Carlo De Pirro torna alla Biennale Musica: due i concerti
Ci sono persone che senti amiche, per davvero, anche se non le vedi a cena, non ci vai in vacanza insieme. Addirittura non le frequenti proprio. Ma le senti molto vicine per intenti, per spirito di battaglia, per amore innato verso la musica, per un comune destino, voluto, da cane sciolto. Carlo De Pirro per me era così. Bastava intravvedersi ad un concerto, un cenno, un sorriso ed era come se ci fossimo detti tutto. E non perché eravamo tutte e due lì come giornalisti. Colleghi ma per due testate concorrenti, io rockettara, lui “colto”, io per tentare di gustare brani scritti troppi secoli fa, lui come critico. Ma Carlo era mooolto più avanti di me perché era anche, soprattutto, un musicista e un compositore. Il suo indomabile cuore, forte come una roccia, s’è arreso a 51 anni nella lotta con una malattia sleale il 27 maggio. Una malattia combattuta con sfrontata compostezza, quasi con distacco. Nato ad Adria nel 1956, padre toscano e madre emiliana, durante l’infanzia era vissuto tra Napoli e la Liguria, per poi stabilirsi da ragazzino a Padova, sua città d’adozione. Qui, al conservatorio “Pollini”, studiò con Wolfango Dalla Vecchia, diplomandosi in Composizione e perfezionandosi poi con Franco Donatoni e Salvatore Sciarrino. A sua volta dedicò molti anni all’insegnamento come docente di Armonia e Contrappunto al conservatorio “Venezze” di Rovigo e al giornalismo come critico musicale. Innumerevoli le sue conferenze: Biennale veneziana, Accademia Sibelius a Helsinki, Accademia Olimpica a Vicenza, Università di Padova, Torino, Venezia e molte altre istituzioni culturali e concertistiche. Da ricordare in particolare i suoi lavori su musica e computer: importante la collaborazione con Alvise Vidolin e il Centro di Sonologia Computazionale dell’Università padovana. Nel 2003 fu tra i fondatori del “Comitato per l’auditorium” di Padova e come suo rappresentante fece parte della commissione giudicatrice dei progetti ammessi al concorso indetto dal Comune. Già ferocemente provato dalla malattia aveva ripreso le idee del “comitato” per organizzare la scorsa primavera una manifestazione di protesta contro le polemiche che stanno tuttora paurosamente ritardando la realizzazione del progetto vincitore e contro l’indifferenza dei musicisti padovani. Le sue composizioni sono state commissionate dalla Biennale di Musica di Venezia ed eseguite in Italia e all’estero (tra tutte ci piace ricordare “Auretta assai gentil” per violino e pianoforte alla Carnegie Hall di New York nel 2003), trasmesse da Radio3 e Radio France, incise dalla Edipan di Roma e dalla Fonit Cetra e pubblicate da Ricordi. Tra i suoi lavori vogliamo segnalare per la Biennale Musica “Nove finali” nel ’95, “L’angelo e l’aura” con libretto del fido Andrea Vivarelli al Malibran e “Messaggeri e messaggini” all’Arsenale nel 2005. E ancora “Caos dolce caos” (debutto per Operagiovani al Teatro Sociale di Rovigo) nel 2001 e le “Sette stazioni di luce” per flauto del 2003. Singolarissima e anticonformista la collaborazione con i Solisti Veneti di Padova: Carlo, da sempre pronto ad abbattere i confini tra classica e contemporanea, ha composto per Claudio Scimone e la sua orchestra il concerto cangiante “Di luce e di vento” nel 2004, “Come sono suono” per cornista a rotelle e tromba di scorta nel 2006 e “La notte, la danza, il dono” nel 2007, suonata per il tradizionale concerto di Natale ai Servi. Per la “Giornata dell’ascolto” dello scorso anno presentò nel Salone del Palazzo della Ragione “Il tempo sospeso” per disklavier e nastro magnetico. Alla sua passione per il pianoforte comandato dal computer, protagonista anche di un concerto eseguito al Piccolo Teatro padovano sempre nel 2007, affiancava quella per le più curiose macchine sonore (memorabile il flipper “Anche tu musicista con 500 lire”) e i carillon: indimenticabile quello creato con lamine di metallo, seghe circolari e vetri di Murano per l’installazione sonora all’Expo 2002 in Svizzera, che ha poi trovato casa nel parco di Pinocchio a Collodi. Perché per Carlo la musica contemporanea voleva dire anche divertimento, gioco, sberleffo, poesia. Non per pochissimi, selezionati intenditori, ma per tutti. Mi diceva: “Trovo perverso distinguere tra classica e contemporanea, colta e pop, così come parlare ad una nicchia di esperti. Preferisco il metodo Mozart: “Questi concerti sono molto brillanti, gradevoli all’orecchio e naturali senza cadere nella vacuità. In alcuni punti solo gli intenditori possono cavarne diletto, ma faccio in modo che anche i non intenditori restino contenti, pur senza saperne il perché”.
Carlo torna anche quest’anno alla Biennale Musica di Venezia, intitolata “Radici futuro”. A ricordarlo saranno le sue composizioni, eseguite in due concerti. Un doveroso, affettuoso omaggio che curiosamente non ha ancora coinvolto le stagioni concertistiche di Padova, sua città d’adozione. Nei programmi dell’Orchestra di Padova e del Veneto, degli Amici della Musica e dei Solisti Veneti infatti De Pirro, che scrisse tre partiture proprio per Claudio Scimone, non compare. La Biennale veneziana vanta anche il merito di far ascoltare al pubblico “Descendit”, una composizione richiesta a Carlo dalla società musicale “Francesco Venezze” di Rovigo alla fine del 2007 per un concerto al tempio della Rotonda ma mai eseguito dal Quartetto della Scala, che non trovò neppure il tempo di provare il breve pezzo di contemporanea (10 minuti!) e si limitò ai collaudati Schubert e Beethoven. Il frutto di quattro mesi di scrittura, affrontati con passione nonostante l’aggravarsi della malattia e la mancanza di compenso, sarà finalmente eseguito domenica 5 ottobre alle 17 nella sale Apollinee della Fenice dal Quartetto d’archi del teatro veneziano, a fianco di composizioni di Beethoven e Nono. Venerdì 17 ottobre, sempre alle 17 ma nella sala concerti del conservatorio “Benedetto Marcello”, Carlo de Pirro aprirà il diciassettesimo colloquio di informatica musicale con ”Tempo sospeso”, per disklavier e nastro magnetico, composto in occasione della “Giornata dell’ascolto” di Padova del 2007 per andare in scena nel Salone del Palazzo della Ragione dalle 10 del mattino alle 11 di sera. Come critico De Pirro seguì numerose edizioni del Festival veneziano e fu invitato per la prima volta come compositore nel 1995 con un pezzo intitolato “Nove finali” per pianoforte, violino e violoncello, due clarinetti, suoni campionati e live electronics. Dieci anni dopo la Biennale Musica, per la sua vena creativa “assolutamente originale, la capacità davvero rara di raccontare storie, sogni, fantasie nel teatro musicale”, gli commissionò “Messaggeri e messaggini”. Sul palco le sue incredibili invenzioni sceniche e sonore: stelle di luce, campane tubolari, macchine orgogliose e giostre sonore. Scriveva: “Ogni rumore, se ascoltato a lungo, diventa una voce come diceva Victor Hugo in “La fin de Satan”. E non si spiegherebbe perché l’Harley Davidson abbia brevettato il rumore del suo motore se non per l’esclusivo tuffo al cuore che provoca nei suoi consumatori!”.
Sono riuscito a fatica ad arrivare in fondo, cara Cate.
E non certo perché sia scritto male.
Al contrario, ci ho trovato molte informazioni che non sapevo.
Non dimenticheró facilmente i suoi modi e la sua ultima immagine, scattata da Paola, l’amica di Paolo Finesso a piazzale Boschetti.
grande concerto il pomeriggio del 5 alla Fenice!! tutto esaurito, quartetto della Fenice in grande forma, il pezzo di Carlo meritava almeno un bis per potersi far ascoltare per bene, ci è rimasta la voglia di conoscerlo meglio. Cito dal Gazzettino: “Carlo De Pirro era tra i più radicali e puri intellettuali italiani. I suoi studi sulla retorica musicale, di cui ha lasciato numerose testimonianze, sono di una originale profondità e meriterebbero di essere pubblicati. Che il compositore padovano fosse un musicista di rara dottrina lo si è notato anche nel quartetto d’archi “Descendit” presentato in prima assoluta alle sale Apollinee per la Biennale Musica. Quest’opera è stata scritta da Carlo durante una malattia che lo distruggeva giorno dopo giorno. Nelle solitarie meditazioni si è posto soprattutto il problema del rapporto critico con una lunga tradizione quartettistica viennese, rivissuta però con una forte, attuale tensione conoscitiva. Le polifonie sono stratificate, interrotte, estrosamente ornate. Il primo violino ha un ruolo spesso solistico, contrappuntato, anche all’unisono, dal secondo violino, e svetta nelle zone quasi inaccessibili del registro acuto, ma come espressione di una poetica degli affetti. E’ un brano meno aggressivo e materico di tante opere precedenti di De Pirro. Secondo la dolorosa testimonianza dell’autore il titolo “Descendit” allude alla discesa nelle zone più oscure della coscienza. Ma Carlo De Pirro, anche di fronte alla morte, manteneva uno sguardo distaccato e persino una disposizione alla stravaganza lunatica, che amava prediligere da sempre. La “meraviglia” rimane al centro dei suoi interessi con voli siderei che guardano oltre i principi canonici del suono” (Mario Messinis)