Il ripristino dell’Educazione civica
Nelle nostre scuole si è tenuta per molto tempo separata la storia dall’educazione civica, finché la Direttiva ministeriale n. 58 ha deciso nel 1996 di spalmare quest’ultima, nelle medie, nell’arco del triennio di storia e parzialmente di geografia, ma soprattutto di delegarla ai progetti educativi di istituto (come p.es. quello alla legalità) o comunque di farla diventare una sorta di “educazione trasversale” a tutte le discipline, al pari di tante altre, che non hanno propri orari, voti e abilitazione e che, pur essendo fatte poco e male, sarebbero forse quelle più utili per i nostri allievi e sicuramente quelle su cui più facilmente si potrebbero testare le competenze.
Le elenca Luciano Corradini nel Documento di sintesi prodotto dal gruppo di lavoro sull’educazione alla cittadinanza istituito con decreto dipartimentale 12.4.2007, n.32: educazione alle relazioni interpersonali, alla socialità e alla convivenza civile; educazione alla cittadinanza (democratica, attiva, responsabile, italiana, europea, mondiale, plurale, a raggio variabile, ecc.) e alla cultura costituzionale, ai diritti umani, alle responsabilità, al volontariato, alla legalità e simili (comprese sottovoci rilevanti come l’educazione stradale); educazione interculturale e alle differenze di genere e alle pari opportunità; educazione alla pace e alla gestione (democratica, non violenta, creativa) dei conflitti e simili; educazione all’ambiente, naturale e culturale, e allo sviluppo (umano, globale, planetario/locale/’glocale’, sostenibile ecc.); educazione ai media e alle nuove tecnologie, e simili; educazione alla salute.
L’educazione civica poteva essere affrontata indipendentemente da un’analisi storica dei problemi, in quanto chiamava in causa questioni giuridiche, sociali, culturali, etiche ecc. E tuttavia la vera efficacia di questo “sapere” stava proprio, quando si trattava di tirare le fila del discorso, nel fare riferimenti precisi alla storia, al fine di comprendere adeguatamente l’origine socioculturale e lo sviluppo dei fenomeni e dei problemi, evitando le astrattezze e le genericità delle analisi non contestualizzate.
Ancora oggi, pur non avendo più un libro di testo specifico, un docente di storia può tranquillamente usare un argomento di educazione civica come occasione motivazionale da cui partire (p.es. il ruolo della famiglia contemporanea), per poi elaborare un percorso sulle diverse tipologie di famiglie lungo i secoli, spiegandone l’evoluzione in rapporto ai processi sociali ed economici.
L’educazione civica non può sopperire all’uso di strumenti legati all’attualità, come p.es. i quotidiani, spesso presenti nelle aule, che coi loro dossier relativi ai grandi temi di attualità, sono in grado di offrire un certo contributo all’affronto di tale “educazione trasversale”. Per l’analisi del presente l’educazione civica può essere anche più importante della storia, la quale, inevitabilmente, si configura come una riflessione sul passato, o comunque su fatti accaduti non di recente, anche quando ci si riferisce all’oggi.
La scuola dovrebbe togliere ai mass-media (tv, radio, quotidiani, web) il privilegio di disporre in maniera esclusiva dell’accesso alla “contemporaneità”, anche perché quando si affronta la contemporaneità senza una base storica (come appunto fanno i media), si cade inevitabilmente nella superficialità delle tesi da sostenere, si finisce nel vicolo cieco delle opinioni fini a se stesse, senza capire la causa remota dei problemi e dei fenomeni.
La ricerca storiografica, in tal senso, ha già parlato di una “nuova alleanza tra storiografia e insegnamento”, nella consapevolezza di un forte legame tra storia contemporanea e formazione dei cittadini. (1)
Didatticamente si può dunque partire in classe da un argomento di educazione civica (o di attualità), per poi arrivare a una precisazione, sufficientemente chiara, dei termini storici entro cui un determinato problema può essere affrontato. La lezione riesce quando i vari punti di vista si confrontano democraticamente, quando emergono opinioni condivise da questo o quel gruppo e soprattutto quando sono i ragazzi stessi che ad un certo punto si mettono a formulare nuove domande.
Se oggi p.es. la famiglia nucleare vive una profonda crisi, si deve comunque sapere ch’essa è uscita dalla famiglia patriarcale e questa è stata distrutta nella transizione dal feudalesimo al capitalismo. Un ritorno alla famiglia patriarcale, in un contesto borghese, non ha senso, tanto più che oggi la famiglia che va imponendosi, per motivi anche di disagio economico, punta spesso sulla convivenza senza figli.
Questo per dire che è stato un errore l’aver abolito il testo di educazione civica. Anzi vien quasi da pensare che nessun’altra disciplina meglio dell’educazione civica (che poi era un’educazione alla legalità e alla democrazia) avrebbe potuto garantire le “situazioni di caso” sulla base delle quali verificare le competenze personalizzate.
In questo momento, come noto, il Ministero della P.I., impressionato dai fenomeni di bullismo dello scorso anno scolastico, ha voluto ripristinare questa disciplina nella scuola media, senza sapere che, pur non facendola in maniera tradizionale, le scuole s’erano attrezzate da tempo a svolgerla in altre forme e modi. L’ha pretesa come materia a sé senza dotare gli studenti dei relativi libri di testo, confidando nella buona volontà dei docenti.
(1) Cfr Convegno internazionale, Storiografia e insegnamento della storia: è possibile una nuova alleanza? (Bologna 2004) e Convegno nazionale di Modena, La storia è di tutti. Nuovi orizzonti e buone pratiche nell’insegnamento della storia (2005)