già”. “E conosce persone suppongo”. “Qualcuna, sa faccio la giornalista”. “E per chi lavora? E da quando? E quanto resta, e dove andrà?, ha un tesserino? Non ne ho mai visto uno così”. Lo so, il tesserino dell’ordine dei giornalisti è un po’ ridicolo, ma è quello che passa il convento, per il resto, rispondo come posso, nel modo più vago possibile. “In quali paesi arabi è stata?”. “Tutti”. “Tutti quali?”. Sciorino un elenco, non mi ricordo neanche cosa ho mangiato ieri, figuriamoci dove sono stata catapultata negli ultimi anni. “Conosce qualcuno in quelle zone?”. “No parlo con le piante”.
“Intendo se ha amici”. “Non ho amici. Sono antipatica e asociale”. Mi chiede dove abito, il mio numero di telefono. “Sono qui solo per raccontare questa storia”. Quale storia? “Quello che sta succedendo a Gaza”. “Ah – dice lei – e ha intenzione di entrare?”. Quando apriranno entrerò con tutti i colleghi del resto del mondo. “Non lo sa che è zona militare e non si può entrare?”. Lo so, ma prima o poi apriranno. “Non credo”. Strabuzzo gli occhi. Ammetto di essere esausta. Ho fame. Le vetrate non filtrano più il sole, è buio. “Va bene può andare”. Mi alzo e aspetto la poliziotta maleducata che mi deve riportare il passaporto. “Va bene la lasciamo andare”, mi dice venendomi incontro. “naturalmente”, le rispondo io. “Naturalmente? Possiamo anche rispedirla indietro se vogliamo”. Fatelo. Rispeditemi.
Invece mi volto e vado verso l’uscita. Prendo un taxi, chiamo i miei amici israeliani per salutarli, chiamo i miei amici palestinesi per salutarli. Non voglio parlare di politica, voglio solo sapere come stanno. Arrivo a Gerusalemme, il tassista non è molto pratico, fa un giro lungo, non gli dico niente, mi godo la vista, mi lascio avvolgere dalla bellezza della Città Vecchia. Le guglie delle mura nascondono un tesoro di viuzze. Mi piace anche la parte ovest quella israeliana, da qualche parte c’è la mia vecchia casa. Arrivo in albergo. Non ho ancora cominciato a lavorare e già sto dando di matto. Meno male che Gerusalemme mi calma. Amo questa città. I visi conosciuti di quelli dell’albergo mi accolgono come una vecchia amica. “Appena abbiamo visto il casino, sapevamo che saresti arrivata, ma ci verrai mai qui una volta che non succede niente?”. Chissà se non succederà mai niente in questo posto. Chissà se si potrà morire di noia, di vecchiaia e di gentilezza? Da una parte e dall’altra.
TELEFONI E TRAMONTI
5 gennaio 2009 – Saluto un mio amico. Gli telefono, mi racconta che si e trasferito in a Tel Aviv, l’aria di Gerusalemme non trattiene i giovani. Troppe tensioni, troppi radicalismi, troppi problemi. La gente ha voglia di serate spensierate e di non pensare sempre alla politica che pende sulle loro teste. Non parliamo della situazione a Gaza, perché entrambi ci conosciamo da abbastanza tempo da sapere che non andiamo d’accordo. Ma si puo essere amici lo stesso. O per lo meno un tipo di amici. Decidiamo di vederci per un caffe quando scendo a tel aviv per delle interviste, ma mentre parliamo, arriva una telefonata. Anche se non capisco quasi niente, tranne che “si” e “si”, so che qualcosa sta accadendo. Torna con la voce un po’ mesta. “Niente caffe, sono stato appena richiamato in servizio, magari, invece, ti vedo a Gaza. Ma stai attenta, questa volta si fa sul serio”. In un attimo un ragazzo normale si trasforma in un soldato. Che si facesse sul serio non c’erano dubbi. Anche il fatto che i giornalisti siano tenuti fuori da quello che accade è significativo. Non era mai accaduto che il mondo restasse fuori. I tempi cambiano e quasi mai in meglio. Chiudo la telefonata, chiamo un altro amico, questa volta a Gaza. La sua voce è spezzata. Dice che vista la situazione sta bene, ma è molto preoccupato per i bambini, vogliono uscire a giocare e non riescono a capire che non si può. Ormai da giorni stanno tappati in casa e tremano quando sentono le esplosioni. Scherziamo sulle vacanze, mentre in sottofondo sento dei tonfi. Parliamo di tutto, tranne di quello che accade. Mi chiede dell’Italia, del Natale, di quello che ho fatto nell’ultimo viaggio in Pakistan, mi rendo conto di essere i suoi cinque minuti di evasioni. Per un attimo lo trascino fuori da Gaza, gli racconto dei regali di Natale, del pranzo, della mia famiglia, alcune cose le invento per renderle ancora piu belle e dall’altra parte del cellulare lo sento sorridere. Ci salutiamo, gli prometto di chiamarlo ancora, gli dico di salutarmi i bambini e di fare tanta attenzione. Chiudo. Ho la pelle d’oca. E’ uno dei pochi posti dove non sembrano esserci spiragli, da una parte un paese che fa credere ai suoi cittadini di volerli proteggere, e anche se credessi alle buone intenzioni, non credo sia tutto lì, soprattutto quando le guerre scoppiano sotto elezioni. Dall’altra un paese che indossa l’abito da vittima sempre e che lo giustifica per qualunque cosa. Se per una volta provassero a non guardare sempre indietro. Non so che dire, ogni volta che si da ragione ad uno, sembra si voglia dare torto all’altro. Ma qui non e cosi semplice. Non lo è affatto. Vado a vedere il tramonto sulla citta vecchia, l’unica cosa che gli uni e gli altri non si possono portare via.
SENZA TITOLO
5 Gennaio 2009 – Per noi giornalisti la guerra si vede da una collinetta di Sderot. Si lascia di poco la cittadina, si segue una strada deserta, poi si sale un piccolo mucchio di terra, quattro scalini e si raggiunge l’ombra di un albero. Ci sono due corde che reggono una tavola di legno che faceva da altalena. Doveva essere un bel posto per dondolarsi e perdersi in quell’orizzonte che sconfina nel mare calmo. Solo che tra il mare e noi c’è Gaza e colonne di fumo che si alzano verso il cielo.
Intorno decine di telecamere accese che puntano sull’unica cosa che possono vedere. Non si entra a Gaza, e gli israeliani, te lo dicono senza tanti problemi, non vogliono giornalisti dentro che si muovano senza controllo. Obiettivi tirati al massimo dunque, che sobbalzano al suono dell’artiglieria israeliana. Non arrivano le grida di dolore di Gaza, a pochi chilometri, ma qualche razzo non manca di atterrare nei campi aperti. La gente si butta nei rifugi, molti tremano di paura. Una donna piange e un’altra le accarezza il viso e cerca di rassicurarla.
Sono due mondi inconciliabili, sono le loro paure e le loro similitudini a dividerli. Mi chiedo perché io riesca a sentire l’orrore delle famiglie di Gaza e quello di Sderot, e loro non riescono a vedere quello dell’altro. Sanno solo rinfacciarsi accuse, torti, forse anche ragioni, ma non riescono a capire quanto il loro dolore sia simile alle loro paure. Nessuno come un residente di Sderot sa cosa significa vivere con un missile che vola sulla testa, nessuno come uno di Gaza sa cosa significa vivere un razzo che vola sulla testa. Ognuno chiede all’altro di fare il primo passo, ma in realtà nessuno si muove, si lasciano martoriare al cospetto della cattiva politica di entrambi i popoli, al cospetto dell’odio.
Ieri un palestinese mi ha detto “vogliono ucciderci tutti, per questo resistiamo”. Oggi un israeliano mi ha detto: “vogliono ucciderci tutti per questo ci difendiamo”. Stamattina a colazione un’israeliana mi ha detto: “un morto israeliano vale cento arabi, d’altra parte a loro non interessa morire, non soffrono, vogliono tutti diventare martiri, lo vediamo, lo dicono in continuazione”. Poco dopo un palestinese mi diceva che “non esistono israeliani innocenti perché sono tutti soldati pronti ad imbracciare un fucile per uccidere i palestinesi”. Fanno gli stessi discorsi. Sono tutti pronti a morire per questa terra maledetta, nessuno per dividerla pur di viverla.
LACCA E POLVERE DA SPARO
7 gennaio 2009 – Salgo su un taxi. L’autista con la kippa incollata alla testa guarda nello specchietto retrovisore e dopo aver capito che non parlo ebraico mi chiede di dove sono. Italiana. “Giornalista allora. Tutti gli stranieri in questo momento sono giornalisti”. E’ vero, almeno 500 stranieri scalpitano per entrare a Gaza. Ma la guerra sembra finita. O meglio dopo il colpo alla scuola delle Nazioni Unite e dopo l’annuncio che in questi dodici giorni sarebbero morti almeno 100 bambini e degli altri molti sarebbero ragazzini, qualcosa si è spezzato. Anche gli israeliani che hanno silenziosamente appoggiato questa invasione, alle parole “bambini morti”, storcono il naso.
Va bene difendersi, va bene fare piazza pulita, ma i bambini sono ancora bambini. Non per il mio tassista, almeno non all’inizio. “Quei terroristi usano i bambini come scudo. Noi dobbiamo difenderci e quei maledetti usano i bambini”. E’ vero, è orribile. Disumano. Ma sapere che un terrorista si nasconde dietro un bambino e uccidere lo stesso per far fuori il terrorista, mi suona alquanto difficile da digerire. Non riesco a vedere chi ha più pelo sullo stomaco tra chi mette un bambino in pericolo per proteggersi e chi spara sapendo che ci sono dei bambini, anche se le intenzioni sono di salvarne altri. E’ un po’ come per uccidere dei terroristi che hanno in mano degli ostaggi, si decidesse di fare fuori anche loro, così si è risolto il problema. Molti palestinesi sono ostaggio di Hamas. Sono in quella pentola a pressione che si chiama Gaza, una terra dove non si può fuggire, dove non si può pensare, dove non puoi prendere la macchina e trovare un’aiuola dove far giocare i tuoi bambini. E’ sabbia, polvere, macerie.
“Abbiamo lasciato le colonie di Gaza, potevano costruire case e lavorare. Potevano trasformare Gaza in un resort. Ma non hanno voluto”, dice il tassista e l’israeliano medio. E come si costruisce una Gaza felice dove un palestinese non può uscire neanche per farsi un esame medico? Frontiere chiuse. “Certo perché loro ci lanciano i razzi”. Non tutti lanciano i razzi, ma tutti vengono puniti e trattati come bambini cattivi. “Allora non c’è soluzione”. No, fino a che vi chiederete chi ha iniziato prima e chi deve smettere prima. E’ nato prima l’uovo o la gallina? Hanno sparato prima gli israeliani o i palestinesi?
Entro dal parrucchiere. Il solito degli ultimi 11 anni quando sono in Israele. Il parrucchiere non è mai un posto qualsiasi. E’ dove donne di ogni età e ceto si incontrano, si rilassano, scambiano due chiacchiere fra sconosciuti tra una spazzolata e il suono sordo del phon. Non è certo una sala universitaria traboccante di persone con un’opinione, ma è il posto dove ci si lascia trasportare dall’umore delle donne. Non tira una bell’aria. Ci sono tre signore, una di origine greca, un’altra polacca e un’altra russa. Due di loro hanno una certa età, l’altra è più giovane. I parrucchieri, rigorosamente uomini, ci portano tè e caffè, anche loro quando capiscono che non parlo ebraico, passano subito all’inglese, un po’ sdentato. Due signore hanno i figli al fronte e sono preoccupate, una si emoziona mentre lo dice e con delicatezza il parrucchiere le solleva la testa. “Ha solo 19 anni, il mio bambino”. Il bambino stringe tra le mani un m16 e probabilmente negli occhi conserverà l’orrore di quello che ha visto in questi giorni. Perché per quel poco che ho conosciuto i militari, non è vero che tutto scivola addosso, così come non è vero che “ai palestinesi non importa niente dei figli”. Non so quante volte ho sentito questa frase.
L’altra signora dice che suo figlio ha appena finito di studiare all’università, che entrerà a lavorare nello studio legale del padre. Mi dice che i suoi genitori sono arrivati qui dopo la seconda guerra mondiale, che della loro famiglia non era rimasto nessuno, erano stati tutti sterminati. “E’ un dolore che ti porti dentro anche se non lo hai vissuto, ti viene trasmesso, non so spiegare”. Ho una botta di cinismo e mi chiedo quando potrebbe guadagnare un analista in questa terra. E i bambini palestinesi morti? Le signore non rispondono come il tassista. “E’ una cosa orribile, se penso a quelle madri mi si stringe il cuore”, dice una, l’altra va oltre, “se penso che uno dei nostri figli tornerà con il peso di aver ucciso qualcuno, anche fosse solo un terrorista, sento già una parte di me morire”. L’altra annuisce. “Questa terra ci ha trasformato in carnefici, tutti quanti, che lo si faccia per difendersi o per resistere, non conta. Uccidere è uccidere”. Annuiscono ancora. “Dovremmo essere migliori, ma siamo intrappolati dal nostro volere e dal desiderio di sopravvivere e questo non può essere sbagliato, ma da qualche parte c’è un intoppo”. Scuotono le teste asciutte mentre una nuvola di lacca profumata addolcisce l’aria.
“Andiamo a casa ora, la televisione è sempre accesa, speriamo che tutto finisca presto, quando squilla il telefono, tremo per paura che mi dicano qualcosa di brutto”, dice una. “Lo so, sono venuta qui solo costringermi ad uscire di casa, stavo diventando matta”.
Domani forse si entra a Gaza. Era giugno l’ultima volta che ci sono stata. La jihad islamica lanciava i razzi, mai avrebbero pensato ad un risposta tanto dura. Immagino che le persone che intervistai non ci sono più, come la metà di quelle che ho tentato di rintracciare in questi giorni.
SENZA TITOLO
10 gennaio 2009 – Stamattina leggevo i giornali a colazione in albergo. Un raggio di sole filtrava dai vetri annunciando che sarebbe stata una bella giornata. Tanto sto per partire. Un articolo mi ha colpito molto di un collega israeliano. Chiedeva che gli israeliani la smettessero con l’ipocrisia che hanno tentato di vendere al mondo in questi giorni. “Chiunque giustifica questa guerra giustifica tutti i suoi crimini. Chiunque la vede come una guerra difensiva, deve sopportare la responsabilità morale delle sue conseguenze. Tutti quelli che vogliono questa guerra e giustificano l’omicidio di massa che questa infligge, non ha alcun diritto di parlare di moralità e umanità” e ancora: “gli spariamo e poi piangiamo, li uccidiamo e poi ci lamentiamo, abbattiamo donne e bambini e poi cerchiamo di preservare la nostro dignità. Non funziona così, non si può uccidere e poi far entrare gli aiuti umanitari”.
Per il nostro collega israeliano è solo ipocrisia. La cosa che mi colpisce è quanto sia difficile in questo posto essere liberi di avere un’opinione. Se quello che è accaduto ora a Gaza fosse accaduto in Kashmir, o in Afghanistan o in Iraq, nessuno avrebbe protestato sulle nostre cronache. Qui invece ogni riga viene analizzata. Siamo stati messi sul confine a guardare questa guerra, su una collinetta con il binocolo, dove è vero non abbiamo potuto vedere i funerali dei bimbi morti, non abbiamo potuto vedere le donne fatti a pezzi, i ragazzi arrestati, legati, bendati e trascinati via dai soldati.
Non abbiamo potuto raccontare le mamme di Gaza che stringono i loro figli e li costringono a dormire in corridoio per paura di qualche proiettile vagante. Non abbiamo raccontato degli ospedali straripanti, della mancanza di sangue, di quelli che dovevano andare a fare la chemioterapia. Non abbiamo raccontato dei fratellini uccisi mentre giocavano. Delle case bombardate con la gente dentro. Non abbiamo raccontato delle urla di dolore, delle ossa che si sgretolano sotto il peso di un soffitto che crolla. Non abbiamo raccontato dei bambini che hanno visto morire i genitori, di quelli che hanno perso un braccio o una gamba. Non abbiamo raccontato il buio delle notti senza elettricità, la mancanza di cibo e di speranza. Neanche il terrore degli animali che tremavano sotto i bombardamenti. Quasi 900 morti. Quasi novecento storie. Che non saranno mai raccontate, perché anche il giorno che entreremo, sarà troppo tardi.
Qualcosa è arrivato tramite le telecamere di Al Jazeera che era presente a Gaza al momento dell’attacco, ma quanti hanno abbandonato i canali locali per spostarsi di qualche pulsante per inorridire davanti alle loro immagini? Una collega ieri sera aveva gli occhi gonfi di lacrime mentre guardava le immagini che a spizzichi e bocconi arrivavano, ma che non vengono trasmesse, perché troppo crude, troppo scomode più per noi che per loro.
D’altra parte gli israeliani per giustificare una guerra possono anche avere le loro ragioni, ma noi per sostenerla o semplicemente per non dire nulla? Nessuna. Ho sempre pensato che se qualcuno di noi sapesse di qualcosa di orrendo che sta succedendo farebbe il diavolo a quattro per impedirlo, lo griderebbe con tutta la voce, fino a quando non fosse ascoltato. Poi penso al Rwanda, alla Somalia, al Sudafrica, al mio Iraq, abbandonato da quasi tutti i media italiani. La maggior parte della gente guarda e lascia che il tempo passi, un giorno chi avrà salvato qualcuno, diventerà un eroe, sarà uno dei “giusti” come accadde cinquant’anni fa in Europa quando nessuno voleva o riusciva a vedere.
La Torah, il libro sacro degli ebrei, dice che chi salva una vita, salva il mondo intero. Noi non riusciamo neanche a raccontare quello che succede a Gaza. Crediamo di essere migliori oggi, ma non riusciamo ancora a dire le cose come stanno. Noi giornalisti per primi, quelli che hanno il dovere di raccontare quello che accade. Chiudo con il nostro collega israeliano: “Chiunque sostiene la guerra, sostiene anche il terrore”. Qualsiasi siano le ragioni,
11:50 Sede Unrwa a Gaza colpita da proiettili al fosforo bianco
Erano proiettili al fosforo bianco quelli sparati contro la sede dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati, a Gaza. Lo afferma il sito Peacereporter, citando una intervista al portavoce dell’Unrwa Chris Gunness da Gerusalemme. “Tre tiri di artiglieria al fosforo bianco hanno raggiunto l’edificio – ha detto Gunnes – e il deposito è andato in fiamme. Tre i feriti fra il personale. Ancora una volta il lavoro degli umanitari è sotto tiro”.
11:49 Ban Ki-Moon: “Bilancio delle vittime è insopportabile”
“Il numero di vittime ha raggiunto una cifra insopportabile”. Lo ha detto il segretario generale della nazioni Uniti ban Ki-Moon in visita in queste ore in Israele nell’ambito di un tour dipolomatico per cercare di fermare il massacro di civili a Gaza.
11:43 Unrwa costretta a sospendere attività dopo bombe su sede
Un portavoce dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che si occupa dei profughi palestinesi, ha annunciato la sospensione delle attività dopo il ferimento di tre suo dipendenti da parte dell’artiglieria israeliana.
11:29 Divampa incendio in ospedale Gaza bombardato da israeliani
Un’ala dell’ospedale di Gaza City colpito da un bombardamento israeliano è in fiamme. Lo hanno riferito alcuni testimoni.
11:28 Segretario Onu Ban ki-Moon “indignato” per bombe su sede Gaza
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, si è detto oggi “indignato” per il bombardamento israeliano del quartier generale dell’Unrwa nella città di Gaza, aggiungendo di aver
presentato “una ferma protesta” alle autorità israeliane
11:26 Merkel e Brown si dicono “scioccati” da crisi umanitaria a Gaza
La cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier britannico Gordon Brown si sono detti oggi “scioccati” dalla tragedia umanitaria nella Striscia di Gaza. Nel corso di una conferenza stampa congiunta tenuta dopo il suo incontro a Berlino con Brown, la Merkel ha sottolineato che “la situazione umanitaria richiede una maggiore pressione” per arrivare a una tregua.
“Anche noi siamo scioccati dalla tragedia umanitaria a Gaza”, ha aggiunto da parte sua il premier britannico.
11:09 Colpiti a Gaza ospedale e sede Mezza Luna Rossa
“Colpiti dall’artiglieria israeliana, la sede centrale della Mezza Luna Rossa e il vicino ospedale di Tell Al Hawa”, nel cuore di Gaza City. Lo riferisce la tv satellitare araba Al Jazeera in una notizia dell’ultima ora. Secondo fonti dell’ospedale, all’interno della struttura medica ci sarebbero 500 degenti
08:25 Respinta la nave dei pacifisti
E’ stata nuovamente respinta dalle coste di Gaza la nave del Free Gaza Mouvement, carica di aiuti umanitari e con a bordo medici, giornalisti e attivisti, che ieri ha tentato di avvicinarsi al territorio palestinese per forzare il blocco imposto dagli israeliani. La Marina israeliana, dicono i pacifisti che stanno rientrando a Cipro, ha minacciato di sparare sulla nave.
08:26 Usa e Israele, verso un’intesa sulla sicurezza
Stati Uniti e Israele sono vicini alla firma di un memorandum d’intesa sulla sicurezza e sulla cooperazione nel settore dell’intelligence, con l’obiettivo di bloccare il contrabbando di armi nella striscia di Gaza. Lo riferisce il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, precisando che il documento potrebbe essere firmato entro domani. Israele vuole dagli Usa una garanzia scritta per un loro maggiore impegno contro il contrabbando di armi nella Striscia.
Ma questa è diventata una filiale di Hamas & Co.
la belva razzista dal93 al 109 per la disperazione non sà che fare e posta solo cacca, senza un argomento.
Se sei disperato, prova in modo diverso……….tu mi capisci.
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-x88
forse fottendo passa la sete, ahah ahaha ahaha R.
@ on line (110)
No, in realta è una succursale del Lohama Psicologhit. Bravi , vero?
X — BELVE e RAZZISTI e IPOCRITI
A questo punto puoi togliere “e IPOCRITI” non c’è più neppure l’ipocrisia, che sarebbe almeno il sintomo di un minimo di vergogna.
Ormai senza alcun ritegno bardano e sparano a tutto, ospedali e sede ONU comprese, hanno una perfetta e millimetrica conoscenza del territorio, e questi non sono certo errori, ma omicidi volontari e mirati di feriti di donne di bambini decisi ed eseguiti scientemente.
se ci fosse una “GIUSTIZIA” internazionale, i governanti israeliani dovrebbero stare in compagnia dei vari Milosevich, Karadzic e e di tutti gli altri criminali di guerra.
Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i
“forse fottendo passa la sete, ahah ahaha ahaha R.”
Parli per esperienza o te lo dice il rabbino mentre ti ichiappetta???
ahah ahaha ahaha ahah ahaha ahaha ahah ahaha ahaha!!!!
…uroburo ce lo spieghera’ se e’ capace di mettere da parte la sua fissazione con la figa che marco ha in abbondanza. (post 88)
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Aveva…sono tempi duri anche per quella, ormai: tutte che cercano l’uomo fisso!
Vede, caaaaaaro, questo non è un problema di mercato ma di dominio, di supremazia, di potere. Premessa indispensabile per avere, DOPO, un mercato.
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caro Uro, su una cosa siamo d’accordo: la politica estera USA è da mentecatti.
Perchè?
Perchè solo a un mentecatto verrebbe in mente di spendere soldi, tempo e forze, per creare casini in vista di un lontanissimo giorno in cui ‘DOPO’ vendere le proprie merci, quando il mercato esiste già bello e pronto. Tant’è che i biscegliesi, forse più lungimiranti degli americani, stanno già vendendo merce che non venderebbero in quest’occidente in crisi. Il dominio, la supremazia, il potere, se non sono finalizzati all’economia non servono a niente. Il mercato già esiste. Quindi, la sua tesi decade.
“…Aspettiamo che il rilevante marco tempesta ci spieghi come si può vivere senz’acqua in climi aridi…” U.
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Più che a me, deve chiederlo agli Emirati, che già lo fanno.
Il controllo dell’acqua funziona come le redini per il carrettiere: non impediscono al cavallo di correre, ma deve andare dove vuole il carrettiere. E’ sbagliata la suddivisione territoriale, tra palestinesi ed israeliani: i palestinesi dovrebbero avere un collegamento molto più ampio con la costa, magari scambiando Gaza con una fascia perpendicolare che unisca la West Bank (o Cisgiordania, termine che è più simpatico ad U.) al mare. Credo che gli israeliani dovrebbero avere più coraggio e lungimiranza, insieme ai loro amici americani, tanto se le cose dovessero andar male, hanno un potere dissuasivo sufficiente per calmare qualsiasi bollente spirito.
Ecco bravo non commentare se vuoi…
ma di certo io continuerò a commentare te!
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nessuno te lo vieta, ci mancherebbe…non aspettarti però che io perda tempo a leggerti. Ti leggeranno gli altri, non c’è problema.
Stamattina i carabinieri hanno arrestato una serie di persone implicate in un caso di corruzione amministrativa, tra i quali: (da Bisceglielive) ‘i baresi Antonio Angelo Volponi di 52 anni e Nicola Spacciante di 47 anni’.
Come dire: un nome, un destino.
xlimonata
il mio Rabbino è sposato felicemente con una bella gnocca.
Invece io sono preoccupato per te e il prete della tua parrocchia.
Me lo immagino, che solo a te possono venire certe idee…………….
Ahahahahahahahah
ma non ti preoccupare, prima o poi ci proverai gusto. R
Ma come fanno i palestinesi a crescere il doppio se vengono negato tutte le necessita’ per vivere specialmente l’ACQUA e nonostante i massacri Charles Ignatius …
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Certo che al mondo c’è della gente ben strana….
Gli israeliani non hanno ancora impiantato i campi di sterminio come Treblinka e bisogna esser loro grati.
Se vengono ammazzati centinaia di bambini (per non parlare delle donne, il che dimostra chiaramente che la guerra è contro la popolazione civile senza alcun riguardo per le perdite (che è un’altra forma di genocidio) la colpa è di Hamas. Ma se dei rapinatori si barricano in un supermercato e la polizia per ammazzare loro ammazza anche centinaia di clienti noi diremmo che è un omicidio (tranne che in Usaegetta dove invece è la prassi dominante).
Gli israeliani non possono ancor permettersi il lusso di arrivare ad un franco genocidio fatto di stermini programmati dei palestinesi, devono usare metodi indiretti come il furto d’acqua.
Ci vuole più tempo ma il risultato, la creazione di un free (di palestinesi) Issrael è identico. U.
i palestinesi dovrebbero avere un collegamento molto più ampio con la costa, magari scambiando Gaza con una fascia perpendicolare che unisca la West Bank mt
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Epperfortuna che questo è realistico!!!
Gli faranno un bel ponte sospeso sui cadaveri. U,
Bombardata la sede ONU
A proposito di chi non vuole testimoni ….. U.
Terroristi Hamas alla caccia di PLO simpatizzanti.
Sono già avvenute diverse esecuzioni, tutta la verità verrà fuori molto presto. Collaboratori vengono uccisi dagli Hamas sul posto.
Commando di esecuzione battono in lungo e in largo la striscia di Gaza alla caccia di collaboratori e simpatizzanti di Fatah . Spesso basta solo una fotografia di Arafat per estinguere intere famiglie. R
E la chiamano estate……….
C’è ancora chi ha la sfacciataggine di parlare di genocidio.
0,06 nell’insieme tra terroristi Hamas e civili lo si chiama genocidio.
Ma và…..và , passi lunghi e ben distesi.
Dando un’occhiata alla situazione meteorologica annuale negli Emirati, mi sono accorto che la descrizione calzava a pennello anche per Bisceglie: 6 mesi senza una goccia d’acqua, temperature stagionali più o meno le stesse.
Tecnologie di recupero dell’acqua pluviale e dissalazione dell’acqua marina, dovebbero costituire la sfida tecnologica di questi anni, insieme ai generatori di energie alternative.
Più che spendere soldi in guerre per il controllo della poca acqua disponibile, molto meglio spenderli per la tecnologia di recupero.
Israele ha parecchi dissalatori, che lo facciano anche loro, che l’acqua la sanno solo sperperare.
Come promotori dell’irrigazione a goccia, dovrebbero imparare dagli Israeliani, invece di essere sfaccendati dalla mattina a sera con il narghilè attaccato al culo costruendo razzi.R
Bah, abbiamo avuto lo stesso pensiero. R
Dice Giorgio Nebbia, a proposito di acqua scarsa:
“L’acqua dissalata costa troppo? Se i dati in mio possesso sono corretti, la captazione delle sorgenti abruzzesi e il trasporto in Puglia di mezzo milione-un milione di metri cubi di acqua al giorno comporterebbero un investimento di 750 milioni di euro. E’ il costo di produzione di una serie di distillatori della stessa capacità. Nel costo finale dell’acqua dissalata dovrebbero essere aggiunti i costi di gestione che peraltro esistono anche per le grandi condotte.
Senza contare che la fabbricazione di distillatori è molto più rapida della costruzione di grandi opere come condotte sottomarine e che gli impianti potrebbero essere fabbricati con tecniche e lavoro italiani nel Mezzogiorno da quell’industria metalmeccanica che è in crisi.”
I lettori e i governanti curiosi potranno trovare, sulla dissalazione e sui suoi costi, notizie nei siti Internet http://www.ida.bm e http://www.usbr.gov/water/water.html
Proprio in questi giorni, dall’8 al 13 marzo a Bahrein, nel Golfo Persico, si tiene il congresso mondiale sulla dissalazione. Che sia il caso di dare un’occhiata a questa fonte di acqua finora ridicolizzata?
(Articolo pubblicato da La Gazzetta del Mezzogiorno, 30 marzo 2002)
Siamo al 2009….se ci muovessimo? Due piccioni con una fava: lavoro ed acqua potabile.
La prossima occasione di confronto sarà la riunione del Forum mondiale dell’acqua, fissato per il marzo 2009 a Istanbul.
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Chissà che non decidano di mettersi finalmente in movimento!
Altro che ponte sullo Stretto!
x Uroburo
Quote:
“….Ma se dei rapinatori si barricano in un supermercato e la polizia per ammazzare loro ammazza anche centinaia di clienti noi diremmo che è un omicidio (tranne che in Usaegetta dove invece è la prassi dominante).”
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Esempi per favore.
Grazie, Anita
cara Anita, si sa che Uro va per iperboli: l’esempio dei rapinatori non calza. Si mettono dei tiratori scelti alle finestre di fronte al supermercato e si fanno fuori i rapinatori con un solo colpo in testa, quando escono. Già successo, tra l’altro.
Gli israeliani possono essere accusati di andare all’ingrosso: se qualcuno spara da un balcone, loro buttano giù tutto il palazzo, chi c’è c’è.
C’è comunque qualche conto che non mi torna: che razza di guerriglieri sono gli hamas, se la maggior parte dei morti israeliani li hanno ammazzati gli israeliani stessi (fuoco amico)?
Sembra che gli Hamas non sparino per ammazzare il nemico, ma per far sì che il nemico ammazzi la loro gente il più possibile. O cos’altro?
Ma allora non solo i preti, stamo bbene, 16 anni al padre,10 anni allo zio.
Io gli avrei dato l’ergastolo.
Da Repubblica
Como, 18:25
VIOLENZE SESSUALI SU DUE BIMBI: CONDANNATI PADRE E ZIO
GAZ A GAZA
La motivazione di tutte le guerre, alla fine, e’ sempre la stessa:
di NICOLETTA FORCHERI
Stampa Libera
Ecco che cos’era. Era sicuramente una guerra di conquista di territorio, di risorse, e di espulsione di una popolazione troppo fiera da quella lingua di terra strategica. Un leitmotiv che si ripete in tutte le guerre recenti dove tutto puzza di propaganda e di menzogna. Che ci fosse un problema di accapparramento delle risorse idriche in Palestina, lo sapevo. Ma oggi è saltato fuori il rospo, al largo delle coste di Gaza: giacimenti di gas nelle acque territoriali di Gaza, di diritto appartenenti alla Palestina…
Ecco perché quei volontari occidentali che accompagnavano i pescherecci di Gaza al largo delle acque territoriali, prima dell’invasione, venivano attaccati a sei miglia dalla costa con spari d’acqua e altre aggressioni dall’esercito israeliano…. con continue violazioni dei confini delle loro acque territoriali. Ecco che cosa faceva l’esercito durante la cosiddetta tregua: vigilava sui pozzi di gas, nelle stesse acque territoriali di Gaza, che Israele vuole rubare alla Palestina. Sì, RUBARE, CON LA SCUSA DI UN TERRORISMO strumentale e forse rifocillato…
Chi dice furto dice ladri. Direi che è piuttosto un cartello che ha lavorato insieme: governo israeliano, alcune famiglie libanesi e petrolieri sauditi (CCC e NPCC), British Gas – ah ecco perché l’ex Primo ministro britannico è stato inviato a “pacificare” nell’area e ha lavorato così bene – contro i palestinesi – come leggerete dall’articolo sotto, e poi una misteriosa General Holding Company, sicuramente interessi americani.
Hamas è stata un’occasione presentata su un piatto d’argento per cominciare la crociata al terrorismo e per escludere la Palestina dal contratto di fornitura di gas a Israele che avrebbe risollevato le sorti di Gaza e la Palestina. Le avrebbe spianato la strada per diventare un paese indipendente e prospero…
Anche i talebani, prima sono stati finanziati dagli americani e poi sono diventati terroristi quando hanno rifiutato di firmare un contratto per cedere la servitù di passaggio alla Chevron Texaco per le pipelines e tante rendite di royalties. Da lì la dichiarazione di guerra con l’aiutino dell’11 settembre. Anche Saddam fino a quando non ha voluto fare di testa sua per moneta/petrolio e gli era ritornata la fierezza per il suo popolo….
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=11680
Guerra e metano :
Invasione israelina e interessi arabi (famiglia Saoud)
di Michel Chossudovsky
L’invasione militare della Striscia di Gaza da parte delle forze israeliane riguarda direttamente il controllo e la proprietà di giacimenti strategici di gas offshore.
E’ una guerra di conquista. Enormi riserve di gas, scoperte nel 2000, giacciono al largo delle coste di Gaza.
Ai sensi di un accordo firmato con l’Autorità palestinese, nel novembre del 1999, di 25 anni di validità, sono state accordate delle licenze di sfruttamento degli idrocarburi British Gas Group e al suo partner di Atene, Consolidated Contractors International company (CCC) di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury.
Le quote della licenza sui giacimenti di gas offshore sono rispettivamente del 60% per BG, del 30% per CCC e del 10% per il Fondo d’investimento dell’Autorità palestinese…
British Gas valuta le riserve in oltre 39 miliardi di metri cubi dal valore di circa 4 miliardi di dollari. Sono i dati pubblicati da British Gas, ma le dimensioni delle riserve di gas palestinese potrebbero essere di gran lunga superiori.
Chi è proprietario dei giacimenti di gas.
La questione della sovranità sui giacimenti di gas di Gaza è cruciale. Dal punto di vista giuridico essi appartengono alla Palestina. Ma la morte di Yasser Arafat, le elezioni di Hamas al governo e il crollo dell’Autorità palestinese hanno consentito a Israele di prendere il controllo de facto sulle riserve offshore di Gaza.
E mentre British Gas (BG Group) ha trattato con il governo di Tel Aviv, quello di Hamas è stato boicottato per quel che riguarda le licenze di esplorazione e di produzione dei giacimenti.
La sovranità della Palestina sui giacimenti di gas offshore è stata contestata alla Corte suprema israeliana dove Sharon dichiarò, senza mezzi termini, che « Israele non accetterà mai di acquistare il gas dalla Palestina” lasciando intendere che le riserve di gas al largo di Gaza appartenevano a Israele…
Tutto l’articolo su:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5471
ci fù una guerra tra la potenza mondiale Russia e la piccola Georgia, che si permise di violare la sovranità territoriale del potente vicino.
…ti sbagli volutamente, la Georgia ha invaso la Ossezzia del sud, con bombardamenti ed invasione terrestre uccidendo i civili che trovavano sul cammino… Quindi la Russia ha reagito giustamente… Solo un cabron come tte… scrive un post propagandista… ( usando il blog di Pino Nicotri… cche ppagaaa!!! x che un psico criminale sparapazzi sul blog Arruotalibera… il ns. nazista del blog…. ha le capacita di un professionista… altro che in buona fede… daltronde è un incallito giocatore dazzardo… si sa che a questi debosciati, sono sempre accorto di soldi… facendo l agitpro, arrotonda … ma sono convinto cche lo ffa aggratis… ce lha nel DNA… osservare come, in un lungo post ( x imbrogliare i distratti…) parte da un dato vero, ( la reazione giusta dei russi) e mente sulle causanti… mente spudoratamente… gli accadimenti sono stati completamente diversi da quelli dal cialtrone venduti x bbuoni… prende un fatto, lo distorce e lo manipola e ppoi prosegue a scrivere il suo ragionamento apparentemente logico ( conclusioni indotte al lettore..) continua blablablaba.. a scendere nella lettura del suo post… fino a concludere comme ye pare a Ello… (ragionamento con logica guidata e indotta ) il post 86 è da manuale del perfetto agitatore politico… un reazionario… si potrebbe umiliarlo, se ne valesse la pena, se non fosse un complice nazista genocida, e una TdC. inutile!!
Faust
… F.
Come dilettante in antropologia culturare il Biscegliese è una novita,per cui “continuerò ad interessarmi di te.
Sono carateristiche nuove che forniscono interessanti parametri.
Devi esserne orgoglioso caro marco t.
Per il resto hai ragione non mi leggere |
cc
x137
Si rilegga il post.Io non ho scritto niente, del perchè e del per come, della ragione dell’uno o della ragione dell’altro.Io ho preso quel fatto come esempio di cosa la Russia avrebbe fatto se fosse stata al posto degli Israeliani, oltre ciò parlavo anche di cosa hanno fatto gli Europei nella ex Iugloslavia e gli Americani contro i terroristi telebani.
Quali le consegunze dei civili, in special modo di chi se ne fa scudo come gli Hamas. Impari a leggere ,prima di scrivere le solite cazzate o cazzoni che non trovano culi disposti ad accoglierli.
E poi lei cade anche nelle sciocchezze del “giocatore d’azzardo” dei soldi, del gratis ecc.ecc. Veramente provo compassione per lei.
Carissima Anita,
ma se un cittadino disarmato può prendersi 19 proiettili senza aver fatto niente, figuriamoci per dei rapinatori cosa farebbe la vostra democratica polizia … U.
Provo anche molta compassione per Vox,che per mancanza di argomenti , và alla ricerca spasmodica di articoli per farne copia e incolla a scoppio continuo.
Ci manca solo Herzl e Sharon. R
xFaust
fai come me: smetti di leggere le caxxate di quel tizio dai molti nomi ed una personalita’ inesistente
Peter
Minchia!!!! Certo che abbiamo a che fare con della bella gente!
Qui succede che un invasore ruba l’acqua ad un popolo intero e qual’è la risposta di questi democratici? Non che è un soprusointolerabile con caratteristiche genocide ma che bisogna costruire dei dissalatori! Che diventeranno il bersaglio della prossima guerra issraeliana.
Le leggi non esistono per costoro, e parlano pure. U.
Veramente qui proviamo tutti molta pena per il nostro nazistino quotidiano. U.
x Marco
Ecco quel che leggo:
Due degli israeliani che sono morti erano civili uccisi dai razzi domestici palestinesi.
Quasi tutti gli israeliani che vivono nell’Israele del sud sono stati evacuati e le poche migliaia che ci rimangono hanno accesso a bunkers e rifugi sotto le loro case.
La popolazione palestinese di 1.5 milioni, vive in una delle aree piu’ densamente popolate del mondo, non ha ripari e molti sono stati costretti a prendere il rifugio in scuole ed in ospedali con miliziani vestiti da civili, edifici che poi sono stati bombardati dalle forze israeliane da aria e da terra.
Due degli israeliani uccisi erano soldati nella striscia di Gaza.
Un maggiore militare, e’ stato ucciso fuori del suo carro armato.
L’altro, un capitano nei militari, e’ stato sparato dai Palestinesi durante l’invasione a Gaza del Nord.
I quattro altri incidenti israeliani erano un risultato di “fuoco amichevole”, in un sparatoria tra carri armati.
Anita
Ma che cos’è , la regola o l’eccezione , sparare 19 proiettili su qualcuno che “presunibilmente” non aveva fatto niente. Chissà forse si era trovato nel luogo sbagliato in in momento sbagliato.
Oppure si vuole filosoficamente provare che è l’eccezione che conferma la regola?
Rabbi ,maestro,con te invece spero la discussione continui poichè sei l’unico finora ad aver colto un aspetto interessante di quel poco che scrivo,accusandomi di non scendere in campo.
O meglio di non volermi sporcare le mani.
Devo confessarti che in effetti tutta la questione israelo-palestinese non mi ha mai “entusiasmato” più di tanto!
Vado a spiegarti in perchè :
1)In primo luogo trovo onestamente poco producente infilarmi in discussioni su quale Dio sia il più vero il più giusto,il migliore.
Mi sembrano quei giochetti da “ragazzi”su chi c’è la più lungo e più grosso
2)Tra arabi ed israeliani chi ha più diritto o meno mi sembrano altrettante schicchezze dal mio punto di vista.
3)Nonostante tutto non sono così ingenuo da pensare che queste cose e cioè le tradizioni culturali,le religioni non abbiano la loro importanza.
4)In questo senso hanno perfin “ragione” quelli che come il buon marco stigmatizzano certi aspetti deteriori della cultura araba che decisamente non condivido.(e come potrei)
5)Già ho scritto in passato che per me questa è una classica guerra coloniale che come tutte le altre si ammanta di altri valori e come tale va intesa nel panorama internaziole.
6)Da questo punto di vista “massacri nefandezze e quant’altro non si discostano poi molto da quanto avvenuto in passato e tuute le nefandezze hanno lo stesso gusto.
7)Mi dà solo fastidio come a molti che a livello politico vi sia quest’insistenza a voler giustificare a tutti i costi con motivazioni assurde che le nefandezze di una parte trovinogiustificazioni assurde e che mettano in ballo e in gioco a mò di “scudi”questioni come la Schoa che poco c’entrano con i fatti reali.
8) Questa è una sporca guerra come altre nella storia dell’umanità,che dal mio punto di vista non sposta di un millimetro le mie riflessioni sulla natura delle guerre.
9)Da qui il mio scarso interesse per vicende che se ti fanno attanagliare il cuore,non sono certo le uniche.
10)Mi ritengo un partigiano della “pace” epertanto non parteggio in modo particoalare per un gruppo dirigente od un altro.
Solo che mi dà fastidio sentire certe considerazioni che al di là delle rispettive guerre mediatiche accampano giudizi di ordine morale su presunte superiorità di civiltà religiosa e quant’altro per essere compresi nella loro causa.
Dal mio punto di vista più si insiste su certi argomenti e più ai miei occhi si mette in cattiva luce la parte che tu ben conosci.
Tutto qui mio caro Rabbi
cc
x Uroburo
Lei cita un caso e condanna una Nazione di 320 milioni senza contare 12-15 milioni di illegali.
Anita
xPeter
Non ho ricevuto da lei nessuna risposta al mio ultimo post.
E’ sempre la stessa solfa, quando non si sà più che pesci prendere, si elude. Si limiti a eludere, oppure scriva qualche pensiero logico.
BLABLA BLABLA R
xbla bla bla
ok, ho letto il suo ultimo post.
Le ho gia’ risposto a suo tempo. Se non le basta, non importa.
Del resto, lei non risponde mai a domande dirette, come molti hanno notato. Crede forse di essere un privilegiato?
Peter