In attesa di sapere se davvero Olmert attaccherà anche l’Iran ecco i racconti di una brava inviata in Israele
Non so se l’Israele bombarderà davvero l’Iran il giorno 20, schiaffeggiando così pubblicamente e clamorosamente anche Obama nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Il governo israeliano è ormai fuori controllo, condotto da omuncoli come Olmert capaci di lucrare perfino sugli orfani gonfiando le note spese dei viaggi sta spingendo il suo Paese in un tunnel sempre più buio, ma sa che può contare su gran parte dell’opinione pubblica occidentale grazie all’ignoranza in cui è tenuta dalla propaganda dei mass media, che quando si tratta di Israele di informazione ne fanno meno che mai. Tant’è che tutti si bevono la balla dei civili usati come scudi umani dagli stessi palestinesi, balla inventata per tentare di giustificare l’ignobile mattanza e pulizia etnica in corso nella Striscia di Gaza. Che sia una balla lo dimostra sia la mancanza di ribellione dei civili contro Hamas – e anzi anche Al Fatah, cioè gli uomini di Abu Mazen, ora combatte affianco ad Hamas! – e sia il fatto che si tratta di affermazioni dell’ufficio stama (e propaganda) delle forze armate israeliane, cioè di uno dei due contendenti. Che per giunta – guarda caso – non vuole la presenza di giornalisti, così come da sempre non vuole l’Onu tra i piedi. Ora forse si capisce meglio cosa successe in realtà a Jenin, quando anche nostre balde giornaliste di parte si bevvero, e propinarono, la bella versione scodellata loro a botta calda da un ben preciso ufficiale portavoce dell’esercito. Ora non ne ricordo il nome, ma quanto prima tornerò su quella vergognosa vicenda.
In attesa dei giorno 20, giorno comunque fatidico se non altro perché si insedia Obama e in troppi sperano da lui l’impossibile, vi propongo dei reportage di una collega da Israele. Vi propongo i post della collega Barbara Schiavulli, de L’espresso, scritti per il suo blog. Barbara ha lavorato a lungo anche in Iraq per vari giornali dopo l’invasione angloamericana, quando i giornali preferivano non mandare i loro inviati per paura dei continui attentati e del pericolo di rapimenti. Barbara è quindi una collega brava e coraggiosa, oltre che sempre molto informata specie per il Medio Oriente. Dopo l’invasione di Gaza è stata mandata in Israele, dove anche a lei è stato impedito di mettere piede nella disgraziata Striscia di Gaza. Ho deciso di dedicare una puntata alle sue annotazioni in Israele riguardo le cose che ha visto e vissuto.
BENVENUTA IN ISRAELE
1 gennaio 2009 – Non c’è niente da fare. Ci sono cose che non cambiano mai. Nemmeno le mie reazioni riescono ad essere più evolute di dieci, o cinque o due anni fa. Nemmeno di tre mesi fa. Arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, con un volo Alitalia, come sempre in ritardo. Scendo, sono con un collega. Il sole filtra attraverso le grandi vetrate, c’è sempre un po’ di emozione a tornare in Israele. D’altra parte tutto è cominciato qui anche per me. Questo posto è stato lavoro, casa, amici, ho scritto i miei primi pezzi, ho raccontato le prime storie, ho visto persone morire, persone fuggire, persone scomparire. Ho conosciuto il dolore in questo posto. La rabbia. La rassegnazione. Mi sono imbattuta nella forza delle persone che affrontano la sofferenza, le loro vite fatte a pezzi. Quando vivevo a Gerusalemme, ho vissuto la sottile paura che ti accompagna quando sali su un autobus o ti fermi a fare uno spuntino in un bar. Ho imparato ad abituarmici come fa la gente che vive in situazioni estreme. Da una parte o dall’altra. Sono trascorsi anni e faccio a fatica a distinguere il dolore dei palestinesi da quello degli israeliani. Non riesco a essere di parte. Ricordo una ragazza di 19 anni che doveva sposarsi e invece è morta con il padre il giorno prima delle nozze, spazzata via da un kamikaze. Credo di non aver mai pianto tanto ad un funerale circondata dai parenti della ragazza che erano venuti per il matrimonio. “Tu sarai sempre la mia sposa”, disse il suo fidanzato mettendole l’anello sul panno di velluto che copriva il suo corpo devastato. Poche ore prima invece avevo visto morire un bambinetto palestinese colpito da un pezzo di cemento schizzato da una casa. Un carro armato israeliano stava sparando contro l’edificio per far uscire quattro militanti. Il bimbo che indossava una magliettina rossa è stato colpito in piena faccia. E’ rimasto un buco nero.
Insomma torno a oggi. Era solo per dire che questo è un posto che ho dentro. Con tutte le sue contraddizioni, con i suoi problemi, i suoi torti e le sue ragioni. Arrivo all’aeroporto, la ragazza del controllo passaporti guarda schifata il mio passaporto quasi nuovo. Ho solo tre timbri: Emirati Arabi Uniti, Afghanistan e Pakistan. Un attimo prima le ho chiesto con gentile fermezza di non mettermi il timbro israeliano. Altrimenti al mio ritorno dovrei rifare il passaporto, perché molti paesi arabi non ti lasciano entrare se hai un visto israeliano. Giusto o sbagliato che sia, questo è quanto. La ragazza, una ricciolina che vedrei meglio su un cubo in discoteca, che immersa nella sua divisa troppo stretta, chiama la sicurezza. Vorrei già cominciare a urlare.
Arriva un poliziotto, mi accompagna in una stanzetta e si dimentica di me. Accanto ho un ragazzetto svizzero che ha la mamma israeliana e la sorella che l’aspetta fuori, più in là c’è una ragazza bionda, probabilmente russa e uno con una giacca rossa firmata Ferrari dai tratti somatici che sembrano arabi. “E tu che ci fai qui? Perché sei pericoloso?”, dico al ragazzo, che andrebbe punito solo per la bruttezza delle scarpe. “Ho il timbro del marocco, ci sono andato in vacanza un paio di mesi fa”. Annuisco. Cavoli, un israeliano che va in vacanza in marocco. Molto pericoloso. “E tu?” mi chiede lui. “Sono una giornalista, capita spesso, soprattutto perché ho tanti visti di paesi arabi”. “Eh già – dice lui – questa è la democrazia israeliana, ma bisogna anche capire”. Capisco sul momento, ma dopo due ore non capisco più. “Mi scusi?”, mi affaccio e chiamo una poliziotta. “Stia seduta e aspetti il suo turno non vede che sto parlando con qualcun altro?”. Comincio a pensare che invece di arrabbiarmi forse dovrei chiamare l’ambasciata. Poi penso, cavoli e il primo dell’anno, non possono tirarla tanto per le lunghe. Neanche quella poliziotta può essere maleducata e prepotente come quasi sempre accade. Ovviamente sono solo ottimista. Scalpito. Sbuffo. Fumo. (non una sigaretta, dalle orecchie). Una piccola tv manda le immagini di Gaza. Dovrei essere già essere in albergo e pensare al da farsi. Invece sto qui. Tiro fuori un libro, mi metto a leggere. Piano piano tutti se ne vanno, arrivano altri.
“Venga”, mi dice una della sicurezza che mi porta in uno stanzino. “Dobbiamo farle qualche domanda”. “Ok”. “Vedo che è stata tante volte qua”. “Seguo questa zona”. “Ah si?”. “Già”. “E conosce persone suppongo”. “Qualcuna, sa faccio la giornalista”. “E per chi lavora? E da quando? E quanto resta, e dove andrà?, ha un tesserino? Non ne ho mai visto uno così”. Lo so, il tesserino dell’ordine dei giornalisti è un po’ ridicolo, ma è quello che passa il convento, per il resto, rispondo come posso, nel modo più vago possibile. “In quali paesi arabi è stata?”. “Tutti”. “Tutti quali?”. Sciorino un elenco, non mi ricordo neanche cosa ho mangiato ieri, figuriamoci dove sono stata catapultata negli ultimi anni. “Conosce qualcuno in quelle zone?”. “No parlo con le piante”.
“Intendo se ha amici”. “Non ho amici. Sono antipatica e asociale”. Mi chiede dove abito, il mio numero di telefono. “Sono qui solo per raccontare questa storia”. Quale storia? “Quello che sta succedendo a Gaza”. “Ah – dice lei – e ha intenzione di entrare?”. Quando apriranno entrerò con tutti i colleghi del resto del mondo. “Non lo sa che è zona militare e non si può entrare?”. Lo so, ma prima o poi apriranno. “Non credo”. Strabuzzo gli occhi. Ammetto di essere esausta. Ho fame. Le vetrate non filtrano più il sole, è buio. “Va bene può andare”. Mi alzo e aspetto la poliziotta maleducata che mi deve riportare il passaporto. “Va bene la lasciamo andare”, mi dice venendomi incontro. “naturalmente”, le rispondo io. “Naturalmente? Possiamo anche rispedirla indietro se vogliamo”. Fatelo. Rispeditemi.
Invece mi volto e vado verso l’uscita. Prendo un taxi, chiamo i miei amici israeliani per salutarli, chiamo i miei amici palestinesi per salutarli. Non voglio parlare di politica, voglio solo sapere come stanno. Arrivo a Gerusalemme, il tassista non è molto pratico, fa un giro lungo, non gli dico niente, mi godo la vista, mi lascio avvolgere dalla bellezza della Città Vecchia. Le guglie delle mura nascondono un tesoro di viuzze. Mi piace anche la parte ovest quella israeliana, da qualche parte c’è la mia vecchia casa. Arrivo in albergo. Non ho ancora cominciato a lavorare e già sto dando di matto. Meno male che Gerusalemme mi calma. Amo questa città. I visi conosciuti di quelli dell’albergo mi accolgono come una vecchia amica. “Appena abbiamo visto il casino, sapevamo che saresti arrivata, ma ci verrai mai qui una volta che non succede niente?”. Chissà se non succederà mai niente in questo posto. Chissà se si potrà morire di noia, di vecchiaia e di gentilezza? Da una parte e dall’altra.
TELEFONI E TRAMONTI
5 gennaio 2009 – Saluto un mio amico. Gli telefono, mi racconta che si e trasferito in a Tel Aviv, l’aria di Gerusalemme non trattiene i giovani. Troppe tensioni, troppi radicalismi, troppi problemi. La gente ha voglia di serate spensierate e di non pensare sempre alla politica che pende sulle loro teste. Non parliamo della situazione a Gaza, perché entrambi ci conosciamo da abbastanza tempo da sapere che non andiamo d’accordo. Ma si puo essere amici lo stesso. O per lo meno un tipo di amici. Decidiamo di vederci per un caffe quando scendo a tel aviv per delle interviste, ma mentre parliamo, arriva una telefonata. Anche se non capisco quasi niente, tranne che “si” e “si”, so che qualcosa sta accadendo. Torna con la voce un po’ mesta. “Niente caffe, sono stato appena richiamato in servizio, magari, invece, ti vedo a Gaza. Ma stai attenta, questa volta si fa sul serio”. In un attimo un ragazzo normale si trasforma in un soldato. Che si facesse sul serio non c’erano dubbi. Anche il fatto che i giornalisti siano tenuti fuori da quello che accade è significativo. Non era mai accaduto che il mondo restasse fuori. I tempi cambiano e quasi mai in meglio. Chiudo la telefonata, chiamo un altro amico, questa volta a Gaza. La sua voce è spezzata. Dice che vista la situazione sta bene, ma è molto preoccupato per i bambini, vogliono uscire a giocare e non riescono a capire che non si può. Ormai da giorni stanno tappati in casa e tremano quando sentono le esplosioni. Scherziamo sulle vacanze, mentre in sottofondo sento dei tonfi. Parliamo di tutto, tranne di quello che accade. Mi chiede dell’Italia, del Natale, di quello che ho fatto nell’ultimo viaggio in Pakistan, mi rendo conto di essere i suoi cinque minuti di evasioni. Per un attimo lo trascino fuori da Gaza, gli racconto dei regali di Natale, del pranzo, della mia famiglia, alcune cose le invento per renderle ancora piu belle e dall’altra parte del cellulare lo sento sorridere. Ci salutiamo, gli prometto di chiamarlo ancora, gli dico di salutarmi i bambini e di fare tanta attenzione. Chiudo. Ho la pelle d’oca. E’ uno dei pochi posti dove non sembrano esserci spiragli, da una parte un paese che fa credere ai suoi cittadini di volerli proteggere, e anche se credessi alle buone intenzioni, non credo sia tutto lì, soprattutto quando le guerre scoppiano sotto elezioni. Dall’altra un paese che indossa l’abito da vittima sempre e che lo giustifica per qualunque cosa. Se per una volta provassero a non guardare sempre indietro. Non so che dire, ogni volta che si da ragione ad uno, sembra si voglia dare torto all’altro. Ma qui non e cosi semplice. Non lo è affatto. Vado a vedere il tramonto sulla citta vecchia, l’unica cosa che gli uni e gli altri non si possono portare via.
SENZA TITOLO
5 Gennaio 2009 – Per noi giornalisti la guerra si vede da una collinetta di Sderot. Si lascia di poco la cittadina, si segue una strada deserta, poi si sale un piccolo mucchio di terra, quattro scalini e si raggiunge l’ombra di un albero. Ci sono due corde che reggono una tavola di legno che faceva da altalena. Doveva essere un bel posto per dondolarsi e perdersi in quell’orizzonte che sconfina nel mare calmo. Solo che tra il mare e noi c’è Gaza e colonne di fumo che si alzano verso il cielo.
Intorno decine di telecamere accese che puntano sull’unica cosa che possono vedere. Non si entra a Gaza, e gli israeliani, te lo dicono senza tanti problemi, non vogliono giornalisti dentro che si muovano senza controllo. Obiettivi tirati al massimo dunque, che sobbalzano al suono dell’artiglieria israeliana. Non arrivano le grida di dolore di Gaza, a pochi chilometri, ma qualche razzo non manca di atterrare nei campi aperti. La gente si butta nei rifugi, molti tremano di paura. Una donna piange e un’altra le accarezza il viso e cerca di rassicurarla.
Sono due mondi inconciliabili, sono le loro paure e le loro similitudini a dividerli. Mi chiedo perché io riesca a sentire l’orrore delle famiglie di Gaza e quello di Sderot, e loro non riescono a vedere quello dell’altro. Sanno solo rinfacciarsi accuse, torti, forse anche ragioni, ma non riescono a capire quanto il loro dolore sia simile alle loro paure. Nessuno come un residente di Sderot sa cosa significa vivere con un missile che vola sulla testa, nessuno come uno di Gaza sa cosa significa vivere un razzo che vola sulla testa. Ognuno chiede all’altro di fare il primo passo, ma in realtà nessuno si muove, si lasciano martoriare al cospetto della cattiva politica di entrambi i popoli, al cospetto dell’odio.
Ieri un palestinese mi ha detto “vogliono ucciderci tutti, per questo resistiamo”. Oggi un israeliano mi ha detto: “vogliono ucciderci tutti per questo ci difendiamo”. Stamattina a colazione un’israeliana mi ha detto: “un morto israeliano vale cento arabi, d’altra parte a loro non interessa morire, non soffrono, vogliono tutti diventare martiri, lo vediamo, lo dicono in continuazione”. Poco dopo un palestinese mi diceva che “non esistono israeliani innocenti perché sono tutti soldati pronti ad imbracciare un fucile per uccidere i palestinesi”. Fanno gli stessi discorsi. Sono tutti pronti a morire per questa terra maledetta, nessuno per dividerla pur di viverla.
LACCA E POLVERE DA SPARO
7 gennaio 2009 – Salgo su un taxi. L’autista con la kippa incollata alla testa guarda nello specchietto retrovisore e dopo aver capito che non parlo ebraico mi chiede di dove sono. Italiana. “Giornalista allora. Tutti gli stranieri in questo momento sono giornalisti”. E’ vero, almeno 500 stranieri scalpitano per entrare a Gaza. Ma la guerra sembra finita. O meglio dopo il colpo alla scuola delle Nazioni Unite e dopo l’annuncio che in questi dodici giorni sarebbero morti almeno 100 bambini e degli altri molti sarebbero ragazzini, qualcosa si è spezzato. Anche gli israeliani che hanno silenziosamente appoggiato questa invasione, alle parole “bambini morti”, storcono il naso.
Va bene difendersi, va bene fare piazza pulita, ma i bambini sono ancora bambini. Non per il mio tassista, almeno non all’inizio. “Quei terroristi usano i bambini come scudo. Noi dobbiamo difenderci e quei maledetti usano i bambini”. E’ vero, è orribile. Disumano. Ma sapere che un terrorista si nasconde dietro un bambino e uccidere lo stesso per far fuori il terrorista, mi suona alquanto difficile da digerire. Non riesco a vedere chi ha più pelo sullo stomaco tra chi mette un bambino in pericolo per proteggersi e chi spara sapendo che ci sono dei bambini, anche se le intenzioni sono di salvarne altri. E’ un po’ come per uccidere dei terroristi che hanno in mano degli ostaggi, si decidesse di fare fuori anche loro, così si è risolto il problema. Molti palestinesi sono ostaggio di Hamas. Sono in quella pentola a pressione che si chiama Gaza, una terra dove non si può fuggire, dove non si può pensare, dove non puoi prendere la macchina e trovare un’aiuola dove far giocare i tuoi bambini. E’ sabbia, polvere, macerie.
“Abbiamo lasciato le colonie di Gaza, potevano costruire case e lavorare. Potevano trasformare Gaza in un resort. Ma non hanno voluto”, dice il tassista e l’israeliano medio. E come si costruisce una Gaza felice dove un palestinese non può uscire neanche per farsi un esame medico? Frontiere chiuse. “Certo perché loro ci lanciano i razzi”. Non tutti lanciano i razzi, ma tutti vengono puniti e trattati come bambini cattivi. “Allora non c’è soluzione”. No, fino a che vi chiederete chi ha iniziato prima e chi deve smettere prima. E’ nato prima l’uovo o la gallina? Hanno sparato prima gli israeliani o i palestinesi?
Entro dal parrucchiere. Il solito degli ultimi 11 anni quando sono in Israele. Il parrucchiere non è mai un posto qualsiasi. E’ dove donne di ogni età e ceto si incontrano, si rilassano, scambiano due chiacchiere fra sconosciuti tra una spazzolata e il suono sordo del phon. Non è certo una sala universitaria traboccante di persone con un’opinione, ma è il posto dove ci si lascia trasportare dall’umore delle donne. Non tira una bell’aria. Ci sono tre signore, una di origine greca, un’altra polacca e un’altra russa. Due di loro hanno una certa età, l’altra è più giovane. I parrucchieri, rigorosamente uomini, ci portano tè e caffè, anche loro quando capiscono che non parlo ebraico, passano subito all’inglese, un po’ sdentato. Due signore hanno i figli al fronte e sono preoccupate, una si emoziona mentre lo dice e con delicatezza il parrucchiere le solleva la testa. “Ha solo 19 anni, il mio bambino”. Il bambino stringe tra le mani un m16 e probabilmente negli occhi conserverà l’orrore di quello che ha visto in questi giorni. Perché per quel poco che ho conosciuto i militari, non è vero che tutto scivola addosso, così come non è vero che “ai palestinesi non importa niente dei figli”. Non so quante volte ho sentito questa frase.
L’altra signora dice che suo figlio ha appena finito di studiare all’università, che entrerà a lavorare nello studio legale del padre. Mi dice che i suoi genitori sono arrivati qui dopo la seconda guerra mondiale, che della loro famiglia non era rimasto nessuno, erano stati tutti sterminati. “E’ un dolore che ti porti dentro anche se non lo hai vissuto, ti viene trasmesso, non so spiegare”. Ho una botta di cinismo e mi chiedo quando potrebbe guadagnare un analista in questa terra. E i bambini palestinesi morti? Le signore non rispondono come il tassista. “E’ una cosa orribile, se penso a quelle madri mi si stringe il cuore”, dice una, l’altra va oltre, “se penso che uno dei nostri figli tornerà con il peso di aver ucciso qualcuno, anche fosse solo un terrorista, sento già una parte di me morire”. L’altra annuisce. “Questa terra ci ha trasformato in carnefici, tutti quanti, che lo si faccia per difendersi o per resistere, non conta. Uccidere è uccidere”. Annuiscono ancora. “Dovremmo essere migliori, ma siamo intrappolati dal nostro volere e dal desiderio di sopravvivere e questo non può essere sbagliato, ma da qualche parte c’è un intoppo”. Scuotono le teste asciutte mentre una nuvola di lacca profumata addolcisce l’aria.
“Andiamo a casa ora, la televisione è sempre accesa, speriamo che tutto finisca presto, quando squilla il telefono, tremo per paura che mi dicano qualcosa di brutto”, dice una. “Lo so, sono venuta qui solo costringermi ad uscire di casa, stavo diventando matta”.
Domani forse si entra a Gaza. Era giugno l’ultima volta che ci sono stata. La jihad islamica lanciava i razzi, mai avrebbero pensato ad un risposta tanto dura. Immagino che le persone che intervistai non ci sono più, come la metà di quelle che ho tentato di rintracciare in questi giorni.
SENZA TITOLO
10 gennaio 2009 – Stamattina leggevo i giornali a colazione in albergo. Un raggio di sole filtrava dai vetri annunciando che sarebbe stata una bella giornata. Tanto sto per partire. Un articolo mi ha colpito molto di un collega israeliano. Chiedeva che gli israeliani la smettessero con l’ipocrisia che hanno tentato di vendere al mondo in questi giorni. “Chiunque giustifica questa guerra giustifica tutti i suoi crimini. Chiunque la vede come una guerra difensiva, deve sopportare la responsabilità morale delle sue conseguenze. Tutti quelli che vogliono questa guerra e giustificano l’omicidio di massa che questa infligge, non ha alcun diritto di parlare di moralità e umanità” e ancora: “gli spariamo e poi piangiamo, li uccidiamo e poi ci lamentiamo, abbattiamo donne e bambini e poi cerchiamo di preservare la nostro dignità. Non funziona così, non si può uccidere e poi far entrare gli aiuti umanitari”.
Per il nostro collega israeliano è solo ipocrisia. La cosa che mi colpisce è quanto sia difficile in questo posto essere liberi di avere un’opinione. Se quello che è accaduto ora a Gaza fosse accaduto in Kashmir, o in Afghanistan o in Iraq, nessuno avrebbe protestato sulle nostre cronache. Qui invece ogni riga viene analizzata. Siamo stati messi sul confine a guardare questa guerra, su una collinetta con il binocolo, dove è vero non abbiamo potuto vedere i funerali dei bimbi morti, non abbiamo potuto vedere le donne fatti a pezzi, i ragazzi arrestati, legati, bendati e trascinati via dai soldati.
Non abbiamo potuto raccontare le mamme di Gaza che stringono i loro figli e li costringono a dormire in corridoio per paura di qualche proiettile vagante. Non abbiamo raccontato degli ospedali straripanti, della mancanza di sangue, di quelli che dovevano andare a fare la chemioterapia. Non abbiamo raccontato dei fratellini uccisi mentre giocavano. Delle case bombardate con la gente dentro. Non abbiamo raccontato delle urla di dolore, delle ossa che si sgretolano sotto il peso di un soffitto che crolla. Non abbiamo raccontato dei bambini che hanno visto morire i genitori, di quelli che hanno perso un braccio o una gamba. Non abbiamo raccontato il buio delle notti senza elettricità, la mancanza di cibo e di speranza. Neanche il terrore degli animali che tremavano sotto i bombardamenti. Quasi 900 morti. Quasi novecento storie. Che non saranno mai raccontate, perché anche il giorno che entreremo, sarà troppo tardi.
Qualcosa è arrivato tramite le telecamere di Al Jazeera che era presente a Gaza al momento dell’attacco, ma quanti hanno abbandonato i canali locali per spostarsi di qualche pulsante per inorridire davanti alle loro immagini? Una collega ieri sera aveva gli occhi gonfi di lacrime mentre guardava le immagini che a spizzichi e bocconi arrivavano, ma che non vengono trasmesse, perché troppo crude, troppo scomode più per noi che per loro.
D’altra parte gli israeliani per giustificare una guerra possono anche avere le loro ragioni, ma noi per sostenerla o semplicemente per non dire nulla? Nessuna. Ho sempre pensato che se qualcuno di noi sapesse di qualcosa di orrendo che sta succedendo farebbe il diavolo a quattro per impedirlo, lo griderebbe con tutta la voce, fino a quando non fosse ascoltato. Poi penso al Rwanda, alla Somalia, al Sudafrica, al mio Iraq, abbandonato da quasi tutti i media italiani. La maggior parte della gente guarda e lascia che il tempo passi, un giorno chi avrà salvato qualcuno, diventerà un eroe, sarà uno dei “giusti” come accadde cinquant’anni fa in Europa quando nessuno voleva o riusciva a vedere.
La Torah, il libro sacro degli ebrei, dice che chi salva una vita, salva il mondo intero. Noi non riusciamo neanche a raccontare quello che succede a Gaza. Crediamo di essere migliori oggi, ma non riusciamo ancora a dire le cose come stanno. Noi giornalisti per primi, quelli che hanno il dovere di raccontare quello che accade. Chiudo con il nostro collega israeliano: “Chiunque sostiene la guerra, sostiene anche il terrore”. Qualsiasi siano le ragioni,
Buongiorno a tutti.
Nella lista di prodotti israeliani da boicottare leggo anche una marca di cosmetici che ha sede e laboratori dalle mie parti.
Impiega qualche centinaio di dipendenti, soprattutto donne, anche extracomunitare.
E’ la certezza per molte famiglie.
E’ un’azienda moderna, rivolta al futuro.
Aveva programmi di sviluppo molto interessanti che naturalmente si riverbererebbero anche nell’indotto.
Per ora, a causa della crisi, pesante, ha bloccato qualsiasi programma di espansione, ma tutti pensiamo che passerà e si potrà ripartire!
Che dovremmo fare? Tagliarci i……per far rabbia alla moglie?
saluti a tutti sylvi
Caro uroburo,
quindi una forma di “Lupus nephritis”del cervello!
Si può far qualcosa?
E pensare che ai bambini ,basta toglierli “lo scatolone dei soldatini”.
Frignano un pò ma poi si adeguano!
cc
cara Sylvi,
mi sa che se tra un pò i “c” cominciano a girare alle migliaia di cassa integrati e ai molti altri che si aggiungeranno,si potranno aprire programmi di sviluppo “molto interessanti”.
cc
caro cc,
se ogni imprenditore vedesse nero come te” i programmi di sviluppo” da te auspicati sarebbero già una realtà da molto!!!
Vorrei solo dire che siamo in Europa, e io ringrazio Dio, e una nazione non può svegliarsi una mattina e fare la rivoluzione!
E’ un pochino più complicato!
Comunque le donne possono sempre comprare la crema Nivea, tedesca, dare sviluppo alle aziende tedesche e i nostri maschietti,se vogliono mangiare, riprendere “le vie delle Germanie” come si dice qui!
C’è qui una tradizione che si perde nella notte dei tempi!
Mi raccontava mio nonno che i bambini, in maggioranza, nascevano sotto le Feste.
Frutto degli ultimi amplessi affettuosi di inizio Primavera, prima di valicare le Alpi.
A Natale gli uomini, al loro ritorno, conoscevano il nuovo arrivato!
Quasi mai avevano dubbi sulla paternità!!!!
sylvi
Si tratta di una cosa talmente palese che solo un frescone come lei può non notarla. Pensare che non l’abbiano capito le cancellerie europee vorrebbe dire che siamo governati da una combriccola di allegri compari del Bar Sport, vagamente ubriachi.
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caro U., come tutti i fondamentalisti, lei è quello che ha capito tutto e gli altri sono quelli che non hanno capito niente. Tipico.
L’opinione pubblica è condizionabile in funzione di un’azione elettorale interna alla nazione stessa. Cosa è successo per le due guerre del Golfo? Tutta l’opinione pubblica contraria e le guerre le hanno fatte lo stesso. Cosa è successo per la Cecenia, dove i russi hanno fatto ben peggio degli israeliani? Quando abbiamo provato a sgridare Putin, lui ci ha risposto di impicciarci dei fatti nostri, come infatti siamo stati costretti a fare, noi come tutti gli altri. Idem per il Tibet: la Cina se ne è strafottuta dell’opinione pubblica, delle magliette rosse e delle lenzuola alla finestra. Non vedo, alla luce di questi accadimenti, perchè mai proprio Israele dovrebbe impipparsene ndell’opinione pubblica, tant’è che, infatti, non glie ne importa una mazza e continuano a fare gli sporchi fatti loro.
Per quel che riguarda i popoli arabi, non so quanta frequentazione di arabi lei abbia ma, per quel che li conosco io, sono già TUTTI contro Israele, A PRESCINDERE: se si è arabi, si deve essere per forza contro Israele. Non ho mai conosciuto un arabo (ho conosciuto gente di tutte le nazioni nordafricane, palestinesi compresi) che non fosse contro Israele.
I popoli arabi, come tutti i popoli non democratici (noi compresi, beninteso), hanno un potere decisionale uguale a zero: chi comanda, decide per tutti. La maggior parte dei popoli arabi campano non solo di petrolio, ma di investimenti nelle economie non arabe; ciò comporta una loro assoluta inerzia morale.
Ah Repubblica ……Repubblica
peccato, un falso video, se ne accorgerebbe anche un bambino.R.
http://tv.repubblica.it/dossier/israele-attacca-gaza/attacco-in-diretta/28203?video
Cara Sylvi,
io non auspico proprio nulla di quello che tu” pensi che io pensi”.
Ti dico soltanto che personalmento “vedo nero” in tutti le direzioni in volgo il mio sguardo.
Dai problemi “internazionali” a quelli nazionali!
Gli effetti della “crisi” internazionale e non lo dico “io”devono ancora arrivare ,pertanto le famiglie cominciano ad intaccare le “scorte”,poichè se sei stata attenta ai dati,risulta che Gli italiani hanno speso di più per mangiare meno.
Dico soltanto che di rivoluzioni nel senso in cui tu parli sono materialmente impossibili per il momento.
Semmai può solo maturare una cupa rassegnazione che porta ad un cupo risentimento.(foriero solo di svolte autoritarie o semi -autoritarie).
Gli imprentidori pessimisti od ottimisti ,non possono far altro che fare quello che fanno (non li critico assolutamente poichè fanno solo il loro mestiere).
Il guaio è che però decisamente non possono fare di più che “il loro mestiere”.
Quello che voglio ricordare è solo che anche imprenditori coscienziosi ,nonchè ottimisti, sono solo una parte di un tutto e pertanto chi nutre fiducia che una società che si nutra dell’illusione che il sistema impreditoriale sia il tutto e che risolva il problema delle “crisi” ,proprio le “crisi”sono lì puntualmente a ricordargli che non è affatto così,a meno di adottare quel “metodo” che di fronte ad un mal di testa ci dice che il mal di testa possa passare pensando di non averlo.
Già può funzionare,a patto che il mal di testa dia il tempo di pensare.
cc
Scrive Marco:-“A PRESCINDERE: se si è arabi, si deve essere per forza contro Israele”.
Hai ragione.
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“A PRESCINDERE “se si è Israeliani, non si è sempre e totalmente con gli Israeliani, o si è daccordo di quello che fà o non fà il governo.
Questo è pluralismo, questa è libertà, questa è democrazia.
Questa è la differenza.
Richiesta che ha due motivazioni: da una parte tenere diviso il mondo arabo fomentandone le divisioni e le lotte interne in modo da impedire anche solo la tendenza ad una politica di comune difesa dei propri interessi; dall’altra parte mantenere una base militare super armata in una regione strategica… U.
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Il mondo arabo i propri interessi se li sa curare benissimo, se per mondo arabo intendiamo i paesi produttori di petrolio. Però… Prendiamo gli Emirati e paragoniamoli all’Iran: un tenore di vita delle popolazioni assolutamente non paragonabile, eppure islamici sono gli uni e islamici sono gli altri, pieni di petrolio gli uni ed ancor più pieni gli altri. Prendiamo la Tunisia e paragoniamola alla Libia, all’Algeria: sono mondi diversi, eppure sono nazioni confinanti, dove Libia ed Algeria sono più ricche della Tunisia, paese quest’ultimo molto più moderno dei confinanti. Si sta sviluppando anche il Marocco, molto più di quanto appaia ad un osservatore disattento. Non c’è niente da dividere, ognuno corre per conto suo già da adesso.
Per quel che riguarda la base americana nel Mediterraneo, agli USA converrebbe molto di più arricchire i palestinesi, piuttosto che affamarli e scacciarli, per il semplicissimo motivo che, proprio perchè sono arabi, ‘chiamano papà chi dà loro da mangiare’. Una Israele ricca e un popolo palestinese, islamico, ricco, sarebbero una garanzia assoluta di stabilità in quell’area, per il semplicissimo fatto che per nulla al mondo i palestinesi baratterebbero il loro status privilegiato, per un’arabitudine che non dà loro nessun vantaggio. Gli arabi che ho conosciuto io, tranne rarissime eccezioni, non hanno i nostri schemi mentali, per cui costruire dei ragionamenti su di loro basandoci sui nostri schemi, è un errore assoluto.
Desidero aggiungere che i simpatizzanti di Al Fatah, nella striscia di Gaza vengono uccisi senza pietà.
Di questo ne sentiremo parlare molto più diffusamente.R.
Ci risiamo, il “lupus nephritis” del cervello colpisce ancora duramente ,questa volta arrestando lo sviluppo alla culla.
Pluralismo,libertà, democrazia…ahhahahhaahahahah!!
cc
Sulla base del”import -export di quei valori i conti non tornano…!!
Caro CC
Alla TV gli economisti affermano previsioni, tutte diverse, ma sono tutti d’accordo che la crisi peggiorerà, ci sarà recessione fino al 2010, o al 2011. Visto che sono gli stessi che fino a poco tempo fa prevedevano sviluppo costante e crescite infinite, c’è da augurarsi che si sbaglino e che la recessione duri un po’ di più perché temo che alla fine della recessione ci aspetti solo la CATASTROFE.
Girano i “C”, hee!!! se girano, ai cassaintegrati , e gireranno ancor di più a quelli che non hanno neppure la cassa integrazione, ai commercianti che chiuderanno bottega, agli artigiani che si stancheranno di ciondolare per il laboratorio dove si labora molto a rilento ….. I “C” girano ma rischiano di girare solo su se stessi ed in folle.
Non vedo neppure sviluppi “molto interessanti” la fame e la disperazione spesso generano rivolte anche violente, ma raramente sfociano in vere e positive rivoluzioni, se non c’è un’organizzazione in grado di guidarle ed indirizzarle. Guardando all’Italia non vedo all’orizzonte chi potrebbe trasformarle in qualcosa di positivo, i DS avvitati su se stessi, ma figuriamoci, ce li vedi Rutelli e Veltroni sulle barricate?? I partitini della ex sinistra ormai in doppia cifra come numero di sigle e con valori da 0,x come consenso, dividerebbero ogni corteo in dieci tronconi e nel migliore dei casi si bisticcierebbero per prenderne la testa, la situazione la vedo dura molto dura ed anche pericolosa.
Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i
bisticc(i)erebbero per bisticcerebbero
Il papocchio impressionate di Bisceglie, ovvero come ti riesco a mescolare cose “ragionevoli” e cose assurde in un a miscellanea impressionante che porta a nessuna conclusione..!!
Dice il buon marcot,
…Per quel che riguarda la base americana nel Mediterraneo, agli USA converrebbe molto di più arricchire i palestinesi, piuttosto che affamarli e scacciarli, per il semplicissimo motivo che, proprio perchè sono arabi, ‘chiamano papà chi dà loro da mangiare’. Una Israele ricca e un popolo palestinese, islamico, ricco, sarebbero una garanzia assoluta di stabilità in quell’area, per il semplicissimo fatto che per nulla al mondo i palestinesi baratterebbero il loro status privilegiato, per un’arabitudine che non dà loro nessun vantaggio. Gli arabi che ho conosciuto io, tranne rarissime eccezioni, non hanno i nostri schemi mentali, per cui costruire dei ragionamenti su di loro basandoci sui nostri schemi, è un errore assoluto.
———————————————————
Ovvero l’ennesima 2scoperta dell’acqua calda in salsa “buonista”.
Ovvero la filosofia di Catalano del tipo ..E? meglio essere tutti ricchi che tutti poveri..
Tutto questo porta ad una logica conclusione Gli USA sono dei coglioni ovvero sono degli Idealisti che sbaglaino,al posto di arricchire i palestinesti difendono israele ,ma lo fanno perchè essendo loro dei buoni,si sono resi conto che per il momento …
Senz’altro la Bisceglitudine potrebbe rappresentare una speranza per le relazioni internazionali!
cc
Haaaa!!!!Haaaa!!!!Haaaa!!!!Haaaa!!!!
X CC
non avevo letto il tuo post (58) altrimenti semplicemente sottoscrivevo.
Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i
Caro Az,
se hai letto il mio 58 dovremo essere d’accordo!
Leggetevi questi due modi di dare la stessa notizia e notatene la sottile ma importante differenza:
Reuters- Israeli army shells Gaza as ceasefire talks progress – 1 hr ago
Washington Post- Israeli army shells Gaza despite ceasefire progress – 1 hr ago
——
“As ceasefire talks progress” ha un inconscio effetto emotivo diverso da “despite ceasefire progress”.
Chi legge non ci fa caso, ma è oggetto di messaggio subliminale che, nel secondo caso, colpevolizza Israele decisamente più che nel primo. Così funzionano i messaggi subliminali.
x Cc 62
come sarebbe a dire :” Ahahahahahhhahahaha”
Se giornalisti possono scrivere quel che vogliono, o se la gente può manifestare liberamente a Tel Aviv contro la guerra, questa come la chiami?
E se in un paese vivono senza discriminazioni , gente di diverse nazionalità e confessioni ,questa come la chiami?
In quale modo sei diventato Rabbi? Dove hai fatto gli esami?
–
Tutto è nelle mani dei palestinesi.
Nessuno ha fatto caso ad un mio post dove scrivevo come Perez scongiurava Arafat di finirla con i macelli negli autobus a Gerusalemme, se no avrebbe perso le elezioni. Ebbene i macelli continuarono e Perez perse le elezioni. Quale è stata la conseguenza?
Come sarebbe andata se Arafat avesse ascoltato Perez?
Queste sono le domande a cui si deve dare una risposta.
Dai Rabbi, fai uno sforzo, però senza sporcarti, mi raccomando.R
Mio caro,
mettere sullo stesso piano Palestina, Cecenia e Tibet è un’operazione rischiosa che può fare solo un gegnale superficialone come lei. Suvvia marcolino usi l’organo pensante in modo proprio, almeno ogni tanto, tra una scopata e l’altra!
Adesso le spiego, lei prenda pure appunti.
La Russia è un corpus unico da secoli e secoli ed è una grande potenza con ben precise sfere di influenza. Approfittando di un momento di grave crisi politica e di un presidente etilista e venduto, gli occidentali hanno potuto smembrarla, ma il corpo più costitutivo dell’URSS, la Federazione Russa, è rimasto intatto e rimane comunque una grande potenza. Adesso l’Useggetta sta cercando di smembrare anche quella in tanti piccoli stati facilmente controllabili. I russi avrebbero qualche opbiezione. E gli europei,se fossero furbi, anche.
PS. Guardi ceh definire integralista un socialdemocratico moderato come me dàuna pessima impressione del funzionamento dei suoi neuroni. La mette sullo stesso piano di altri rilevanto gegni di q
Senz’altro la Bisceglitudine potrebbe rappresentare una speranza per le relazioni internazionali!
—-
Infatti, mentre nessun capo di stato, in un certo periodo, poteva avvicinare Arafat, il nostro sindaco lo incontrava tutte le volte che voleva. Piglia, pesa e porta a casa!
Non commento il resto del post, perchè non ne vale la pena.
caro U, lei si crede socialdemocratico ma ragiona come un integralista. No problem, sono abituato agli schemi mentali dei religiosi, che sono identici ai suoi.
Beh, dopo averla così pesantemente offesa, bilanciando così tutti i ” testa di caxxo” che lei ha molto generosamente rifilato a me, non vedo quale reale interesse possano avere gli USA a smembrare ulteriormente ciò che rimane dell’URSS. Al contrario, una Russia ricca sarebbe un mercato molto ricettivo per l’economia americana in grave crisi. Qui a Bisceglie ci sono industrie tessili che con i russi stanno facendo fortuna e li ritengono clienti eccellenti ed affidabilissimi. Ci sono anche industrie che stanno tentando il mercato giapponese, ma lì c’è il problema delle taglie, che non corrispondono alle misure standard nostre: pare che i giapponesi abbiano una corporatura strutturalmente diversa.
Mio caro marco tempesta,
mettere sullo stesso piano Palestina, Cecenia e Tibet è un’operazione rischiosa che può fare solo un gegnale superficialone come lei. Suvvia marcolino usi l’organo pensante in modo proprio, almeno ogni tanto, tra una figa magica e l’altra!
Adesso le spiego, lei prenda pure appunti.
La Russia è un corpus unico da secoli e secoli ed è una grande potenza con ben precise sfere di influenza. Approfittando di un momento di grave crisi politica e di un presidente etilista e venduto, gli occidentali hanno potuto smembrarla, ma il corpo più costitutivo dell’URSS, la Federazione Russa, è rimasto intatto e rimane comunque una grande potenza. Adesso l’Useggetta sta cercando di smembrare anche quella in tanti piccoli stati facilmente controllabili. I russi avrebbero qualche obiezione. E gli europei, se fossero furbi, anche perché è nostro primario interesse avere a che fare con una Russia sufficientemente forte e tranquilla sulla sua sicurezza per poterci commerciare senza intoppi e senza problemi. Putin non ha affatto detto Fatevi i fatti vostri, ha detto altro. Ha detto che un allargamento della NATO all’interno dell’area di influenza russa è un’aggressione. Difficile non essere d’accordo.
Il discorso sul Tibet ha una sostanza analoga: il controllo sul Tibet è vitale per la Cina per semplici ragioni geostrategiche, quindi a prescindere dalla miniere d’oro di recente scoperta. Se l’Useggetta avesse tramato di meno i tibetani sarebbero una tranquilla provincia autonoma con un buon grado di autonomia. Così ci sarà solo un progressivo indurimento del regime di occupazione militare. Ed anche qui, come per la Russia, chi attacca siamo noi occidentali non certo loro,
Comunque, l’opinione pubblica in Russia e Cina conta poco (ed anche questo fino ad un certo punto), come sapeva bene perfino Stalin. Ma in occidente conta tanto e noi stiamo appunto parlando di quel che accade in occidente e degli sforzi che tutti i governi ed in particolar modo l’USraele fanno per mantenere l’opinione pubblica dalla loro parte.
Anche un cretino capirebbe che tanti sforzi sono evidentemente indispensabili, altrimenti non verrebbero fatti; lei, naturalmente, no….
Quanto all’opinione pubblica araba, dato per scontato che siano filo-palestinesi, si tratta di lavorare perché sostengano i governi fantoccio come quello di Mubarak in modo che non stiano con i Fratelli Musulmani. Ebbene, neppure un dittatore come Mubarak può fare a meno di avere dalla sua l’opinione pubblica egiziana.
Comunque mio caro, non si preoccupi: se anche lei non capisce il mondo va avanti lo stesso. U.
PS. Guardi che definire integralista un socialdemocratico moderato come me dà una pessima impressione del funzionamento dei suoi neuroni. La mette sullo stesso piano di qualche altro rilevante gegno di questo blog….
non vedo quale reale interesse possano avere gli USA a smembrare ulteriormente ciò che rimane dell’URSS. Al contrario, una Russia ricca sarebbe un mercato molto ricettivo per l’economia americana in grave crisi. mt
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Mio pregevole marco tempesta.
lo sa che lei ha appena buttato nel cesso nientepopodimenoche 64 (sessantaquattro! Dal 1945 ad oggi) anni di politica usaegetta?
Vede, caaaaaaro, questo non è un problema di mercato ma di dominio, di supremazia, di potere. Premessa indispensabile per avere, DOPO, un mercato.
Tu capire buon marco tempesta o io dovere spiegare a te in termini più semplici? U.
Una Israele ricca e un popolo palestinese, islamico, ricco, sarebbero una garanzia assoluta di stabilità in quell’area… mt
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Ecco, bravo marco tempesta. Ma non deve dirlo a me deve dirlo alle amministrazioni (rigidamente bipartisan) useggetta ed issraeliane…
Caro, provi un po’ a sprecare un piccolo ragionamento su queste affermazioni (del tutto esatte) che ogni tanto le scappano fuori.
A dispetto di tutto alcuni suoi neuroni continuano a funzionare adeguatamente …. pare. U.
Questo è pluralismo, questa è libertà, questa è democrazia.
..democrazia……….. Armata e vestita…..
……………. …. da assassino genocida NAZISTA DEMOCRATICO
QUESTA è LA DEMOCRAZIA IN MANO AD ASSASSINI NAZISTI..
Vergognatevi, ( da notare che tutti e tre plagiati, si coprono il cervelletto con pezzi di stoffa… ¿¿¿ hanno paura cche gli si vedano le vergogne allocate nella loro testa, hanno paura che qualcuno gli possa vedere la malattia irreversibile, che si muove nella melma liquida che lubrifica il teschio…la malattia cche si portano appresso appestando laria…
Faust
caro cc, e anche AZ,
Per una nuova ridistribuzione della ricchezza bisogna che la ricchezza ci sia!!!
Come produrla?
– L’imprenditore ” fa il suo mestiere”.
– Il Sindacato fa il suo.
– Il lavoratore pure.
Per ora, se casca il primo, cascano anche gli altri.
Lo Stato padrone di tutto? Già dato, grazie! I risultati li stiamo ancora pagando, ( debito pubblico, e ora Alitalia) E pagheremo per l’eternità:
Purtroppo ai tre attori sopra citati,è mancato il quarto, lo Stato,
che doveva dirigere il” traffico” e invece si è messo al volante tamponando chiunque gli veniva a tiro! Tutto qua!!!
Ora: l’imprenditore non produce, perciò non paga tasse.
L’operaio, (i più fortunati) è in cassa integrazione e non paga tasse.
Il sindacalista non ha nessuno da difendere, nè la confindustria.
Da dove verrà la ricchezza da redistribuire?
Andiamo all’assalto dei forni? Quali forni?
Quelli che si sono arricchiti con i “giochini finanziari” hanno già messo al sicuro il loro “gruzzolo” e, come i mafiosi, li troveremo tutti nullatenenti.
Avrei altre idee a proposito di chi vive a sbafo, ma sono idee poco ideologiche e molto “massaiesche”!
Indegne di questo blog!
Ps: Per pluridecennale esperienza, qui da noi, quando è ferma la Germania bisogna mettersi “alla cappa” marinaresca.
Quando ripartono i crucchi noi alziamo la tormentina!!!
Ciao, vado al funerale di una simpatica vecchina, quasi centenaria; quelle dei parti a Natale!
Sylvi
x M.T.
Un indovinello che trova soluzione senza sfera di cristallo
Qual’è l’ ottica politica di uno $tato che “investe”tutte le sue risorse economiche in armamenti?
Per quale motivo in tutto il mondo(incluso le zone degli “alleati”) i focolai, che sono la premessa di guerre sanguinose,invece di perdere alimento suscitano l’interesse di “pompieri” pronti con idranti a buttare benzina ed altri materiali infiammabili,tutti i liquidi escluso acqua?
LA STORIA DOVREBBE INSEGNARE ,O NO!
L.
Forwarded message ———-
From: antonio lupo
Date: 2009/1/14
Subject: [contrattoacqualiguria] guerra per l’acqua in Palestina
To: contrattoacqualiguria
Ricevo da frei gilvander (minas gerais-brasile) e invio (tradotto)
antonio lupo
L’acqua (che nessuno vede) nella guerra di Ana Echevenguá1 traduzione
di Antonio Lupo – Comitato Italiano Amig@s Sem terra
“Oltre le notizie sul conflitto in MedioOriente, c’è una battaglia per
il controllo delle limitate risorse idriche nella regione. Sebbene la
disputa tra Israele e i suoi vicini si concentri nel modello terra per
pace, ”c’è una realtà storica di guerre per l’acqua”: le tensioni
sulle fonti del Fiume Giordano, localizzate nelle colline del Golan,
hanno preceduto la Guerra dei Sei giorni”. Raymond Dwek – The
Guardian, [24/NOV/2002]
La nostra sopravvivenza sulla Terra è minacciata. Senza mangiare
l’essere umano resiste fino a 40 giorni; senza acqua muore in 3
giorni. Siamo acqua! Ma, mentre la popolazione mondiale si moltiplica
e l’inquinamento aumenta, le fonti di acqua scompaiono.
Nell’attuale guerra di Israele a Gaza -, perchè i media
sensazionalisti non parlano dell’acqua, una delle cause più importanti
dei conflitti in Medio Oriente?
Medio Oriente… uma regione dove l’acqua vale più del petrolio… E
sempre ci fanno credere che le guerre si fanno per la conquista delle
riserve del petrolio.
E la conquista delle riserve di acqua? Nel 1997, l’allora
vice-direttore generale dell’UNESCO, Adnan Badran, nel seminario
“Acque transfrontaliere: fonte di pace e guerra” (dove si dibattè
sulle acque del Mar Aral, del Fiume Giordano e del Nilo…) disse che
“l’acqua sostituirà il petrolio come principale fonte dei conflitti
nel mondo”.
Israele ha seri problemi com le risorse idriche, ma detiene il
controllo dell’acqua, sia della sua che di quella della Palestina.
Oltre a limitare l’uso dell’acqua, lotta per espandere il suo
territorio per ottenere il controllo dell’accesso a questa risorsa
naturale . E’ “padrone” delle:
– acque superficiali: bacino del fiume Giordano (compreso l’alto
Giordano e i suoi affluenti), il mare di Galilea, il fiume Yarmuk e il
basso Giordano;
– acque sotterranee: i 2 grandi sistemi di acquiferi: l’acquifero
della Montagna (totalmente sotto il suolo della Cisgiordania, com una
piccola porzione sotto lo Stato di Israele), l’acquífero di Basin e
l’acquifero Costiero che si estende per quasi tutta la fascia
litoranea israeliana fino a Gaza.
Queste acque sono ‘transfrontaliere’, sono risorse naturali condivise.
Secondo una recente mappatura dell’UNESCO, il 96% delle riserve di
acqua dolce mondiale sono in acquiferi sotterranei, condivisi da
almeno due paesi.
Ci sono regole internazionali per l’uso di queste acque, alcune delle
quali obbligano Israele a fornire acqua potabile ai palestinesi
continua il forum e i commenti
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/01/articolo/240/?tx_ttnewsbackPid=16&cHash=f54002c6bc
Faust x marco tempesta
Se vuoi usare la nostra opera pagaci almeno i diritti d’autore, brutto spilorcio.
Franco, Laura, Bruno
Da Disinformazione sito incluso nella lista a destra di questo blog
“I crimini di Israele e la mission del Sionismo
Quello che i vergognosi media occidentali non dicono
Marcello Pamio – 11 gennaio 2009
«Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi come i nazisti»
[Norman G. Finkelstein, intellettuale ebreo i cui genitori furono vittime dell’Olocausto] ”
————
«Alla fine degli Anni Cinquanta, quel grande pettegolo e storico dilettante che era John F. Kennedy mi disse che nel 1948 Harry Truman, proprio quando si presentò candidato alle elezioni presidenziali, era stato praticamente abbandonato da tutti. Fu allora che un sionista americano andò a trovarlo sul treno elettorale e gli consegnò una valigetta con due milioni di dollari in contanti. Ecco perché gli Stati Uniti riconobbero immediatamente lo Stato d’Israele».
Gore Vidal, prefazione del libro “Storia ebraica e giudaismo: il peso di tre millenni” di Israel Shahak ”
Buona lettura
L.
Carissimo Faust,
hai tirato fuori dei documenti su un tema (quello dell’acqua in Palestina) a cui accenno da tempi immemorabili (credo ancora dal Blog di Bocca).
Io sapevo della cosa ma non conoscevo i precisi particolari.
Aspettiamo che il rilevante marco tempesta ci spieghi come si può vivere senz’acqua in climi aridi e come si potrà esercitare un po’ di onesto comparaggio crepando di sete …..
Un gegno il marco tempesta.
Invece il nazista del blog ci spiegherà come lo si faccia solo per il bene dei palestinesi. Emigrando vivranno più larghi …. U.
Un mondo proprio volatile.
Barack H. Obama, tanto atteso, ma non ben ricevuto…
http://d.yimg.com/us.yimg.com/p/rids/20090113/i/r1645453159.jpg?
Anita
@ Uroburo (83)
“…Aspettiamo che il rilevante marco tempesta ci spieghi come si può vivere senz’acqua in climi aridi…”
– – – – – – – –
Mbè Uro non mi sembra un grosso problema; basta farsi prestare le tute distillanti che usano i Fremen su Arrakis…
Vogliamo parlare di reazioni spropositate? Prego
Alcuni mesi fà, nell’etate del 2008, ci fù una guerra tra la potenza mondiale Russia e la piccola Georgia, che si permise di violare la sovranità territoriale del potente vicino.
Non si trattava che la Georgia per otto anni di seguito lanciasse razzi su territorio Russo, no, non fù quello a fare incazzare i Russi, bensi si trattava di una piccolissima contesa di frontiere, di una a noi fino ad allorra sconosciuta regione della Sud Ossezia.
Bombardieri Russi, senza avviso, rasarono al suolo una dozzina di paesi,
cararmati e artiglieria pesante bombardarono sopratutto obiettivi civili e fabbriche,intervennero poi anche soldati di fanteria ed i paracadutisti. Risultato, centinaia di morti tra i civili e 10.000 profughi.
Cosa volevano far capire i Russi con quella azione militare ?
Volevano far capire in senso figurato , non solo alla Georgia ma anche agli altri vicini e nemici, che non porta a niente cominciare una guerra con la Russia, se non distruzione e morte.
La parola magica è INTIMIDAZIONE. Ai Russi , mi sembra, è riuscito
molto bene.
Ci fossero stati i Russi davanti ad un problema come a Gaza, allora la sarebbe stata sicuramente spropositata. A Gaza dopo una settimana di bombardamenti aerei, non sarebbe rimasta pietra su pietra.
Questo garantito.
CNN e BBC avrebbero riportato notizie di decine di migliaia di morti, cosi come, se vi ricordate in Cecenia.
Non credo che gli Europei o gli Americani si sarebbero comportati in modo diverso. C’è da ricordare, se vi ricordate, il bombardamento
di obiettivi civili nella ex Iugloslavia. Meno di 10 anni fà, fù colpito un aereo pieno di profughi, era il 14 Maggio del 1999, uccidendo più di cento uomini ,donne e bambini innocenti, anche Belgrado fù bombardata,ospedali,case di riposo, scuole ,chiese e ponti.
Ancora oggi muoiono civili in Afghanistan per mezzo di Europei e Americani, che li combattono contro i Taliban, altra bella risma di terroristi. “Collateral Damage” viene chiamato dagli Americani l’uccisione non voluta di civili. Sono cose, da quando le guerre sono esistite che non si possono purtroppo evitare, specialmente quando i terroristi si mischiano tra la popolazione civile, o quando i capi dei Hizbollah Libanesi dichiarono che sono pronti a sacrificare i loro bambini, le loro anime e le cose a loro più care per spazzare via Israele dalla faccia della terra.
Il brutto è, che ci credono davvero, e sacrificano i loro bambini e le cose a loro più care, usandoli come SCUDO contro gli assalti Israeliani.. Gli Hamas, cosi come allora anche gli Hizbollah colpiscono con razzi in modo indiscriminato centri abitati, scuole , moschee e asili in Israele, e solo la tecnica di intercettamento ha evitato di fare morti. Ambulanze vengono usate per il trasporto di terroristi da un punto all’altro della città e gli ospedali vengono trasformati in centrali di comando. Questa è la situazione per chi non lo sà.
I terroristi Hamas si hanno nel frattempo tolto le loro divise militari e si mischiano tra la popolazione ,per potersi proteggere meglio, ben sapendo che gli Israeliani non sparano indiscriminatamente sulla popolazione. I principi della legge internazionale, ma anche le più elementari regole umane, non sono valide per gli Hamas e nemmeno per gli Hizbollah, e già che ci siamo ci si può mettere anche l’ Iran.
Si può perdonare agli Arabi i bambini Israeliani morti, ma non si può perdonare chi costringe i propri bambini a morire ed a uccidersi.
Le parole che un giorno disse Golda Meir, sono più attuali che mai :-“Con gli Arabi si può fare la pace, solo quando un giorno impareranno ad amare i loro bambini ,più di quanto ci odiano”- R
http://www.youtube.com/watch?v=A0lD1d0r_H8
Il cambiamento che è in arrivo potrebbe essere altrettanto veloce, solo che questa volta va contro gli interessi del progetto sionista. Da un lato, stanno diventando meno gli ebrei che fanno aliya [vanno a vivere, da giovani o in età di pensione, in Israele, ndt] o vi emigrano: il 2007 è stato il primo anno, dal 1989, in cui il numero di emigranti ha superato i 20 mila non ebrei. In secondo luogo, la popolazione araba, sia all’interno dei confini di Israele che nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, cresce il doppio rispetto a quella ebrea, secondo i dati a disposizione di Sergio Della Pergola, professore presso l’Università Ebraica di Gerusalemme e di tutte le autorità in materia. Gli ebrei hanno una media di 2,7 figli, mentre i palestinesi 4.
Ma come fanno i palestinesi a crescere il doppio se vengono negato tutte le necessita’ per vivere specialmente l’ACQUA e nonostante i massacri che gli israeliani fanno per non annoiarsi?
uroburo ce lo spieghera’ se e’ capace di mettere da parte la sua fissazione con la figa che marco ha in abbondanza.
Cara Sylvi
“Per ora, se casca il primo, cascano anche gli altri.”
Vero!! Ma vero anche che, se i secondi muoiono di fame e non comprano i prodotti per i primi non è che sia una manna.
Che ci siano MOLTI gruzzoli VERAMENTE al sicuro dopo le ultime, ed anche penultime, vicende finanziarie non ci scommetterei. Mi raccontava mia madre che nel ’45, in città si faceva la fame a prescindere, noi abitavamo nella vallata del Taro ed in campagna bene o male si mangiava, un tizio da Parma venne dalle nostre parti con una grossa borsa e molti soldi cercando di comprare un po’ di farina, un contadino gli disse i soldi se li tenga, per la borsa le do 10 kg di farina, valeva più il contenitore del contenuto.
Oggi con le carte di credito non prendi nemmeno i 10 kg di farina per il contenitore.
Visto i risultati dei grandi economisti le “idee poco ideologiche e molto “massaiesche”!” nella peggiore delle ipotesi non saanno comunque peggio delle loro.
Un vecchio marinaio di tartane mi diceva, il buon velista ha sempre pronta sia la carbonera che la tormentina, lui me lo diceva come invito alla prudenza, ma vale anche al contrario, teniamo pronta anche la carbonera per sfruttare anche la minima bava di vento.
Mi spiace per la simpatica vecchina, ma se muore uno di 99 anni, vicino a quell’ideale traguardo dei 100, dispiace di più che di uno di 94, chissà perché??
Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i
Rabbi,
potenza della fede,ma con chi cacchio credi parlare con Dei filorussi.Infatti per noi l’amico Putin e l’amico Giorgetto fino al 20 “uguagli”sogno.
Amen
Il messaggio per Sylvi è mio
Avevo inserito per sbaglio un altra intestazione.
Antonio - – – antonio.zaimbri@tiscali.i
X Marcolino ,
..meglio non commentare….
Ecco bravo non commentare se vuoi…
ma di certo io continuerò a commentare te!
cc
15:28 Patriarca Gerusalemme: “Le vittime sono donne e bambini”
“Tre settimane di morti, con molti bambini e donne che non hanno niente a che fare con Hamas e con Israele. Tre settimane di terrore, di feriti, di distruzioni”. Il patriarca di Gerusalemme descrive così l’offensiva israeliana su Gaza.
15:15 Brown: attacco all’Onu “indifendibile e inaccettabile”
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11:54 Santa Sede: “A Gaza violati i diritti fondamentali popolazione”
“Negando l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza viene meno il basilare rispetto dei diritti e della dignità delle persone e delle comunità”. Allo stesso tempo va condannato fermamente l’uso dei civili come scudi umani. E’questa la denuncia dell’arcivescovo Celestino Migliore, intervenuto ieri al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul tema della protezione dei civili nei conflitti armati, il cui intervento è stato diffuso oggi dalla Radio Vaticana.