Contro la storia scritta
Una qualunque descrizione meramente scritta delle vicende storiche è sempre destinata ad oscillare tra la semplificazione e la banalizzazione. La storia non può essere compresa adeguatamente leggendola ma soltanto vivendola.
In tal senso sarebbe bene discutere se sia possibile porre le condizioni perché il passato possa essere rivissuto. Infatti se può essere “rivissuto” allora forse può essere anche “ricompreso”: di sicuro non può essere adeguatamente interpretato se ci si limita a leggere le fonti scritte o i commenti a queste fonti.
C’è da inorridire al pensiero di cosa mai i posteri potranno capire della nostra civiltà se, a seguito di una guerra nucleare devastante, restassero in un bunker soltanto le registrazioni dei nostri telegiornali.
Le fonti sono sempre di parte e nelle civiltà antagonistiche sono per lo più opera dei circoli dirigenti, delle élites dominanti. In tali civiltà i mezzi di comunicazione sono “di massa” solo nel senso che i proprietari e i gestori privati li hanno utilizzati e ancora oggi li utilizzano per ingannare le masse, salvo il caso in cui queste non decidano di appropriarsene.
Oppure gli storici ci dicano in che modo, pur essendo impossibile tornare alle condizioni del passato, noi possiamo comunque interpretarlo adeguatamente, cioè ci dicano in che modo il presente conserva dentro di sé tracce significative del passato. Infatti se è possibile individuare queste tracce, allora forse non è necessario rivivere il passato per poterlo comprendere come i protagonisti l’avevano vissuto: quanto più uno è immerso nel proprio presente, nelle modalità che lo determinano, tanto più, indirettamente, è in grado di comprendere un lontano passato. Dette modalità non sono forse quelle relative allo scontro di opposte forme di esperienza di libertà: individualistiche e collettivistiche? Allora perché non dirlo? Perché sostenere sempre che le prime sono migliori delle seconde?
Uno storico non può non essere un politico. Uno storico che non fa politica è un cattedratico astratto, un intellettuale che non vede i processi della libertà come ambigui ma secondo una logica meccanicistica di causa ed effetto. L’ambiguità, l’indeterminatezza, le possibilità di scelta… tutto ciò dai cattedratici non viene visto positivamente, ma come un limite da superare, come una mancanza di chiarezza. Per i pedanti la storia va dimostrata come un teorema.
È impossibile immedesimarsi nelle dinamiche della libertà di un lontano passato, se non si è in grado di affrontare analoghe dinamiche di una libertà nel presente, del proprio presente. Ma vivere il presente significa porsi in maniera umana e politica di fronte alle sue contraddizioni, cioè smettere di considerare il passato più importante del presente, smettere di leggere soltanto dei libri e cominciare a esaminare anche i bisogni. Non c’è miglior modo di immedesimarsi con le dinamiche del passato che quello di vivere il proprio presente sino in fondo.
Ci si deve quindi porre contro il primato indiscusso della storia scritta, poiché la scrittura, in sé, non è uno strumento adeguato per comprendere le dinamiche della libertà. La libertà può essere compresa solo vivendola e viverla significa affrontare i bisogni e le contraddizioni ch’essi generano. Quanto più si è in grado di dare risposte convincenti ai bisogni del proprio presente, tanto più, indirettamente, si è in grado di capire la storia del passato. C’è un filo invisibile che tiene unite le sensibilità di tutte le generazioni che si sono succedute nella storia.
In tal senso nessuno dovrebbe mai sognarsi di dire che il presente è in grado di leggere il passato più di quanto il passato sia stato in grado di leggere se stesso. Se nel presente l’affronto dei bisogni è inadeguato, quel passato che invece vi sarà riuscito, avrà il diritto di giudicare il presente.
Certo il passato può essere fatto tacere dal presente, ma una coercizione del genere finisce col compromettere il nostro futuro. Non c’è futuro per chi non riconosce il meglio del proprio passato. La storia non è la coda di una stella cometa, in cui la parte più lontana dal centro è quella meno luminosa. La storia è come il nucleo del sole, dove la temperatura è incandescente per tutto il disco.
Ecco perché non ha senso sostenere che non si può capire il presente se non si studia il passato. Il presente ha in sé tutti gli elementi per essere capito. Si può studiare il passato come forma appunto esemplificativa di modalità di affronto delle contraddizioni, ma non si può pretendere di trovare nel passato le risposte ai bisogni del nostro presente, proprio perché i bisogni sono infiniti e infinite le contraddizioni che generano e le possibili soluzioni da trovare.
Le condizioni in cui i bisogni si presentano mutano continuamente. La maggior parte del tempo bisogna spenderla nel cercare di capire le condizioni in cui la libertà può muoversi.
I’m glad you said that..
Thanks,
Molly
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